Serie A stagione 2023-24

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    Dio li fa, Chuck Norris li distrugge, Mc Gaiver li aggiusta

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    Frosinone, comodo tris alla Salernitana: Di Francesco respira, i campani retrocedono

    Due gol nella prima mezzora (Soulé e Brescianini) e la firma finale di Zortea alimentano le speranze di salvezza dei padroni di casa che salgono a 31 punti. La squadra di Colantuono saluta la A dopo tre stagioni
    Vincenzo Di Schiavi
    26 aprile - 22:44 - MILANO
    Trenta minuti ed è già tutto scritto. Il Frosinone si prende una vittoria indispensabile per la fuga verso la salvezza, salendo a 31 punti. La Salernitana, da questa sera, è aritmeticamente in Serie B. I granata salutano la A dopo tre stagioni in coda ad un’annata balorda che ha visto ben quattro allenatori in panchina: Sousa, Inzaghi, Liverani e l’incolpevole Colantuono.

    UNO-DUE—
    Di Francesco ripropone Brescianini altissimo, tale da formare in attacco la punta centrale di un tridente con ai lati Cheddira e Soulé. Sull’altra sponda, non c’è Candreva squalificato e Colantuono piazza Vignato e Tchaouna alle spalle di Ikwuemesi. Il Frosinone impiega poco a capitalizzare. Dopo un guizzo di Soulé deviato in angolo, al 10' Sambia abbraccia in area Valeri e Forneau indica il rigore. Soulé va sul dischetto e spiazza Costil. La Salernitana pare rassegnata, fatica all’idea di dover prendere in mano il gioco, la reazione è a basso voltaggio. Così comanda il Frosinone con Brescianini, uomo ovunque, a dettare ritmi e idee. Ed è proprio lui a raddoppiare quando sulla Salernitana comincia a piovere sul bagnato. In una ripartenza gialloblù, Pierozzi incespica da solo lasciando campo libero a Cheddira che appoggia centralmente per Brescianini: il centrocampista entra in area e fredda Costil (25'). Due gol in mezzora evocano sentenze anticipate. I granata per la verità si scuotono, due volte Coulibaly mette apprensione a Turati, ma la salita ormai appare troppo ripida.

    RIPRESA— Nel Frosinone entra Cerofolini per Turati, vittima di un taglio alla mano in uno scontro con Vignato. Colantuono inserisce Pasalidis per lo sfortunato Pierozzi. I granata danno segnali di vitalità, i padroni di casa provano a gestire. L’audacia degli ospiti però non trova riscontro sotto porta, i gialloblù invece si fanno vedere con un destro di Cheddira senza pretese. La Salernitana prova a dare un senso a una serata triste con un finale orgoglioso (occasioni per Gomis e Ikwuemesi), stroncato dal tris di Zortea in contropiede con un sinistro all'angolino. Poi, al triplice fischio, restano la speranza da una parte e i rimpianti dall’altra.
     
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    Nessun gol, un super Sportiello ferma la Juve. E mezzo Milan si prende un punto

    La sfida per il secondo posto finisce senza gol. Il portiere rossonero, titolare dopo il forfait di Maignan, decisivo almeno tre occasioni
    Filippo Cornacchia
    Giornalista
    27 aprile 2024 - TORINO
    La Juventus e il Milan non sanno più vincere e lo hanno dimostrato una volta di più nello scontro diretto dell’Allianz Stadium. Pareggio senza reti (0-0) e con poche emozioni, quasi tutte concentrate nella ripresa grazie all’assalto dei bianconeri. I rossoneri, incerottati dalle squalifiche post derby con l’Inter (out Theo, Tomori e Calabria) e dal forfait nel riscaldamento di Maignan, ringraziano Sportiello, reattivo e decisivo. La Signora non riesce a sfondare nonostante una ripresa più coraggiosa grazie all’inserimento di Chiesa. Alla fine il Milan - ultimo successo il 6 aprile contro il Lecce - consolida il secondo posto. Mentre la Juventus, che non vince dal 7 aprile con la Fiorentina, non accorcia in classifica e adesso rischia di essere agganciato dal Bologna, impegnato con l’Udinese.

    AFFONDI—
    Allegri rilancia Yildiz in coppia con Vlahovic, mentre Pioli parte con il trio Pulisic, Loftus-Cheek, Leao alle spalle di Giroud. Ma nel primo tempo sono soprattutto le difese – e la fase difensiva – delle due squadre ad aver la meglio sui rispettivi attacchi. Un po’ le assenze del Milan (a partire dallo squalificato Theo Hernandez) e un po’ il momento delicato di entrambe: nei primi 45 minuti il tatticismo e la chiusura degli spazi prevale sullo spettacolo. I bianconeri provano a liberare tra le linee Yildiz e Cambiaso, pericoloso quando trova varchi per tentare il tiro come in un paio di occasioni fuori bersaglio. Vlahovic, seguito in tribuna dal c.t. della Serbia Dragan Stojkovic, si muove molto, ma raramente viene servito in zone calde. I rossoneri, trovando pochi spazi centralmente, cercano di sfondare a sinistra puntando sugli uno contro uno di Leao. Il portoghese, spesso triplicato i marcatura (a Gatti si aggiungono Cambiaso e Weah), non ha i metri davanti a sé per sgasare e fatica a trovare lo spunto nello stretto. Così l’occasione migliore arriva da fermo. Una punizione di Vlahovic, da posizione simile al gol di Cagliari, obbliga Sportiello ad allungarsi e sveglia l’Allianz Stadium, fino a quel momento un po’ insonnolito dalla partita.

