[Scheda+Testi] Archiloco di Paro

VII sec. a.C.

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  1. Lord Corkscrew
     
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    Archiloco di Paro

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    Dati biografici:
    *
    Poche sono le notizie che abbiamo dall'antichità sulla vita di Archiloco, convenzionalmente considerato il più antico giambografo della lirica greca (e. in contesa con Callino e Tirteo, spesso è citato anche come il più antico poeta "lirico"). Nativo di Paro, isola egea dell'arcipelago delle Cicladi, Archiloco visse nel VII sec. a.C., sempre che si possa identificare con l'eclisse solare del 648 a.C. il fenomeno celeste cui egli allude in un componimento (fr. 122 West2); ma è stato anche ipotizzato che si potesse trattare di una precedente eclissi, datata all'anno 711, e che dunque la cronologia del poeta si estenda fra VIII e VII secolo. La maggior parte delle notizie che noi possiamo ricostruire sono tratte dal contenuto "autobiografico" dei frammenti stessi a noi pervenuti: bisogna usare prudenza, però, e ricordare che l' "io" lirico - cioè la prima persona che caratterizza spesso il fraseggio delle composizioni liriche destinate al simposio - è anzitutto il frutto di una convenzione letteraria legata al genere di riferimento dell'autore (in caso di Archiloco la poesia giambo-trocaica e l'elegia). Pare ad ogni modo innegabile che Archiloco esercitasse la professione militare almeno da quando, stabilitosi col padre e con un gruppo di coloni nell'isola di Taso, nell'Egeo nordorientale, si rese necessario difendere il nuovo insediamento dall'ostilità delle bellicose popolazioni della vicina Tracia. Altro episodio tramandatoci dall'antichità sulla sua vita (e probabilmente tratto dai suoi componimenti) è la travagliata storia d'amore con Neobule, promessa sposa dal padre Licambe, che pare aver cambiato idea all'ultimo momento: Archiloco, per vendicarsi del rifiuto, scrisse, secondo la leggenda, giambi talmente feroci e acuti da spingere l'intera famiglia di Licambe al suicidio. Ma le rudezze militari e l'invettiva non rappresentano le uniche corde dell'arte di Archiloco: soprattutto nei componimenti elegiaci (fr. 13 West2) il poeta mostra un'acuta sensibilità e una vena "malinconica" che esula dal ritratto che le fonti e la selezione antiche ci hanno conservato.
    SPOILER (click to view)
    Nota generale: di questi poeti lirici arcaici la tradizione raramente ci conserva componimenti interi. La maggior parte delle attestazioni sono frammentarie, magari risultato di citazioni (tradizione indiretta) fatte da altri autori, oppure di ritrovamenti papiracei (tradizione diretta) spesso mutili ed evidentemente lacunosi. Si invita a tenere conto di questo nostro limite nella contestualizzazione e nella critica ai brani proposti.

    SPOILER (click to view)
    Nota alla Numerazione: i frammenti sono esposti numerati secondo l'edizione critica che ne fece il filologo Martin West nel 1971/1972. Questo per chiarire il significato della sigla

    *La biografia è in parte adattata dal volume Lirici Greci, a cura di G. Bottonelli, L. Ferroni, L. Galasso, F. Montana. La Nuova Italia, Firenze 2005.


    Fr. 1 West2
    [Fonti: Ateneo, Deipnosofisti XIV 627c; Plutarco, Vita di Focione 7, 6; Temistio, Orazioni 15, 185a]

    εἰμὶ δ΄ ἐγὼ θεράπων μὲν Ἐνυαλίοιο ἄνακτος
    καὶ Μουσέων ἐρατὸν δῶρον ἐπιστάμενος.

    Servo io sono del signore Enialio
    e conosco l'amabile dono delle Muse.


    La critica è orientata a considerare il frammento come parte integrante di un componimento più ampio, di cui non si può decidere se il distico rappresenti l'esordio. Sebbene non sappiamo se sia l'autore a parlare in prima persona, questa è l'interpretazione più verosimile (e immediata): questo frammento fu uno dei motivi per cui gli antichi si riferirono spesso ad Archiloco come "poeta-soldato".

