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(un altro gioco musicale)

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  1. Gherguzzone
     
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    CITAZIONE (Èttore @ 22/3/2014, 20:44) 
    Dopo aver ottenuto da Marco l'autorizzazione a buttarmi sulla classica, ne esco con due alternative, molto distanti come periodo, genere e stile. Al suo gusto la scelta. Nessuna delle due opzioni è impegnativa come durata, e nessuna delle due è una scelta particolarmente ricercata, anzi. Sono due pezzi ricchissimi di letteratura. E che io amo moltissimo, anche se la mia competenza è ancora piuttosto ridotta.

    Beethoven - Sonata per pianoforte no. 32 op. 111
    Stravinsky - Sacre du Printemps

    Il primo è semplicemente musica pianistica, l'ultima sonata di Beethoven, e la più audace, con solo due movimenti.
    Il secondo è il balletto famosissimo tra il popolo come sottofondo della scena dei dinosauri in Fantasia. Probabilmente il lavoro più importante della musica colta del 900.

    Cheers,
    Ettore

    bueno! scelgo Stravinsky! :sisi: però lo recensirò utilizzando soltanto parole del lessico culinario, al massimo qualcosa dall'edilizia :elio:
     
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    a breve arriverà anche la mia di rece
     
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    Dakota - Runaway

    Dakota_Runaway

    Seconda fatica del gruppo americano dei Dakota, uscì nel 1984 in seguito ad un eccellente esordio intitolato, con molta fantasia, "Dakota".
    Doveva essere il disco della consacrazione, invece fu un fiasco clamoroso, tanto che il terzo disco uscì solo nel 1996.
    Il gruppo, in origine un duo formato da Jerry G. Hludzik e Bill Kelly, per questo disco mise assieme un bel po' di musicisti ospiti del calibro di Steve Porcaro, Bill Champlin, Richie Zito e tanti altri. Questi ospiti diedero indubbiamente un ulteriore tocco di magia ad un disco già di per se semplicemente leggendario. L'album è, infatti, un disco manifesto dello stile dei Dakota; puro AOR solare e arioso. La copertina, semplice e malinconica, è una introduzione esemplare alla musica che i Dakota propongono.
    Infatti, nonostante strizzi parecchio l'occhio al genere commerciale, Runaway è formato da 9 gemme che ti trascinano in un mondo sognante e mai banale.
    Brani che spaziano dalla ballatona ai brani più movimentati. L'unica pecca, che credo ne abbia causato il disastro commerciale, fu l'assenza del singolone capace di trainare le vendite. Runaway resta un disco da ascoltare nella sua interezza, magari sognando di attraversare le grandi praterie americane, vedendo sullo sfondo le Montagne Rocciose.
    Disco bello, da riscoprire

    VOTO: 8
     
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    Madre, donna, lesbica. What else?

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    Bene. È un disco che a me è sempre piaciuto. Non ho mai capito perché non abbia avuto successo. Forse hai ragione, manca il singolone spaccaclassifica :sisi:
     
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    Brava Giovanna... brava.