    RABBIA VLAHOVIC— Sportiello è decisivo anche a inizio ripresa prima su Kostic e poi su Danilo. Dopo l’ora di gioco Allegri ridisegna la Juventus inserendo Chiesa, McKennie e Milik al posto di Kostic, Weah e Vlahovic. Ma il numero nove non prende per niente bene il cambio. Al rientro in panchina, DV9 scaglia per terra tutto quello che trova, lancia un’occhiataccia anche in direzione di Allegri, però poi rientra negli spogliatoi con la borsa del ghiaccio sul ginocchio. Pioli risponde con Bennacer al posto di Adli, Okafor per Giroud e nel finale inserisce anche Chukwueze e i 2005 Bartesaghi e Zeroli. Cambiano le squadre e a guadagnarci è soprattutto la Juventus grazie alla freschezza di Chiesa. I bianconeri si rendono pericolosa con due sgommate di Federico a sinistra: sulla prima Sportiello respinge il colpo di testa di Milik e sulla seconda Thiaw salva con il volto su Rabiot. In mezzo uno strappo di Leao a tagliare la difesa bianconera.
     
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    Lazio, ci pensa l'ex Zaccagni: 3 punti per l'Europa, ma che sofferenza col Verona

    Alla squadra di Tudor servono sette occasioni da rete per battere l'Hellas. Traversa di Luis Alberto e palo di Pedro. I biancocelesti salgono a 55 punti, i veneti restano quart'ultimi

    Nicola Berardino
    Giornalista
    27 aprile 2024 - ROMA
    Terzo successo di fila di campionato e la Lazio sale al sesto posto aspettando il risultato dell’Atalanta. La marcia con Tudor ha riaperto la via per l’Europa. Ma per portarsi in vantaggio sul Verona i biancocelesti devono aspettare il 27’ della ripresa: Zaccagni da subentrato infila il colpo dell’ex. Il Verona paga quell’azione fatale in una prova generosa che però infrange una serie di tre risultati utili in trasferta e recrimina per la chance sciupata all’ultimo da Henry.

    EQUILIBRIO—
    Tudor, ex di turno come Casale e appunto Zaccagni, recupera Felipe Anderson e Kamada, che ripartono da titolari. In difesa Casale rileva l’infortunato Gila. Dopo tre gare torna da titolare Isaksen, schierato nella nuova posizione da esterno destro a centrocampo. Confermato Castellanos al centro dell’attacco: Immobile in panchina, come i recuperati Zaccagni e Lazzari. Baroni inserisce Tchatchoua in difesa, arretra Folurunsho e Serdar in mediana. Nella trequarti Noslin e Mitrovic ad affiancare Lazovic. Swiderski terminale offensivo. Il primo tentativo a rete è della Lazio: al 4’, Guendouzi, a lato. Come la replica del Verona, più, insidiosa con Noslin. Manovrano i biancocelesti creando pressione: efficace la copertura dei gialloblù. Al 19’ Montipò ribatte su una fiondata di Isaksen. Ci prova Felipe Anderson: para il portiere veneto. Al 26’ Isaksen controlla male su un buon assist di Luis Alberto e sciupa una ghiotta opportunità. Intanto, Baroni potenzia ancora la fase difensiva arretrando Lazovic. Al 32’ capocciata di Swiderski: fuori bersaglio. Al 35’ Verona pericoloso: uscita a vuoto di Mandas, a porta vuota Swiderski tira fuori. Proteste laziali per una trattenuta in area su Guendouzi da parte di Serdar. Partita in equilibrio. All’intervallo sullo 0-0.

    IL COLPO DELL'EX— Nella ripresa la Lazio subito vicina al gol. Al 3’ traversa di Felipe Anderson su botta dalla distanza. Bella verticalizzazione della Lazio al 9’, ma Luis Alberto non inquadra la porta. Ripartenza del Verona: Mandas para su Lazovic. Cresce il ritmo. Al 14’, doppio cambio nelle due squadre. Nella Lazio entrano Zaccagni e Pedro per Isaksen e Casale. Nel Verona Suslov per Swiderski e Duda per Mitrovic. Al 21’ Pedro calcia incredibilmente fuori da buonissima posizione. Al 27’ la Lazio sblocca il risultato. Zaccagni porta via il pallone a Suslov, scambia con Luis Alberto e infila Montipò. Gol dell’ex per Zaccagni che aveva già segnato nell’1-1 dell’andata. Al 31’ Luis Alberto sostituito da Hysaj. Altre due sostituzioni nel Verona: Centonze e Bonazzoli rilevano Tchatchoua e Lazovic. Al 37’ prodezza di Mandas su tocco ravvicinato di Coppola. Nuovo ribaltone: palo di Pedro. Al 40’ Henry sostituisce Folorunsho. Mentre nella Lazio Vecino e Immobile avvicendano Felipe Anderson e Castellanos. La Lazio continua ad attaccare. Quattro minuti di recupero. A 20’ secondi dalla fine Henry calcia alto la chance per pareggiare. E la squadra di Tudor può festeggiare tre punti che contano tanto per la classifica.
     
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    Calhanoglu fa partire la festa scudetto: due gol nella ripresa e l'Inter batte anche il Torino

    A San Siro i granata se la giocano fino all'espulsione (troppo severa) di Tameze, poi il centrocampista decide il match con una doppietta

    Andrea Ramazzotti
    Giornalista
    28 aprile 2024 - MILANO
    L'Inter campione d'Italia batte anche il Torino e nel giorno della festa scudetto tiene vivo sia l'obiettivo di superare i 97 punti conquistati da Mancini nel 2006-07 sia quello di superare quota 100. La vittoria non è di quelle facili per gli uomini di Inzaghi che nel primo tempo soffrono i granata e passano solo nella ripresa, dopo il rosso a Tameze: a quel punto la marea nerazzurra diventa incontenibile e Calhanoglu firma la doppietta decisiva, con tutto San Siro che canta per il turco. Per l'Inter gara numero 42 con almeno un gol e record della Juventus distante solo due incontri, ma è anche il ventesimo clean sheet della stagione: anche in questo caso c'è aria di record in un campionato che si sta trasformando in una lunga passerella per Lautaro e compagni. Il Torino, invece, venerdì in casa contro il Bologna avrà l'occasione per rientrare in zona Europa: non vince da quattro incontri e non segna da tre. Contro la formazione di Thiago Motta serve un'impresa.

