[POESIA] I sepolcri

Ugo Foscolo

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1.  
    .
    Avatar

    ☭☭☭☭☭☭☭☭☭☭

    Group
    Administrator
    Posts
    98,547
    Location
    Sassuolo (Mo)

    Status
    Offline
    DATA: Primo quarto dell'800

    STILE: classico è possibile?


    TESTO:
    All'ombra de' cipressi e dentro l'urne
    confortate di pianto è forse il sonno
    della morte men duro? Ove piú il Sole
    per me alla terra non fecondi questa
    bella d'erbe famiglia e d'animali,
    e quando vaghe di lusinghe innanzi
    a me non danzeran l'ore future,
    né da te, dolce amico, udrò piú il verso
    e la mesta armonia che lo governa,
    né piú nel cor mi parlerà lo spirto
    delle vergini Muse e dell'amore,
    unico spirto a mia vita raminga,
    qual fia ristoro a' dí perduti un sasso
    che distingua le mie dalle infinite
    ossa che in terra e in mar semina morte?
    Vero è ben, Pindemonte! Anche la Speme,
    ultima Dea, fugge i sepolcri: e involve
    tutte cose l'obblío nella sua notte;
    e una forza operosa le affatica
    di moto in moto; e l'uomo e le sue tombe
    e l'estreme sembianze e le reliquie
    della terra e del ciel traveste il tempo.
    Ma perché pria del tempo a sé il mortale
    invidierà l'illusïon che spento
    pur lo sofferma al limitar di Dite?
    Non vive ei forse anche sotterra, quando
    gli sarà muta l'armonia del giorno,
    se può destarla con soavi cure
    nella mente de' suoi? Celeste è questa
    corrispondenza d'amorosi sensi,
    celeste dote è negli umani; e spesso
    per lei si vive con l'amico estinto
    e l'estinto con noi, se pia la terra
    che lo raccolse infante e lo nutriva,
    nel suo grembo materno ultimo asilo
    porgendo, sacre le reliquie renda
    dall'insultar de' nembi e dal profano
    piede del vulgo, e serbi un sasso il nome,
    e di fiori odorata arbore amica
    le ceneri di molli ombre consoli.
    Sol chi non lascia eredità d'affetti
    poca gioia ha dell'urna; e se pur mira
    dopo l'esequie, errar vede il suo spirto
    fra 'l compianto de' templi acherontei,
    o ricovrarsi sotto le grandi ale
    del perdono d'lddio: ma la sua polve
    lascia alle ortiche di deserta gleba
    ove né donna innamorata preghi,
    né passeggier solingo oda il sospiro
    che dal tumulo a noi manda Natura.
    Pur nuova legge impone oggi i sepolcri
    fuor de' guardi pietosi, e il nome a' morti
    contende. E senza tomba giace il tuo
    sacerdote, o Talia, che a te cantando
    nel suo povero tetto educò un lauro
    con lungo amore, e t'appendea corone;
    e tu gli ornavi del tuo riso i canti
    che il lombardo pungean Sardanapalo,
    cui solo è dolce il muggito de' buoi
    che dagli antri abdüani e dal Ticino
    lo fan d'ozi beato e di vivande.
    O bella Musa, ove sei tu? Non sento
    spirar l'ambrosia, indizio del tuo nume,
    fra queste piante ov'io siedo e sospiro
    il mio tetto materno. E tu venivi
    e sorridevi a lui sotto quel tiglio
    ch'or con dimesse frondi va fremendo
    perché non copre, o Dea, l'urna del vecchio
    cui già di calma era cortese e d'ombre.
    Forse tu fra plebei tumuli guardi
    vagolando, ove dorma il sacro capo
    del tuo Parini? A lui non ombre pose
    tra le sue mura la città, lasciva
    d'evirati cantori allettatrice,
    non pietra, non parola; e forse l'ossa
    col mozzo capo gl'insanguina il ladro
    che lasciò sul patibolo i delitti.
    Senti raspar fra le macerie e i bronchi
    la derelitta cagna ramingando
    su le fosse e famelica ululando;
    e uscir del teschio, ove fuggia la luna,
    l'úpupa, e svolazzar su per le croci
    sparse per la funerëa campagna
    e l'immonda accusar col luttüoso
    singulto i rai di che son pie le stelle
    alle obblïate sepolture. Indarno
    sul tuo poeta, o Dea, preghi rugiade
    dalla squallida notte. Ahi! su gli estinti
    non sorge fiore, ove non sia d'umane
    lodi onorato e d'amoroso pianto.
    Dal dí che nozze e tribunali ed are
    diero alle umane belve esser pietose
    di se stesse e d'altrui, toglieano i vivi