    Fr. 2 West2
    [Fonti: Ateneo, Epitome 30f; Sinesio, Epistole 130 Garzya]

    ἐν δορὶ μέν μοι μᾶζα μεμαγμένη, ἐν δορὶ δ᾽ οἶνος
    Ἰσμαρικός, πίνω δ᾽ ἐν δορὶ κεκλιμένος.

    Nella lancia ho il pane impastato,
    nella lancia il vino di Ismaro,
    e bevo appoggiato alla lancia.


    L'interpretazione di questo frammento presenta spinosi problemi soprattutto per la presenza del vocabolo dory, che in greco significa "lancia", ma che alcuni hanno inteso come metonimia per il legno della nave (a causa principalmente della scomodità della posizione del poeta keklimenos, letteralmente "sdraiato", nei confronti dell'arma). Altri hanno interpretato questo termine come sinonimo di "guerra" e tradotto di conseguenza: io ritengo che non vi sia alcun bisogno di complicare un testo così limpido ed efficace e ho la presunzione di credere che l'interpretazione da me appoggiata (sebbene non abbia avuto molta fortuna, soprattutto in tempi recenti) sia anche la più valida dal punto di vista espressivo.

    Fr. 5 West2
    [Fonti: Pseudo-Plutarco, Detti dei Lacedemoni 239b; Sesto Empirico, Schizzi Pirroniani III, 216; Aristofane, Pace 1298-1299, 1301 + scolii; Strabone, Geografia X 2, 17; et cetera...]

    ἀσπίδι μὲν Σαΐων τις ἀγάλλεται͵ ἣν παρὰ θάμνωι͵
    ἔντος ἀμώμητον͵ κάλλιπον οὐκ ἐθέλων·
    αὐτὸν δ΄ ἐξεσάωσα. τί μοι μέλει ἀσπὶς ἐκείνη;
    ἐρρέτω· ἐξαῦτις κτήσομαι οὐ κακίω.

    Qualcuno dei Sai si fa bello
    dello scudo che, arma irreprensibile,
    presso un cespuglio abbandonai, contro il mio volere.
    Ma salvai me stesso: che m'importa di quello scudo?
    Vada alla malora! Me ne procurerò uno non peggiore


    Si tratta di uno dei frammenti più celebri di Archiloco, considerato dagli antichi (e anche da alcuni studiosi moderni, a dire il vero) un biasimevole attacco contro il modello omerico dell'eroismo guerriero. In realtà la posizione di Archiloco è diversa e, in primo luogo, filtrata da un topos letterario (lo scudo abbandonato) che verrà ripreso da diversi autori (tra cui Anacreonte e Alceo e, in ambito latino, Orazio) e non possiamo stabilire aprioristicamente sia nato in questo componimento. Anche qui non possiamo sapere se si tratti di un carme in sé compiuto, anche se quest'ipotesi risulta particolarmente suggestiva.

    Fr. 13 West2

    [Fonte: Giovanni Lo Stobeo, Florilegio IV 56, 30]

    κήδεα μὲν στονόεντα Περίκλεες οὔτέ τις ἀστῶν
    μεμφόμενος θαλίηις τέρψεται οὐδὲ πόλις·
    τοίους γὰρ κατὰ κῦμα πολυφλοίσβοιο θαλάσσης
    ἔκλυσεν͵ οἰδαλέους δ΄ ἀμφ΄ ὀδύνηις ἔχομεν
    πνεύμονας. ἀλλὰ θεοὶ γὰρ ἀνηκέστοισι κακοῖσιν
    ὦ φίλ΄ ἐπὶ κρατερὴν τλημοσύνην ἔθεσαν
    φάρμακον. ἄλλοτε ἄλλος ἔχει τόδε· νῦν μὲν ἐς ἡμέας
    ἐτράπεθ΄͵ αἱματόεν δ΄ ἕλκος ἀναστένομεν͵
    ἐξαῦτις δ΄ ἑτέρους ἐπαμείψεται. ἀλλὰ τάχιστα
    τλῆτε͵ γυναικεῖον πένθος ἀπωσάμενοι.

    Lamentando dolorosi lutti, o Pericle, nessuno
    dei cittadini e neppure l'intera città gioirà di feste e banchetti.
    Tali uomini l'onda del risonante mare sommerse,
    e noi abbiamo i polmoni gonfi per la sofferenza, ma, o amico,
    a mali irreparabili gli dei posero come rimedio una virile sopportazione.
    Ora uno, ora un altro incorre in questa sventura;
    adesso si è volta contro di noi e noi lamentiamo una sanguinosa ferita,
    un'altra volta toccherà ad altri. Su, dunque, sopportate,
    bandendo femminee manifestazioni di lutto.