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    Justice - Cross

    Eccoci! Ultimamente ho pochissimo tempo per collegarmi, ma più che altro sono stato svariati giorni lontano dal pc.
    Dopo secoli, arriva la recensione dei Justice! Parliamo di un duo francese che suona musica elettronica, quindi il riferimento immediato (e probabilmente obbligato) riguarda i Daft Punk. Devo riconoscere che pur avendo ascoltato qualcosa dei robot/human, non li conosco così bene da lanciarmi in comparazioni azzardate; posso però dire che “One minute to mindnight” ricorda moltissimo “Da funk”, contenuta in “Homework”, unico album che ho ascoltato per intero.
    Spulciando su wikipedia, ho visto che l’etichetta che ha prodotto il disco in questione è la “Ed Banger Records”, famosa per aver prodotto altri bulli francesi tipo Mr Oizo (vi ricordate Flat Eric che sponsorizzava i Levi’s?) e Breakbot (che ho anche sentito suonare a Madrid… gran serata!! ).
    Mettiamo subito le cose in chiaro: “Cross” è un album divertentissimo, ci sono dei punti in cui è difficile togliersi il sorriso dalle labbra o fermare la testa, che più o meno inconsciamente ha iniziato a muoversi a ritmo. I Justice citano a destra e a manca in ambito elettronico, francese ma non solo. La stessa gestazione dell’album dev’essere stata piuttosto lunga, dato che il duo fa musica dal 2003, ma “cross” (che poi è il loro primo album) è datato 2007.
    Il trittico iniziale è una bomba: “Genesis” parte con un incedere quasi solenne, poi arriva una cassa aggressiva e un ritmo funk di sottofondo, il tutto dilaniato da suoni "cosmici" e vattelapesca; la chiusura ricerca la solennità di inizio brano. Anche “Let there be light” non concede un minuto di tregua, se non nel finale, melodico, che viene interrotto da una dissolvenza che ci porta dritti a D.A.N.C.E., secondo singolo estratto dall’album: pezzo orecchiabilissimo, con un groove sostenuto, da brano funk (è anche l’unica canzone che conoscevo prima di ascoltare il disco).
    “Newjack” è invece un pezzo dal sapore più anni ’90, con delle campionature che tanto furono care ai Daft Punk in quel periodo. Con un po’ di fantasia possiamo immaginarci Christian de Sica ed Er Cipolla che si dimenano in un ballo epilettico all’ Area a Cortina. Continua lo stile daft-punkiano in Phantom, divisa in due parti, moolto interessante, soprattutto per le variazioni nella parte II.
    “Valentine” è il brano da chiusura, le luci si accendono e la sala comincia a svuotarsi, ma attenzione: la serata (in questo caso meglio dire il disco) non è finito. Arriviamo a “The party”, secondo me il pezzo più evitabile dell’intero disco, con un cantato da pop star che più scialbo non si può! C’è una mezza finta intorno ai due minuti, quando la cassa sembra prendere i sopravvento, ma è un fuoco di paglia in un brano da dimenticare.
    Meno male che “DVNO” ritorna a buoni livelli: anche qui il cantato è molto orecchiabile ma è anche sostenuto da una base ritmatissima. E’ anche il terzo singolo estratto dall’album; negli ultimi 20 secondi è il basso a farla da padrone, come altre volte è capitato nel disco.
    “Stress” non è un titolo messo a caso: più che mai nevrotica, non è un pezzo che mette a proprio agio l’ascoltatore (ci concede un po’ di tregua solo nel finale, come al solito), pur avendo decisamente il suo perché. E meno male che la concede, questa tregua, dato il pezzo che ci aspetta: “Waters of Nazareth” è il primo singolo nonché primo pezzo in ordine di composizione dell’album. Qui i Justice sono più scatenati che mai siamo lontani dai cori di D.A.N.C.E., dalle variazioni di phantom, dai ritornelli poppettari di theparty e DVNO: si punta solo a scatenarsi sul pezzo più zarro del disco! Su “One minute to midnight” mi sono già espresso; è un bel pezzo ma mi ricorda troppo quello dei Daft Punk.
    I Justice sono decisamente tamarri, ma in questo caso è un bene per il disco. Sono zarri ma hanno -eccome!- il loro perché. Prometto che se mi capiterà l’occasione andrò a sentirli in qualche club o a qualche pseudo festa, nell’attesa mi consolerò mettendo il disco a tutto volume, perché è questo il modo per apprezzarlo appieno.

    7

    Edited by Shagrath82 - 25/4/2014, 20:46
     
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    Io probabilmente dovrei riuscirci il prossimo fine settimana (quello del 10), scusate il ritardo!
     
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    Soft Machine - Volume One

    Non più psichedelia, non ancora progressive, il rock della scena di Canterbury, di cui i Soft Machine sono fra i capofila, è secondo me uno dei momenti della storia della musica contemporanea in cui è più percepibile all'ascolto la tensione alla ricerca e lo sforzo nell'andare oltre i canoni, non importa quanto recenti e definiti essi siano.
    L'album d'esordio dei Soft Machine, datato 1968, credo sia uno dei primissimi a fare uso intensivo di tastiere, che non si limitano più a fare da "tappeto sonoro" a voce e chitarra, come nel di poco antecedente esordio dei Pink Floyd, ma si ergono a protagonista principale del complesso, come sarà ad esempio con gli Emerson, Lake & Palmer. I brani dell'album si susseguono praticamente senza soluzione di continuità, fatta eccezione per quella che nella versione Lp era la naturale interruzione lato A/lato B, anche se non sempre le canzoni si fondono con naturalezza. Ma non escludo che, date le radici profondamente jazz, i Soft Machine cercassero più la dissonanza che l'armonia anche nella struttura del loro lavoro. In ogni caso abbiamo un'altra anticipazione di quella che sarà una caratteristica saliente del prog: l'abbandono della forma canzone e la predilezione per le suites.
    Le melodie pop e le atmosfere oniriche tipiche della psichedelia si intrecciano lungo tutto l'album con le armonie jazz, le linee vocali ondeggianti, i testi non-sense e le ritmiche oblique del mitico Robert Wyatt, figura cult della musica del secondo Novecento, uno dei batteristi più dotati della sua generazione, che rimarrà sfortunatamente paralizzato dalla vita in giù a seguito di una caduta dal quarto piano, continuando comunque a fare musica.
    Sebbene un lavoro ancora molto grezzo, credo che questo sia uno dei più importanti e belli fra tutti gli album proto-prog di fine anni '60-inizio anni '70, con vette di innovazione radicale e fecondità pari ad un "mostro sacro" come The Piper at the Gates of Dawn dei Pink Floyd.

    Voto: 8,5
     
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    bene, ne mancano solo 5 di recensioni :lol:
     
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    CITAZIONE (feticistanylon @ 21/5/2014, 18:39) 
    bene, ne mancano solo 5 di recensioni :lol:

    secondo me per settembre ce la facciamo :sisi:
     
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    CITAZIONE (C@te @ 10/6/2014, 15:35) 
    CITAZIONE (feticistanylon @ 21/5/2014, 18:39) 
    bene, ne mancano solo 5 di recensioni :lol:

    secondo me per settembre ce la facciamo :sisi:

    non credo :hihi:
     
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160 replies since 9/9/2013, 12:07   3064 views
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