    all'etere maligno ed alle fere
    i miserandi avanzi che Natura
    con veci eterne a sensi altri destina.
    Testimonianza a' fasti eran le tombe,
    ed are a' figli; e uscían quindi i responsi
    de' domestici Lari, e fu temuto
    su la polve degli avi il giuramento:
    religïon che con diversi riti
    le virtú patrie e la pietà congiunta
    tradussero per lungo ordine d'anni.
    Non sempre i sassi sepolcrali a' templi
    fean pavimento; né agl'incensi avvolto
    de' cadaveri il lezzo i supplicanti
    contaminò; né le città fur meste
    d'effigïati scheletri: le madri
    balzan ne' sonni esterrefatte, e tendono
    nude le braccia su l'amato capo
    del lor caro lattante onde nol desti
    il gemer lungo di persona morta
    chiedente la venal prece agli eredi
    dal santuario. Ma cipressi e cedri
    di puri effluvi i zefiri impregnando
    perenne verde protendean su l'urne
    per memoria perenne, e prezïosi
    vasi accogliean le lagrime votive.
    Rapían gli amici una favilla al Sole
    a illuminar la sotterranea notte,
    perché gli occhi dell'uom cercan morendo
    il Sole; e tutti l'ultimo sospiro
    mandano i petti alla fuggente luce.
    Le fontane versando acque lustrali
    amaranti educavano e vïole
    su la funebre zolla; e chi sedea
    a libar latte o a raccontar sue pene
    ai cari estinti, una fragranza intorno
    sentía qual d'aura de' beati Elisi.
    Pietosa insania che fa cari gli orti
    de' suburbani avelli alle britanne
    vergini, dove le conduce amore
    della perduta madre, ove clementi
    pregaro i Geni del ritorno al prode
    cne tronca fe' la trïonfata nave
    del maggior pino, e si scavò la bara.
    Ma ove dorme il furor d'inclite gesta
    e sien ministri al vivere civile
    l'opulenza e il tremore, inutil pompa
    e inaugurate immagini dell'Orco
    sorgon cippi e marmorei monumenti.
    Già il dotto e il ricco ed il patrizio vulgo,
    decoro e mente al bello italo regno,
    nelle adulate reggie ha sepoltura
    già vivo, e i stemmi unica laude. A noi
    morte apparecchi riposato albergo,
    ove una volta la fortuna cessi
    dalle vendette, e l'amistà raccolga
    non di tesori eredità, ma caldi
    sensi e di liberal carme l'esempio.
    A egregie cose il forte animo accendono
    l'urne de' forti, o Pindemonte; e bella
    e santa fanno al peregrin la terra
    che le ricetta. Io quando il monumento
    vidi ove posa il corpo di quel grande
    che temprando lo scettro a' regnatori
    gli allòr ne sfronda, ed alle genti svela
    di che lagrime grondi e di che sangue;
    e l'arca di colui che nuovo Olimpo
    alzò in Roma a' Celesti; e di chi vide
    sotto l'etereo padiglion rotarsi
    piú mondi, e il Sole irradïarli immoto,
    onde all'Anglo che tanta ala vi stese
    sgombrò primo le vie del firmamento:
    - Te beata, gridai, per le felici
    aure pregne di vita, e pe' lavacri
    che da' suoi gioghi a te versa Apennino!
    Lieta dell'aer tuo veste la Luna
    di luce limpidissima i tuoi colli
    per vendemmia festanti, e le convalli
    popolate di case e d'oliveti
    mille di fiori al ciel mandano incensi:
    e tu prima, Firenze, udivi il carme
    che allegrò l'ira al Ghibellin fuggiasco,
    e tu i cari parenti e l'idïoma
    désti a quel dolce di Calliope labbro
    che Amore in Grecia nudo e nudo in Roma
    d'un velo candidissimo adornando,
    rendea nel grembo a Venere Celeste;
    ma piú beata che in un tempio accolte
    serbi l'itale glorie, uniche forse
    da che le mal vietate Alpi e l'alterna
    onnipotenza delle umane sorti
    armi e sostanze t' invadeano ed are
    e patria e, tranne la memoria, tutto.
    Che ove speme di gloria agli animosi
    intelletti rifulga ed all'Italia,
    quindi trarrem gli auspici. E a questi marmi
    venne spesso Vittorio ad ispirarsi.
    Irato a' patrii Numi, errava muto
    ove Arno è piú deserto, i campi e il cielo
    desïoso mirando; e poi che nullo
    vivente aspetto gli molcea la cura,
    qui posava l'austero; e avea sul volto
    il pallor della morte e la speranza.