    MEGLIO IL TORO—
    Inzaghi schiera i titolarissimi a eccezione degli infortunati Acerbi e Dimarco, sostituiti rispettivamente da De Vrij e Carlos Augusto, mentre Juric risponde con la difesa a quattro e Zapata unica punta. Il primo tiro è di Rodriguez, con Sommer che para; replica Thuram con uno slalom concluso con una botta fuori bersaglio. Ricci fa l'incursore alle spalle del colombiano ex Atalanta, Lazaro sta alto a sinistra e Vlasic ha facoltà di movimento, ma si allarga soprattutto a destra disegnando in fase di possesso un 4-2-3-1 che punge: il Torino dimostra di avere voglia e di non essere alla festa dell'Inter per fare da sparring partner. Zapata scalda ancora i guantoni di Sommer che respinge e, a livello di occasioni, l'inizio è più granata che nerazzurro anche perché il numero 91 di testa, dopo il quarto d'ora, manda di poco a lato, con il portiere svizzero fuori causa. L'Inter, con tre soli allenamenti settimanali nelle gambe e contagiata dal clima di celebrazioni dello stadio, ha meno fuoco dentro rispetto al solito e Juric la frena ulteriormente con il pressing di Ricci sul regista Calhanoglu. La palla gira meno velocemente, i tempi d'esecuzione non sono quelli consueti e il Toro concede solo un tiro nello specchio, a Lautaro, nel finale della prima frazione. Ai punti meglio Rodriguez e compagni.

    DOPPIO CALHA— La ripresa si apre con l'espulsione di Tameze che ferma Mkhitaryan al limite dell'area: Maria Sole Ferrieri Caputi tira fuori il giallo perché l'armeno, prima del contatto, sembra spostarsi con la palla sull'esterno, ma viene richiamata al monitor dal Var e cambia decisione estraendo il rosso. Proteste granata: l'espulsione in effetti è eccessiva, troppo severa. L'arbitro si lascia condizionare dal Var cambiando la sua prima decisione che era corretta. Juric passa al 5-3-1, ma chiaramente la pressione su Calhanoglu non c'è più e l'Inter inizia a palleggiare con libertà. La mareggiata monta in pochi istanti e, su una palla persa da Lazaro, dopo una bella combinazione tra Barella, Lautaro e Mkhitaryan, l'ex Roma serve l'assist dell'1-0 a Calhanoglu, implacabile con il suo diagonale. San Siro esplode e spinge ulteriormente la squadra che trova il raddoppio dal dischetto: dubbio fallo di Lovato in area su Thuram (quinto penalty conquistato in stagione) e Calhanoglu, al quale Lautaro lascia la battuta, arrotonda ulteriormente il suo nuovo record di reti in campionato (13). Juric butta nella mischia Sanabria per Zapata e Vojvoda per Lazaro, mentre Inzaghi dà spazio alle seconde linee schierando Sanchez, Asllani, Frattesi, Buchanan e Arnautovic, senza però togliere il capitano, alla ricerca del gol che gli manca dal 28 febbraio. Per il Martinez missione fallita, ma la festa dell'Inter può comunque continuare. Per sbloccarsi l'argentino ancora capocannoniere del campionato avrà un'altra chance sabato a Reggio Emilia contro il Sassuolo. Intanto i pullman scoperti aspettano la squadra per la festa nelle vie di Milano. Sarà una lunga serata di festa per il popolo nerazzurro.
     
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    Ok che eravamo la vittima sacrificale per non disturbare la festa scudetto del guercione, ma cazzo quel rosso e quell'espulsione gridano vendetta
     
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    Quattro gol, tanta Var e un punto a testa: il Napoli rallenta la corsa Champions della Roma

    Dybala porta in vantaggio i giallorossi, Olivera e Osimhen ribaltano il risultato, poi Abraham torna al gol e fissa il 2-2 finale

    Dal nostro inviato Vincenzo D'Angelo
    28 aprile 2024 - MILANO
    Ci sono annate che nascono male e finiscono peggio. E non c’è modo di raddrizzarle. Stavolta il Napoli c’è, lotta, s’impegna, risorge dopo lo svantaggio ma a pochi metri dal traguardo si scioglie e subisce il 2-2 di Abraham, dopo ennesima topica difensiva. Solo al limite dell’area piccola, l’inglese infila di testa e ritrova il gol un anno dopo l’ultimo, confermando che la Roma di De Rossi non finisce mai ed è tornata grande. Ma stavolta avrebbe meritato il Napoli, ancora contestato e a rischio ritiro, anche se stasera meriterebbe applausi. Ma per vincere bisogna essere perfetti, la squadra di Calzona non lo è mai stata e continua il suo calvario, chiudendo la 15a gara consecutiva subendo almeno un gol. Imbarazzante per chi avrebbe ambizioni di alta classifica.

    NAPOLI INTRAPRENDENTE—
    Il Napoli prova a caricare subito, ma Anguissa non arriva alla deviazione di testa. La Roma si fa vedere su azione d’angolo, con sponda di Mancini per Pellegrini, il cui colpo di testa finisce alto. Poi è monologo azzurro: al 7’ Ndicka mura bene Osimhen in scivolata, poi è Svilar (19’) a salvare in uscita bassa su Di Lorenzo. Il portiere romanista è ancora protagonista alla mezzora, quando respinge un diagonale di Osimhen, scappato via per trenta metri palla al piede e arrivato stanco alla conclusione. Al 36’ occasionissima per Anguissa: Ndicka buca l’intervento e si apre un’autostrada per il camerunese, che a tu per tu con Silvar calcia malissimo in curva. Due minuti dopo, Kvara a costringere Svilar al volo provvidenziale. Sul piano dell’impegno il Napoli c’è, ma il risultato non si sblocca e dalle curve continua la contestazione.