    Comunemente citato con il titolo fittizio di Elegia di Pericle, questo frammento di cinque distici (un distico è la struttura-base del metro elegiaco, costituito di due versi a base dattilica: un esametro intero e un esametro dicatalettico, o pentametro) è il più ampio brano di poesia archilochea giuntoci attraverso la tradizione indiretta. La consolazione, in occasione di un disastro marittimo che ha coinvolto illustri concittadini, è indirizzata ad un tale Pericle, persona cui Archiloco anche altrove si rivolge (fr. 16 West2: O Pericle, all'uomo tutto giunge dalla sorte e dal fato), ma del quale nulla sappiamo.

    Fr. 19 West2
    [Fonti: Plutarco, La Tranquillità dell'Animo 19, 470bc; Aristotele, Retorica III 17, 1418b 23ss.; et cetera...]

    Οὔ μοι τὰ Γύγεω τοῦ πολυχρύσου μέλει
    οὐδ᾽ εἶλέ πώ με ζῆλος οὐδ᾽ ἀγαίομαι
    θεῶν ἔργα, μεγάλης δ᾽ οὐκ ἐρέω τυραννίδος·
    ἀπόπροθεν γάρ ἐστιν ὀφθαλμῶν ἐμῶν.

    Non mi interessano le ricchezze di Gige,
    del molto oro mai mi prese invidia, né ambisco a imprese divine
    e non bramo un grande potere assoluto:
    queste cose infatti sono lontane dai miei occhi.


    Il componimento cui questo frammento apparteneva era assai noto nell'antichità: Aristotele ci fornisce preziose informazioni sull'interpretazione del passo. Egli ci riferisce, infatti, che questo brano era parte di un discorso diretto, quindi probabilmente riferito ad un personaggio e non all'autore in prima persona. Tuttavia, non è difficile riconoscere il disincantato distacco (quasi proverbiale) di Archiloco nella caratterizzazione di questo brevissimo spezzone di dialogo.

    Fr. 114 West2
    [Fonti: Dione Crisostomo 33, 17; Galeno, Commento al Libro di Ippocrate sulle Articolazioni III, XVIII.1, p.605 Kühn; et cetera...]

    Οὐ φιλέω μέγαν στρατηγὸν οὐδὲ διαπεπλιγμένον
    οὐδὲ βοστρύχοισι γαῦρον οὐδ᾽ ὑπεξυρημένον·
    ἀλλά μοι σμικρός τις εἴη καὶ περὶ κνήμας ἰδεῖν
    ῥοικός, ἀσφαλεώς βεβηκὼς ποσσί, καρδίης πλέως.

    Non mi piace un comandante di alta statura,
    né che proceda a larghi passi, né che sia fiero
    dei suoi riccioli, né con la barba accuratamente rasata.
    Ma per me ve ne sia uno piccolo e con le gambe
    visibilmente storte, ma ben saldo sui piedi,
    e pieno nel cuore di ardimento.


    Ancora un frammento che espone i valori dell'eroe omerico allo sguardo dissacrante e acuto di Archiloco: la kalokagathia, concetto di origine antica che vede una corrispondenza stretta fra le virtù dell'animo e la bellezza del corpo, è particolarmente criticata dal poeta di Paro in questi roboanti tetrametri trocaici (catalettici della sillaba ancipite).

    Fr. 120 West2
    [Fonte: Filocoro, 328 F 17S Jacoby (presso Ateneo, Deipnosofisti XIV 628a)]

    ὡς Διωνύσοι᾽ ἄνακτος καλὸν ἐξάρξαι μέλος
    οἶδα διθύραμβον οἴνωι συγκεραυνωθεὶς φρένας.

    So intonare il bel canto di Dioniso signore, il ditirambo
    quando sono folgorato nell'anima dal vino.