    Con questi grandi abita eterno: e l'ossa
    fremono amor di patria. Ah sí! da quella
    religïosa pace un Nume parla:
    e nutria contro a' Persi in Maratona
    ove Atene sacrò tombe a' suoi prodi,
    la virtú greca e l'ira. Il navigante
    che veleggiò quel mar sotto l'Eubea,
    vedea per l'ampia oscurità scintille
    balenar d'elmi e di cozzanti brandi,
    fumar le pire igneo vapor, corrusche
    d'armi ferree vedea larve guerriere
    cercar la pugna; e all'orror de' notturni
    silenzi si spandea lungo ne' campi
    di falangi un tumulto e un suon di tube
    e un incalzar di cavalli accorrenti
    scalpitanti su gli elmi a' moribondi,
    e pianto, ed inni, e delle Parche il canto.
    Felice te che il regno ampio de' venti,
    Ippolito, a' tuoi verdi anni correvi!
    E se il piloto ti drizzò l'antenna
    oltre l'isole egèe, d'antichi fatti
    certo udisti suonar dell'Ellesponto
    i liti, e la marea mugghiar portando
    alle prode retèe l'armi d'Achille
    sovra l'ossa d'Ajace: a' generosi
    giusta di glorie dispensiera è morte;
    né senno astuto né favor di regi
    all'Itaco le spoglie ardue serbava,
    ché alla poppa raminga le ritolse
    l'onda incitata dagl'inferni Dei.
    E me che i tempi ed il desio d'onore
    fan per diversa gente ir fuggitivo,
    me ad evocar gli eroi chiamin le Muse
    del mortale pensiero animatrici.
    Siedon custodi de' sepolcri, e quando
    il tempo con sue fredde ale vi spazza
    fin le rovine, le Pimplèe fan lieti
    di lor canto i deserti, e l'armonia
    vince di mille secoli il silenzio.
    Ed oggi nella Troade inseminata
    eterno splende a' peregrini un loco,
    eterno per la Ninfa a cui fu sposo
    Giove, ed a Giove diè Dàrdano figlio,
    onde fur Troia e Assàraco e i cinquanta
    talami e il regno della giulia gente.
    Però che quando Elettra udí la Parca
    che lei dalle vitali aure del giorno
    chiamava a' cori dell'Eliso, a Giove
    mandò il voto supremo: - E se, diceva,
    a te fur care le mie chiome e il viso
    e le dolci vigilie, e non mi assente
    premio miglior la volontà de' fati,
    la morta amica almen guarda dal cielo
    onde d'Elettra tua resti la fama. -
    Cosí orando moriva. E ne gemea
    l'Olimpio: e l'immortal capo accennando
    piovea dai crini ambrosia su la Ninfa,
    e fe' sacro quel corpo e la sua tomba.
    Ivi posò Erittonio, e dorme il giusto
    cenere d'Ilo; ivi l'iliache donne
    sciogliean le chiome, indarno ahi! deprecando
    da' lor mariti l'imminente fato;
    ivi Cassandra, allor che il Nume in petto
    le fea parlar di Troia il dí mortale,
    venne; e all'ombre cantò carme amoroso,
    e guidava i nepoti, e l'amoroso
    apprendeva lamento a' giovinetti.
    E dicea sospirando: - Oh se mai d'Argo,
    ove al Tidíde e di Läerte al figlio
    pascerete i cavalli, a voi permetta
    ritorno il cielo, invan la patria vostra
    cercherete! Le mura, opra di Febo,
    sotto le lor reliquie fumeranno.
    Ma i Penati di Troia avranno stanza
    in queste tombe; ché de' Numi è dono
    servar nelle miserie altero nome.
    E voi, palme e cipressi che le nuore
    piantan di Priamo, e crescerete ahi presto
    di vedovili lagrime innaffiati,
    proteggete i miei padri: e chi la scure
    asterrà pio dalle devote frondi
    men si dorrà di consanguinei lutti,
    e santamente toccherà l'altare.
    Proteggete i miei padri. Un dí vedrete
    mendico un cieco errar sotto le vostre
    antichissime ombre, e brancolando
    penetrar negli avelli, e abbracciar l'urne,
    e interrogarle. Gemeranno gli antri
    secreti, e tutta narrerà la tomba
    Ilio raso due volte e due risorto
    splendidamente su le mute vie
    per far piú bello l'ultimo trofeo
    ai fatati Pelídi. Il sacro vate,
    placando quelle afflitte alme col canto,
    i prenci argivi eternerà per quante
    abbraccia terre il gran padre Oceàno.
    E tu onore di pianti, Ettore, avrai,
    ove fia santo e lagrimato il sangue
    per la patria versato, e finché il Sole
    risplenderà su le sciagure umane