    OLIVERA RISPONDE A DYBALA— Napoli ancora vicino al vantaggio a inizio ripresa con Lobortka, ma è ancora Svilar a salvare in uscita bassa e poi Mancini anticipa Kvara a porta vuota. Quando pensi che il Napoli possa sbloccarla, ecco l’episodio che cambia la gara. Ed è il solito regalo della difesa azzurra: Juan Jesus mette giù Azmoun defilato e spalle alla porta. È rigore (14’) che Dybala trasforma con freddezza. I toni della contestazione aumentano di decibel, ma il Napoli trova subito il pari: Olivera (19’) calcia da fuori, deviazione amica di Kristensen che alza la parabola e scavalca Svilar.

    BOTTA E RISPOSTA TRA I 9— La partita si accende: Politano (20’) pennella per Osimhen, colpo di testa a millimetri dal palo. Poi ancora Osi s’invola in campo aperto, ma Svilar si conferma in stato di grazia. Però il Napoli è vivo e continua a spingere, Sanchez (da poco entrato per Bove) da terra stende Kvara, il Maradona s’infuoca, l’arbitro lascia andare ma poi richiamato al Var assegna il penalty. Dal dischetto (39’) va Osimhen, già due errori in campionato. Ma stavolta resta freddo e spiazza Svilar per l’esultanza e l’abbraccio di squadra. Sembra la fine di un incubo, ma la Roma ha forza mentale oltre che qualità, si butta avanti e su azione d’angolo trova il pari: Ndicka prolunga il corner, Abraham solo sul secondo palo fa 2-2. Il guardalinee alza la bandierina, ma il Var cambia decisione e conferma il pari. Finisce così: per la Roma è un punto d’oro in chiave Champions, per il Napoli è solo un’altra frenata. Ma almeno orgoglio e cuore, stavolta, si sono visti.
     
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    Atalanta, scatto Champions: Pasalic e Lookman stendono l'Empoli

    Comoda vittoria dei nerazzurri che sbloccano il risultato su rigore. I toscani scendono a +2 dalla zona retrocessione

    Dal nostro inviato Matteo Brega
    28 aprile 2024 - BERGAMO
    L’Atalanta batte 2-0 l’Empoli grazie ai gol di Pasalic su rigore e di Lookman, uno per tempo.

    PASALIC DI RIGORE—
    Gian Piero Gasperini sceglie Zappacosta e Ruggeri sulle fasce evitando quindi il turnover sugli esterni. Davanti occhi su Touré a caccia del secondo gol di fila in campionato dopo quello di Monza. Davide Nicola si presenta con il 3-4-2-1 liberando Fazzini da compiti tattici alle spalle di Niang e insieme con Cambiaghi. Il primo tempo è spezzettato dai fischi di Fabbri che interrompe fin troppo il gioco. A metà tempo lascia il campo Walukiewicz per problemi fisici ed entra Cacace. La partita si movimenta al 38’ quando il direttore di gara viene richiamato dal Var per rivedere l’intervento di Pezzella su Touré. Per Fabbri non c’è nulla, ma una veloce rivisitazione dell’intervento fa notare che il maliano anticipa l’avversario e viene toccato sul polpaccio. Rigore dunque che Pasalic al 42’ batte e trasforma. Per il croato è il secondo centro consecutivo dopo quello realizzato contro la Fiorentina mercoledì nella gara di ritorno della semifinale di Coppa Italia. L’Atalanta sembra svegliarsi dopo il l’1-0 e con Miranchuk va vicino al raddoppio. Il russo chiude però debolmente una ripartenza veloce di Touré. Finisce così il primo tempo.

    LAMPO LOOKMAN— Si riparte senza cambi. E dopo 6’ l’Atalanta raddoppia. Lookman parte dalla sinistra lasciando sul posto Bereszynski, arriva al limite e calcia sorprendendo Caprile sul suo palo. Dopo 12’ ecco i primi cambi della Dea: dentro Ederson, Kolasinac e Hateboer per De Roon, Ruggeri e Djimsiti. Al 15’ ancora Lookman pericoloso con un diagonale di sinistro largo di poco solo per una leggera deviazione. Dal corner seguente Caprile deve sacrificarsi in uscita bassa per respingere il tentativo di Hien. Un minuto dopo interviene Nicola: toglie Niang, Grassi e Fazzini per inserire Caputo, Marin e Kovalenko. Ma è la Dea che al 18’ va vicina al gol. Cross morbido di Hateboer, Miranchuk di testa colpisce troppo centrale. Lookman è dentro alla partita totalmente, insegue Bereszynski e gli ruba palla, riparte e serve Miranchuk che dal limite non trova la porta di poco. L’Empoli timidamente si affaccia nella metà campo avversaria con l’accelerata di Cambiaghi a sinistra chiusa da un cross per Kovalenko che sul primo palo gira e trova l’esterno della rete. Al 28’ entra anche Koopmeiners per Miranchuk. Al 35’ una veloce ripartenza dell’Empoli si conclude con un destro centrale di Marin: un’opportunità che i toscani avrebbe dovuto e potuto sfruttare meglio. Finisce 2-0 per l’Atalanta che grazie al contemporaneo pareggio della Roma consente alla Dea di portarsi a due punti dai giallorossi con una partita da recuperare. Per l’Empoli un passaggio a vuoto che però lascia inalterate le sue speranze di salvezza, anche se l'Udinese terz'ultimo, con il pari a Bologna, si avvicina a 2 punti di distanza.
     