    Questo frammento, pur nella sua brevità, ci fornisce preziose informazioni sulla concezione della composizione poetica negli autori arcaici: ha ancora grande rilevanza l'elemento divino, ma qui non si tratta più delle Muse, ma di Dioniso, dio dell'ebbrezza connessa al vino. Inoltre nuovo spazio trova l'individualità del poeta e la sua professionalità, che va lentamente delineandosi (questo aspetto raggiungerà i suoi massimi sviluppi nell'ultima grande stagione della lirica arcaica, in particolare con Simonide).

    Fr. 122 West2
    [Fonti: Stobeo, Florilegio IV 46, 10; Aristotele, Retorica III 17, 1418b 28; Papiro di Ossirinco 2313 fr.1a]

    Χρημάτων ἄελπτον οὐδέν ἐστιν οὐδ᾽ ἀπώμοτον
    οὐδὲ θαυμάσιον, ἐπειδὴ Ζεὺς πατὴρ Ὀλυμπίων
    ἐκ μεσημβρίης ἔθηκε νύκτ᾽, ἀποκρύψας φάος
    ἡλίου λάμποντος. ὑγρὸν δ᾽ ἦλθ᾽ ἐπ᾽ ἀνθρώπους δέος.
    ἐκ δὲ τοῦ καὶ πιστὰ πάντα κἀπίελπτα γίνεται
    ἀνδράσιν. μηδεὶς ἔθ᾽ ὑμέων εἰσορέων θαυμαζέτω,
    μηδ᾽ ἐὰν δελφῖσι θῆρες ἀνταμείψωνται νομόν
    ἐνάλιον καί σφιν θαλάσσης ἠχέεντα κύματα
    φίλτερ᾽ ἠπείρου γένηται, τοῖσι δ᾽ ἦι δύνειν ὄρος.

    Di cose non ve n'è alcuna che non ci si possa attendere,
    né che si possa escludere con giuramento,
    né che susciti meraviglia, da quando Zeus, padre degli Olimpi,
    di mezzogiorno fece notte, avendo nascosto la luce del sole che splendeva,
    ed un agghiacciante terrore invase gli uomini. Da allora
    tutte le cose diventano credibili e attendibili per gli uomini.
    Nessuno di voi più si stupisca a tal vista, neppure
    qualora le fiere ricevano in cambio dai delfini il pascolo marino
    e ad esse le risonanti onde del mare diventino più gradite
    della terraferma, e per quelli invece sia più gradito immergersi
    tra gli anfratti del monte.


    E' questo il famoso componimento (in tetrametri) da cui deriva la nostra malferma datazione biografica del poeta: la tecnica è quella dell'adynaton, che accosta fra loro un crescendo di immagini impossibili per sorprendere il pubblico e dare particolare rilievo alla sentenza o all'insegnamento trasmesso. Certe affermazioni non sono comunque da prendere alla lettera (per parlare schietti: non immaginiamoci che Archiloco si sia cagato nel pannolone quando ha visto buio a mezzogiorno), perché filtrate dall'onnipresente convenzione letteraria e adornate per ottenere la massima efficacia espressiva.

    Fr. 128 West2
    [Fonti: Stobeo, Florilegio III 20, 28; Dionigi di Alicarnasso, Sulla Composizione delle Parole 17, 5; et cetera...]

    θυμέ, θύμ᾽ ἀμηχάνοισι κήδεσιν κυκώμενε,
    ἄνα δέ, δυσμενέων δ᾽ ἀλέξευ προσβαλὼν ἐναντίον
    στέρνον, ἐν δοκοῖσιν ἐχθρῶν πλησίον κατασταθείς
    ἀσφαλέως· καὶ μήτε νικῶν ἀμφαδὴν ἀγάλλεο
    μηδὲ νικηθεὶς ἐν οἴκωι καταπεσὼν ὀδύρεο.
    ἀλλὰ χαρτοῖσίν τε χαῖρε καὶ κακοῖσιν ἀσχάλα
    μὴ λίην· γίνωσκε δ᾽ οἷος ῥυσμὸς ἀνθρώπους ἔχει.

    Cuore, cuore agitato da affanni irrimediabili,
    sorgi e difenditi dai nemici, opponendo loro il petto,
    negli scontri con gli avversari piantandoti saldo
    vicino ad essi. E se vinci non farne un vanto apertamente,
    e se sei vinto non piangere gettandoti per terra in casa,
    ma delle gioie gioisci e dei mali soffri senza eccesso:
    apprendi quale alterna vicenda governi l'uomo.