    PROSA: cercherò di fare un qualcosa di stretto,perchè ci sarebbe da fare un tema (che tra l'altro feci in quinta superiore).La prima parte inizia con una domanda retorica negativa (Puo' forse una tomba riportare in vita una persona?Puo forse l'amor verso un sepolcro restituirci il defunto?).I primi 24 versi sono di stampo pessimista in cui regna lo sconforto che Foscolo ha verso la funzione del sepolcro.Ma dal sonetto numero 24 al numero 51 c'è una visuale piu ottimistica del sepolcro.Foscolo si chiede : "ma una persona non sarà sempre viva fin quando lo sarà nel ricordo delle persone?Il sepolcro non ha questa funzione?".
    Dal verso 51 al verso 91 il poeta muove una critica nei confronti della nuova legge (l'editto di Saint-Cloud).Secondo tale editto,i cimiteri dovevano essere decentrati rispetto alle città e le lapidi dovevano essere tutte uguali.A Foscolo non va giu che un poeta come Parini (per il quale provava una forte stima) dovesse essere seppellito magari vicino a qualche assassino nel cimitero di Milano.
    Dal verso 92 al verso 197 possiamo leggere la parte centrale e piu lunga dei sepolcri,la parte in cui Foscolo chiarisce la funzione storica del sepolcro (riparare il cadavere dalle bestie,ma soprattutto ricordare le grandi gesta delle persone del passato).
    Poi entra nel caso specifico italiano dove è sfiduciato dall'importanza e dal ruolo che vengono dati al sepolcro e si augura che il suo scritto possa servire a qualcosa.
    Subito dopo fa un riferimento alla chiesa di Santa Croce di Firenze,dove tante persone che hanno onorato la patria e hanno fatto un gran bene all'arte riposano.Lui stesso si augura di poter riposare accanto a loro (Alfieri in particolare) quando passerà a vita migliore.
    Tutta la parte finale ha funzione ispiratrice e epico-narrativa.Qui vengono raccontate le grandi gesta degli eroei greci,vengono esaltate le prodezze di Achille e le battaglie oltre l'Egeo (dove Foscolo accenna ad una punta di invidia verso Pindemonte,che precedentemente andò in Grecia).E soltanto grazie ai sepolcri questi eroi potranno essere ricordati in eterno (ma sinceramente se qualcuno mi estendesse un po' quest'ultima parte non mi dispiacerebbe...visto che ho delle lacune)