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    Il Sassuolo non c'è più: ne prende 5 dalla Fiorentina, retrocessione sempre più vicina

    La Fiorentina domina e, dopo il gol di Sottil, dilaga nel secondo tempo con Martinez Quarta, Barak e la doppietta di Nico Gonzalez. Inutile il momentaneo pari di Thorstvedt per la squadra di Ballardini

    Matteo Pierelli
    Giornalista
    28 aprile 2024 (modifica alle 23:44) - MILANO
    Una vittoria bella, rotonda, franca. Cinque gol che lasciano ben sperare per la semifinale di Conference di giovedì, ma anche tre punti utili per raggiungere il Napoli all’ottavo posto e rimanere nel cuore della zona Europa: la Fiorentina, che deve anche recuperare la partita con l’Atalanta, asfalta ciò che resta di un Sassuolo deludentissimo, arrendevole e sempre più vicino alla Serie B. Una rasoiata di Sottil nel primo tempo apre la partita. Poi è festa grande nella ripresa con Quarta, Nico Gonzalez (due volte) e Barak. In mezzo il 2-1 di Thorstvedt che aveva riacceso la fiammella, spenta solo due minuti dopo. Ballardini incassa così un’altra sconfitta nel peggiore dei modi, senza lottare e senza la mentalità della squadra che si deve salvare: il quart’ultimo posto ora è a cinque punti e all’orizzonte c’è l’Inter. La strada è decisamente in salita.

    DOMINIO VIOLA—
    Fiorentina in campo con tante novità e con i big lasciati fuori in vista della sfida europea di giovedì. In porta Christensen (in campionato non era titolare da settembre) con Barak trequartista dietro Kouame. Dall’altra parte Ballardini butta dentro Kumbulla e alza Doig come esterno di centrocampo, mentre Thorstvedt agisce alle spalle di Pinamonti. Si parte a ritmi lenti, poi è Sottil al quarto d’ora a ravvivare la gara con una bella sgasata sulla sinistra: Kouame non ci arriva per poco. E’ il preludio al gol che arriva al 17’: Arthur porta via la palla a Volpato e serve Sottil che dalla sinistra si accentra e dal limite infila Consigli. Il Sassuolo cerca di reagire, ma non va al di là di due calci d’angolo. Così è la Fiorentina ad andare vicina al raddoppio: Volpato perde un altro pallone, Parisi si invola sulla sinistra e poi tira a botta sicura: incrocio dei pali. La Fiorentina insiste, vuole il raddoppio per giocare più tranquilla: Ikone dopo una bella azione sulla destra e Barak di destro trovano sulla loro strada Consigli.

    SASSUOLO ASFALTATO— Nella ripresa entra Nico Gonzalez al posto di Ikone, mentre Ballardini butta dentro Mulattieri e Bajrami per Viti e Volpato. Lo spartito non cambia: Fiorentina in avanti e Sassuolo a vivacchiare, alla ricerca di non si sa che cosa. Il raddoppio arriva grazie a Quarta che sfrutta un assist perfetto di Arthur. Poi ecco la rete di Thorstvedt (gran sinistro) a dare speranza ai neroverdi al 56’. Ma dopo due minuti Nico firma il 3-1 e a quel punto i Viola dilagano. Barak e ancora Nico Gonzalez (al 66’) portano la Fiorentina sul 5-1 e a quel punto è solo un tiro al bersaglio verso Consigli. Che tira un sospiro di sollievo quando vede che non ci sono minuti di recupero…
     
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    Il Cagliari nemmeno ci prova: comodo tris Genoa, ma Ranieri ha tre punti sull'Udinese

    Tutto facile per la squadra di Gilardino, a segno con Thorsby, Frendrup e Gudmundsson. I sardi conservano comunque tre punti di margine sulla terz'ultima

    Dal nostro inviato Simone Battaggia
    29 aprile 2024 - MILANO
    Troppo Genoa per un Cagliari senza riferimenti. Al Ferraris il posticipo del 34° turno di Serie A finisce 3-0. I rossoblù festeggiano la salvezza con una prestazione sontuosa, fatta di voglia ma anche di qualità, ed è giusto che i primi due gol siano arrivati da due uomini di sostanza come Thorsby e Frendrup, mentre nella ripresa Gudmundsson, al 14° centro stagionale, ha messo il sigillo a una notte di festa. Niente di fatto per gli uomini di Ranieri, che in trasferta quest’anno hanno raccolto molto poco - otto punti, solo Salernitana (7) e Frosinone (6) hanno fatto peggio - e che questa volta hanno pagato le tante assenze, ma anche un atteggiamento meno combattivo del solito.

    LE SCELTE—
    Gilardino alla vigilia aveva prefigurato qualche novità, ma per l’undicesimo iniziale va sull’usato garantito: confermata la difesa a tre Vogliacco-De Winter-Vasquez, Sabelli e Martin sono gli esterni con Thorsby, Badelj e Frendrup in mezzo al campo, con la coppia d’oro Gudmundsson-Retegui davanti; restano in panchina i vari Spence, Cittadini, Ankeye e, come previsto, il rientrante Vitinha. Lato Cagliari, allo squalificato Luvumbo e agli indisponibili Viola e Dossena - più Pavoletti e Mancosu, assenti di lungo corso - all’ultimo si aggiunge anche Jakub Jankto, che ha subito un trauma distorsivo alla caviglia destra nella rifinitura della mattina. Yerry Mina, colonna della difesa sarda, è tenuto invece precauzionalmente in panchina - domenica alle 12.30 a Cagliari arriverà il Lecce - per un affaticamento al polpaccio sinistro. Ranieri deve quindi ridisegnare la squadra ma non rinuncia a mettersi a specchio, con Wieteska centrale tra Hatzidiakos e Obert, un centrocampo a quattro e davanti Gaetano a supportare le due punte, Shomurodov e Oristanio. I due in realtà si vedranno ben poco, in un primo tempo tutto per il Grifone. Dopo una decina di minuti senza scosse, al 13’ ci prova De Winter su angolo di Martin, ma il suo colpo di testa è troppo stretto sul primo palo. Tre minuti dopo Shomurodov colpisce alto di testa su cross di Oristanio, ma al 17’ passa il Genoa: cross di Sabelli da destra, Thorsby vola sopra la testa di Hatzidiakos e prende in controtempo Scuffet. Il Cagliari dà l’impressione di aver perso le misure in difesa, fatica a uscire dalla pressione genoana. Al 27’ il raddoppio genoano: palla a sinistra, Vasquez serve rasoterra Frendrup che colpisce al volo verso il palo più lontano: 2-0. Il Cagliari non trova risorse, Frendrup corre come un dannato a recuperare palloni e a chiudere in difesa. Gaetano è il solo tra i sardi a provarci, un suo affondo al 31’ libera Oristanio che però non ne approfitta mentre al 33’ Retegui fallisce di un nulla il 3-0 girando al lato lo splendido cross basso da destra di Thorsby. L’unico sussulto per i sardi arriva al 45’, quando un corner dello stesso Oristanio porta alla spizzata di Deiola. La palla attraversa tutto lo specchio della porta e si spegne fuori.