    Altro celeberrimo componimento, è significativo per la presenza del monologo interiore, nel quale il poeta si rivolge al suo stesso cuore per esortarlo a non eccedere nella gioia come nel dolore: il concetto del medén agan ("nulla di troppo") è una delle eredità più costanti e pressanti (di una ripetitività quasi fastidiosa) del pensiero filosofico arcaico sulla letteratura classica e tardo-antica.

    ora perdonatemi ma ho un sonno pazzesco: se domani ho tempo/voglia ne posto ancora una manciata (magari anche quell'Epodo di Colonia di recente ritrovamento che sono sicuro vi divertirebbe)

    Edited by Lord Corkscrew - 22/12/2006, 18:05
     
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  2. Dude
     
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    tendenzialmente mi piace e più rileggo il frammento dello scudo, più mi convinco che il mio prof di filo dell'anno scorso ce ne aveva parlato per una lezione o due.
    ti confesso che non ho capito il frammento della lancia, mentre non mi piace l'ultimo che hai postato.
     
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  3. Miche II
     
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    Si vede che ha fatto il classico?
     
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  4. Marçelo
     
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    Ho sostenuto proprio l'anno scorso un'interrogazione su Archiloco :sisi:

    Riguardo il carme dello scudo,non capisco esattamente quello che è il commento.Archiloco è in piena contrapposizione con Omero,e lo dimostra appunto l'abbandono dello scudo in battaglia,che all'epoca significava "tradimento della patria" ed era ovviamente simbolo di vigliaccheria.

    CITAZIONE
    un biasimevole attacco contro il modello omerico dell'eroismo guerriero. In realtà la posizione di Archiloco è diversa

    Diversa come ? In che senso ? Non esplica la diversità di pensiero di Archiloco,che quasi sia dovrebbe essere stata fraintesa.
     
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  5. Lord Corkscrew
     
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    Archiloco non si rallegra di aver abbandonato lo scudo: ne è dispiaciuto, però soppesa la situazione e si giustifica con un argomento che anche per gli antichi doveva sembrare (pur istintivamente) di una logica stringente - lo scudo si ricompra, la vita è salva

    e poi non possiamo pensare che il topos dell'abbandono dello scudo sia proprio di Archiloco. Nulla ci autorizza a escludere che sia una ripresa da un bagaglio di situazioni consolidate nella letteratura antecedente (e, chissà, magari proprio in quella epica!)

    si fanno troppi collegamenti quando si studiano gli autori antichi e non si considera il fatto che ci mancano molti, troppi pezzi del puzzle
     
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  6. Marçelo
     
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    Beh è chiaro che avendo così poche e scarse informazioni non possiamo dare nulla per scontato,così come non possiamo dire che sia proprio di Archiloco come hai detto tu il tema dell'abbandono dello scudo,tuttavia i collegamenti è bene comunque cercare di farli,anche perchè da Esiodo in poi è lampante un radicale cambiamento nella letteratura greca,epica e non solo (tant'è che Esiodo di epica manco si occupa,lo tiro in ballo giusto per comodità :hihi:)

    CITAZIONE
    Archiloco non si rallegra di aver abbandonato lo scudo: ne è dispiaciuto, però soppesa la situazione e si giustifica con un argomento che anche per gli antichi doveva sembrare (pur istintivamente) di una logica stringente - lo scudo si ricompra, la vita è salva

    Grazie per la delucidazione sulle intenzioni di Archiloco :hihi: nel commento non erano espresse palesemente.
     
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  7. Thais
     
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    inserisco nell'indice dei poeti? :attorno:
     
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  8. Lord Corkscrew
     
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    sì dai in fondo poeta è! però se vuoi scriverci che ci sono pure i testi fai pure :sisi2:
     
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  9. Lord Corkscrew
     
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    stavo facendo una ricerca per il testo di un frammento e qual è stato il primo risultato??? questo!!! :ride3:

    non ricordavo neppure più di aver fatto questa scheda :eek: chissà quante boiate ci ho scritto :sbonk:

    comunque grande Archiloco! :sisi: scusate l'up indiscreto ma mi ha fatto piegare sta cosa
     
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  10.  
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    Dio li fa, Chuck Norris li distrugge, Mc Gaiver li aggiusta

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