    CURIOSITA': Questo carme (è un altro modo di dire poesia,scritto) fu iniziato nel 1804 (prima dell'editto di Saint Cloud)e a dire il vero era una risposta che il Foscolo volle dare ad uno scritto di Pindemonte (che se non sbaglio si chiamava Cimiteri).Altra curiosità: alla morte Foscolo fu seppellito a Santa Croce di Firenze,dove tanto desiderava.

    PARERE PERSONALE: Forse la poesia che ho seguito piu di tutte.C'è differenza tra seguire San Martino del Carso che sono 10 righe e i sepolcri,che sono una mattonata pazzesca.Però non so,ricordo che in quinta superiore non riuscivo a non ascoltarla sempre.Una poesia bella,vera,che da tanto da pensare.Che fa quasi sorridere nel vedere come Foscolo inizia con quell'interro-negativa retorica (delle poche poesie che conosco è l'inizio che mi piace di piu) e come poi dopo pochi versi cambia subito idea.Critiche ben mosse,ottima scrittura....per quel che ne posso sapere una poesia da 9.
     
    .
  2.  
    .
    Avatar


    Group
    Member
    Posts
    60,492
    Location
    Quick Stop

    Status
    Anonymous

    la odiavo a scuola perchè era troppo lunga e ci eravamo soffermati ore ed ore

    rileggendola ora ha un qualcosa in più, calcolando che Foscolo per me è un piccolo genio (come molti di quell'epoca)

     
    .
  3.  
    .
    Avatar

    ☭☭☭☭☭☭☭☭☭☭

    Group
    Administrator
    Posts
    98,547
    Location
    Sassuolo (Mo)

    Status
    Offline
    ma sai cos'è...io sono dell'idea che cose del genere,molto dipende anche da chi te le spiega.Non si puo negare che i sepolcri siano un bel mattone,però a me sembrano interessantissime tutte le 295 righe.
    E' un po' come il film impegnato...dipende da con che predisposizione lo vedi...e a scuola se il prof non sa coinvolgerti la poesia difficilmente ti interessa.
     
    .
  4.  
    .
    Avatar


    Group
    Member
    Posts
    60,492
    Location
    Quick Stop

    Status
    Anonymous

    no ero proprio io che non la sopportavo a prescindere, nonostante riconoscessi (e tuttora riconosco) che è veramente una bella poesia (e ripeto, foscolo mi piace)

    il professore di letteratura che avevamo era l'unico a cui piaceva il suo lavoro, il migliore che ho avuto, ti sapeva coinvolgere durante le sue spiegazioni.

     
    .
  5. marcodona
     
    .

    User deleted


    adoro I Sepolcri è veramente un capolavoro della letteratura italiana

    stile più che classico direi neoclassico, anche se ci sono ammiccamenti al gotico (nella parte dell'upupa, la più "modaiola" se vogliamo) e Foscolo è uno che non segue i binari

    basta vedere quante volte si sposta (geograficamente e per le tematiche) all'interno di questi versi

    e sono tanti oggi, ma allora era una misura normalissima (siamo noi ad essere abituati alla poesia come componimento breve)

    tra i miei versi preferiti cito

    CITAZIONE

                         Ma cipressi e cedri
    di puri effluvi i zefiri impregnando
    perenne verde protendean su l'urne
    per memoria perenne, e prezïosi
    vasi accogliean le lagrime votive.
    Rapían gli amici una favilla al Sole
    a illuminar la sotterranea notte,
    perché gli occhi dell'uom cercan morendo
    il Sole; e tutti l'ultimo sospiro
    mandano i petti alla fuggente luce.


    e poi tutta la parte da "A grandi cose".... e anche la fine... vabeh mi sa che se cito la riscrivo tutta
     
    .
  6. Azygos
     
    .

    User deleted


    è una poesia solo nella forma, penso volesse essere più che altro un modo per denunciare il problema dei "sepolcri", per l'appunto
     
    .
  7. marcodona
     
    .

    User deleted


    naaaaaa azy mi dispiace ma non te la passo

    l'occasione fu quella, ma se leggi spesso parla di tutt'altro
     
    .
  8. Azygos
     
    .

    User deleted


    mah, sempre lì finisce, però
     
    .
7 replies since 17/9/2005, 11:27   5451 views
  Share  
.