    RIPRESA— Ranieri prova a cambiare la partita inserendo tre senatori: Lapadula per uno spento Oristanio, Nandez per Di Pardo e Zappa per Hatzidiakos. In difesa si abbassa Augello, per una difesa a quattro che però non risolve i problemi del Cagliari. Perché il vulnus è soprattutto in mezzo al campo, dove Frendrup, Badelj e Thorsby imperversano, cacciano palloni, spingono, annichiliscono i vari Prati, Nandez e Augello, col solo Deiola ad alzare timidamente la testa. Thorsby in particolare è indemoniato, all’8’ impegna Scuffet con un altro colpo di testa, mentre al 12’ è De Winter a sfiorare il gol con un’incornata. Lapadula prova a muoversi dietro una linea difensiva genoana che però è sempre attenta. E quando pensi che al festival del Genoa manca una perla del suo attaccante principe, ecco che arriva: Gudmundsson triangola stretto con Frendrup, entra in area e spiazza Scuffet. Con la partita segnata, con la salvezza portata a casa con quattro giornate di anticipo, Gilardino nel finale fa entrare chi scalpita dalla panchina: Spence dà qualche assaggio della sua potenza e della sua tecnica, Haps spinge da destra, dietro Cittadini si prende dei minuti preziosi, Vitinha prende il posto di Gudmundsson - che ovazione per l’islandese, al 14° gol stagionale - e prova qualche folata, ma Wieteska non gli concede spazio. Ranieri ci prova anche con Azzi e Kingstone, ma non trova soluzioni. La salvezza non passa per il Ferraris, meglio pensare alla sfida-chiave di domenica con il Lecce.
     
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    Ero convintissimo che avremmo regalato almeno un punto al Cagliari :hihi:
    Partita dominata contro un Cagliari veramente brutto
     
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    La traversa e Skorupski frenano il Torino. Con il Bologna finisce senza gol

    La squadra di Motta puntella la posizione in zona Champions, mentre i granata restano al decimo posto, lontani dalle posizioni che portano in Europa

    Dal nostro inviato Mario Pagliara
    3 maggio 2024 - TORINO
    È stato il punto dell’orgoglio granata, alla vigilia delle celebrazioni dei 75 anni dalla scomparsa del Grande Torino. Dopo diversi passaggi a vuoto, la squadra di Juric torna a giocare un calcio godibile, interpreta decisamente meglio degli emiliani la serata e, ai punti, avrebbe meritato di più. Il difetto di Juric è il solito: quarta partita consecutiva senza segnare nemmeno un gol. Per la classifica, però, lo zero a zero è molto più utile al Bologna che puntella la propria posizione in pienissima zona Champions. La traversa di Sanabria nel primo tempo e l’occasionissima di Ilic nella ripresa fanno tirare un sospiro di sollievo a Thiago Motta: questa sera il Toro era in giornata e, quindi, per il tecnico rossoblù tornare a casa con uno zero a zero può essere letto come un buon risultato.

    PRIMO TEMPO—
    Bologna insolitamente più conservativo, Torino decisamente molto più pimpante e propositivo. E’ la sceneggiatura di un primo tempo nel quale la squadra di Juric avrebbe meritato qualcosa in più ai punti, sia per il gioco espresso sia per le occasioni. Perché se al sedicesimo un diagonale di Zirzkee si fa sì insidioso ma non inquadra la porta difesa di Milinkovic, poi le occasioni migliori arrivano dai granata. Il minuto del grande rimpianto del Toro è il diciottesimo, quando Sanabria si stampa sulla traversa raccogliendo di testa il cross-cioccolatino di Ilic. L’occasione è doppia: sulla ribattuta si avventa di prepotenza Zapata murato in condivisione prima da Lucumi poi da Skorupski. Un infortunio all’adduttore destro tira fuori Vlasic dalla partita al ventisettesimo ed è perdita che ha il suo peso sull’economia del gioco di Juric. Al posto del croato entra Linetty: il polacco va in mediana, Ricci si alza in marcatura sul cervello bolognese Freuler. Il Bologna ricomincia con un giro palla tutto sommato sterile senza riuscire mai ad entrare tra le linee del Toro. Prima dell’intervallo, Aebiscer prova a scuotere i suoi con un siluro dal limite sui tabelloni (37’). Mentre le squadre sono negli spogliatoi, la band torinese Sensounico si esibisce nella struggente “Quel giorno di pioggia”: è l’omaggio del popolo granata al Grande Torino, di cui domani ricorrerà l’anniversario dei 75 anni dalla scomparsa nell’incidente aereo di Superga.

    RIPRESA— Il copione della serata non cambia nella ripresa. Anzi, il Torino trascinato dalla coppia di centrocampisti Ricci-Ilic aumenta anche la qualità del palleggio, lasciando poco o nulla al Bologna. Ci prova ancora Aebischer dalla distanza, ma Milinkovic in volo si concede agli obiettivi dei fotografi. Chi invece deve compiere il secondo grande intervento della serata è il collega Skorupski sul diagonale di Ilic (22’): intervento ascrivibile nella categoria delle paratone. La pressione del Toro è costante fino allo scadere, al netto di qualche buona incursione proprio nel finale del Bologna. Lo zero a zero non si schioda.
     
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    Bella gara quella del Toro ieri sera, in fondo un punto guadagnato contro una delle squadre più in forma del campionato.
    Un bel po' di sfiga anche, ma non saremmo il Toro.
     
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    La doppietta di Djuric salva il Monza. Lazio, ora la Champions si allontana

    Immobile la sblocca all'11', poi l'attaccante bosniaco trova il pari al 73'. All'83' un erroraccio di Donati regala gol a Vecino, ma a tempo quasi scaduto Milan regala un punto a Palladino

    dal nostro inviato Simone Battaggia
    4 maggio 2024 - MONZA (MONZA E BRIANZA)
    Potevano essere tre punti per rafforzare la posizione per l’Europa League e inseguire il sogno Champions. E invece la Lazio si ferma a Monza, 2-2 al termine di una partita vibrante, per larghi tratti gestita dai brianzoli di Palladino. Al gol di un ritrovato Immobile in avvio e al 2-1 di Vecino su un erroraccio in disimpegno di Donati risponde per due volte Milan Djuric, decisivo al 92’ con un gran colpo di testa. Giusto così, perché i biancorossi hanno condotto la partita con intensità e voglia, il pari ci sta tutto.

    PRIMO TEMPO—
    Con il solo Gila indisponibile e con Provedel che si riaffaccia in panchina, Tudor dà per la prima volta la maglia da titolare a Hysaj. Confermata anche la scelta di Immobile al centro dell’attacco al posto di Castellanos e il ritorno di Zaccagni, decisivo entrando dalla panchina contro il Verona. Lato Monza, Palladino è senza Gagliardini, squalificato, così piazza Pessina e Bondo a centrocampo, a creare e a interdire; Daniel Maldini finisce invece in tribuna per un fastidio muscolare dell’ultimo minuto. In avvio si capisce che è una di quelle partite in cui Luis Alberto può creare qualcosa in qualsiasi momento: un assist, un cross e all’11° un velo in area che apre le acque, con Pablo Marì che per liberare serve Kamada fuori area. Il tiro al volo viene deviato da Di Gregorio sulla traversa e permette a Immobile di avventarsi come un falco per il tap-in dello 0-1. Il capitano della Lazio non segnava in campionato dalla vittoria 3-1 del 10 febbraio a Cagliari. Il Monza però non resta a guardare, anzi: già al 5’ un bellissimo scambio Colpani-Djuric aveva portato l’ex Verona davanti a Mandas, ma il diagonale da sinistra era uscito di poco oltre il secondo palo. Gli uomini di Palladino sono ordinati nelle ripartenze e le trame in attacco, sempre godibili, sono ispirate dalla qualità dei vari Colpani, Zerbin e Pessina. Al 15’ Zaccagni deve spendere un giallo per fermare Birindelli, al 23’ lo stesso Colpani semina il panico sulla destra e crossa per Valentin Carboni, che solo in area manda a lato di testa un’occasione clamorosa. Djuric dà una mano enorme anche dietro, respingendo di testa i corner laziali, e per evitare problemi sulle palle alte nell’altra area Tudor fa uscire Zaccagni al 31’ - anche per evitare i rischi di un secondo giallo - e fa entrare Casale. Il Monza spinge, ci provano dalla distanza Pessina (sinistro a giro dalla distanza, Mandas usa i pugni) e Bondo (debole), ma l’occasione più grande capita a Valentin Carboni, ancora di testa: la sua girata sul cross di Bondo dà a tutti l’idea del gol ma si spegne alla destra di Mandas. Si chiude il tempo con tre gialli laziali a zero - Zaccagni, Casale, Kamada - e con la sensazione che i brianzoli abbiano costruito di più.

    RIPRESA— Luis Alberto torna a ispirare la Lazio davanti, ma sono le ultime fiammate. Il giallo all’11’ a Romagnoli che deve fermare Colpani e quello al 23’ di Patric (fallo su Zerbin al limite dell’area) raccontano di una Lazio che innanzitutto deve difendersi. Al 13’ lo stesso Colpani riceve una bella palla sull’angolo di destra dell’area piccola, ma non si fida a tirare al volo e l’azione sfuma; al 17’ Valentin Carboni (che lancio) e Colpani (doppio dribbling su Patric e Mandas) danno spettacolo, ma il trequartista dei brianzoli non ha abbastanza angolo per impensierire Mandas. Palladino al 26’ cambia volto alla squadra con tre cambi - Dani Mota per Kyriakopoulos, Akpa Akpro per Valentin Carboni, Caldirola per Zerbin - e dopo due minuti arriva il gol: a metà campo perde palla Hysaj, Colpani scende e serve sulla destra Donati, per un cross che trova la testa di Pessina. Mandas respinge, ma Djuric è pronto per ribattere a rete per il pari, confermato dopo un check del Var. Dieci minuti dopo, però, la Lazio pesca un jolly: Donati in fase di disimpegno passa il pallone a metà strada tra Akpa Akpro e Di Gregorio, permettendo a Vecino di infilarsi e di segnare il gol dell’1-2. La partita sembra non finire mai, Pablo Marì ci prova dalla distanza con il sinistro impegnando Mandas, poi Colpani da fuori area viene ribattuto due volte. Al 46’ Guendouzi ci prova con un rasoterra sul quale è bravissimo Di Gregorio e sul capovolgimento di fronte arriva il pari: ennesimo cross da sinistra, stavolta di Pessina, e in area svetta di testa Djuric che trova l’angolino alla destra del portiere laziale. Gli animi si accendono, Vecino prende un giallo per un brutto fallo su Pessina che fa nascere una bagarre (giallo anche a Donati). Il Monza ha un’ultima palla in avanti, ma Akpa Akpro perde l’attimo e non c’è più tempo. La Lazio con 56 punti è settima in classifica, la Champions si allontana.
     
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    L'Inter si distrae... e il Sassuolo ne approfitta. Laurienté gol, Ballardini respira

    I campioni d'Italia, svagati dopo i festeggiamenti di domenica scorsa, mai in partita: annullato un gol a Lautaro


    dal nostro inviato Filippo Conticello
    4 maggio 2024 - REGGIO EMILIA
    Tra le bizzarre strade del calcio, ci si imbatte pure in questa: la tiranna del campionato che perde due volte su due contro una squadra che annaspa per non retrocedere. L’Inter capace di dominare ferocemente su ogni campo è caduta contro una sola squadra di questo campionato, l’umile Sassuolo: dopo il capitombolo di fine settembre, ecco quest’altro di inizio maggio, ben diverso perché arrivato dopo una settimana di lunghi festeggiamenti nerazzurri per la stella. Se Inzaghi perde l’occasione di sfondare i 100 punti e interrompe la serie di 42 partite con gol, Ballardini trova invece l’insperato impulso per crederci ancora: agganciata l’Udinese al terzultimo posto (con una partita in più), la salvezza è davvero possibile adesso. Tra l’altro, l’Inter venerdì andrà a Frosinone e potrà diventare l’arbitro di questa lotta senza quartiere, sempre a patto di giocare con altro spirito rispetto a quello un po’ vacanziero visto al Mapei Stadium.

    L'AVVIO—
    L’Inter, col cuore leggero e una nuova stella a illuminare il cammino, può finalmente distribuire minuti a chi meno ne ha avuti finora: dentro così Audero, Asllani, Frattesi e Sanchez a far coppia con Lautaro. Carlos Augusto fa riposare ancora una volta Dimarco e De Vrij gioca al posto dell’infortunato Acerbi. Il Sassuolo è invece spalle al muro e con una pistola puntata: per provare a uscire dall’angolo, Ballardini sorprende ancora una volta e azzarda la difesa a tre, anche se non c’è Tressoldi squalificato. Dietro giocano Erlic, Kumbulla e Ferrari, mentre in mediana la grande sorpresa è Lipani dietro agli interni Henrique e Thorstvedt: il suo compito è bloccare la manovra dei campioni di Italia sulla trequarti in un originale 3-1-4-2. A completare Toljan e Doig come esterni di centrocampo e la coppia Laurienté-Pinamonti, spesso lasciata troppo sola: due attaccanti così non sono programmati per lottare per sopravvivere, eppure devono fare di necessità virtù. La squadra di Inzaghi, poi, non ha esattamente il sangue agli occhi come nelle ultime partite. Dopo un tiro pericoloso di Thorstvedt e un altro di Lipani in libera uscita, ecco la rete emiliana per gentile concessione di Dumfries. L’olandese ancora in versione festa scudetto (non è il solo…) si fa borseggiare la palla di Doig, che poi trova in mezzo Laurienté: è un gol che la squadra di Ballardini aspettava come acqua nel deserto. Dumfries avrebbe pure l’occasione di farsi perdonare immediatamente, ma su un assist bellissimo e di prima di Asllani ciabatta fuori a tu per tu con Consigli: non è neanche la mezzora e già la partita ha un peggiore in campo.

    ANCORA FESTA— Difficile sintonizzarsi dopo una settimana di bagordi, normale che l’Inter vada a singhiozzo più o meno per tutta la gara: Lautaro, mai così fuori giri, è l’esempio della serata interista tanto strana. Solo nell’ultima parte del primo tempo la squadra di Inzaghi riesce a sciogliersi un po’ e a occupare la metà campo avversaria, senza mai mostrare troppa convinzione. Il gol del pari sarebbe pure arrivato su tiro di Carlos Augusto deviato in rete di Lautaro prima della fine del primo tempo, ma dopo lunga consultazione Var l’arbitro Marchetti fischia il fuorigioco: il Toro, a digiuno da Inter-Atalanta del 28 febbraio, non riesce proprio a sbloccarsi. Anche nei secondi 45’ è spesso Bastoni a traghettare l’azione davanti in un’Inter sempre sotto ritmo. Tra l’altro, per il difensore mancino questa partita conta simbolicamente più che per i compagni: ha ufficialmente tagliato il traguardo delle 200 presenze con la maglia dell'Inter, davanti a lui solo Lautaro (280), De Vrij (235) e Barella (231).

    EMBLEMATICO— Mentre lo stadio, tutto interista, intona cori scudetto e lo invita a saltellare come aveva fatto a San Siro, Simone Inzaghi accenna al massimo un applauso. Pensa solo a urlare e a dare indicazioni perché perdere per la seconda volta di fila con il Sassuolo va di traverso: con l’ingresso di Cuadrado al posto di Dumfries e Arnautovic per Mkhitaryan, il tecnico nerazzurro schiera una formazione ben più offensiva in cui Sanchez fa il trequartista. In più, si aggiunge Buchanan a sinistra e Barella in mezzo per alzare i giri del motore. Di contro, il Sassuolo si abbassa e decide di badare esclusivamente al sodo, ovvero alla conservazione del vantaggio con Erlic e Ferrari a saltare sulla pioggia di cross che arriva: le pochissime ripartenze sono affidate solo all’elettricità di Laurienté e a qualche palla tenuta su da Pinamonti. All’80’ Kumbulla fa un miracolo in copertura su Arna servito da Cuadrado nell’area piccola: a pensarci è solo la prima occasione nerazzurra nella ripresa, emblematico più dello stesso risultato.
     
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