LA DEVOLUTION
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LA DEVOLUTION

Favorevoli o contrari alla nuova riforma?

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  1. _Mac_
     
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    Le riforme costituzionali approvate dalla Camera modificano profondamente l'architettura istituzionale italiana. Un premier indicato dagli elettori, per il quale e' sufficiente un voto sul programma per insediarsi, con il potere di sciogliere la Camera, di nominare e revocare dei ministri e con il compito di determinare la politica generale, prendera' il posto di un presidente del Consiglio nominato dal capo dello Stato sulla base del responso elettorale e delle indicazioni dei gruppi parlamentari. Il bicameralismo perfetto (due Camere con eguali poteri) viene sostituito da un sistema con due assemblee che hanno basi elettorali e poteri diversi: una Camera ''generalista'' e un Senato federale. Nasce la cosidetta Devolution (obiettivo numero uno della politica della Lega), saranno le regioni a ''dettare legge'' in alcune materie: la sanita', l'organizzazione scolastica e quella parte dei programmi di studio di ''interesse specifico'' della regione e la polizia amministrativa regionale locale.

    - PARLAMENTO: E' composto dalla Camera dei deputati e dal Senato federale.

    - DEPUTATI E SENATORI, UN TAGLIO ALL'ORGANICO: Si riduce il numero dei parlamentari (di circa il 23 per cento). I deputati scendono da 630 a 500, i senatori da 315 a 252. Restano 18 (ma saranno tutti deputati) i parlamentari eletti dagli italiani all'estero.

    - I DEPUTATI A VITA: prendono il posto dei senatori a vita e scendono da 5 a tre.

    - UNA VENTATA DI GIOVENTU': Si abbassa il limite d'eta' per poter varcare i portoni dei palazzo della politica: bastera' aver compiuto 21 anni (ora ne servono 25) per entrare a Montecitorio e 25 (ora ne servono 40) a palazzo Madama.

    - SENATO FEDERALE: La 'Camera alta' e' forse il luogo dove il restyling istituzionale e' maggiormente visibile. I senatori saranno eletti in ciascuna regione contestualmente ai rispettivi consigli. Ogni regione dovra' eleggere almeno sei senatori (ma a regioni 'mignon' come il Molise o la Val d'Aosta ne spettano rispettivamente due e uno). Ai lavori del Senato partecipano, ma senza poter votare, rappresentanti delle regioni e delle autonomie locali.

    - LA DURATA DELLA LEGISLATURA: La Camera e' eletta per 5 anni. I senatori eletti in ciascuna regione o provincia autonoma restano in carica fino alla data della proclamazione dei nuovi senatori della medesima regione o provincia autonoma.

    - IN COSTITUZIONE LE REGOLE PER ELEGGERE I PRESIDENTI DELLE ASSEMBLEE: Non sono piu' demandate ai regolamenti parlamentari ma entrano direttamente in costituzione le regole per l'elezione dei presidenti di Camera e Senato. Servira' un'ampia maggioranza, i due terzi dei componenti l'assemblea (ossia 347 voti alla Camera e 168 al Senato ) nei primi tre scrutini, poi il quorum si abbassa: dal quarto scrutinio e' sufficiente la maggioranza assoluta dei componenti (261 alla Camera e 128 al Senato).

    - ALLE OPPOSIZIONI LE COMMISSIONI DI GARANZIA: Esponenti dei gruppi di opposizione presiederanno le commissioni o i comitati con compiti di ispettivi, di controllo e di garanzia.

    - CAMBIA L'ITER DELLE LEGGI: La Camera esamina le leggi su materie riservate allo Stato (ad esempio politica estera, promozione internazionale del sistema produttivo e economico, immigrazione; difesa; giurisdizione e norme processuali, politica monetaria e del credito; sicurezza e ordine pubblico; norme generali sull'istruzione, tutela dell'ambiente, ecc) Il Senato ha 30 giorni (15 se si tratta di decreti) per proporre modifiche ad un testo approvato dalla Camera, ma sue queste modifiche e' la Camera che decide in via definitiva.Il senato esamina leggi che riguardano materie riservate sia allo Stato che alle regioni (le cosiddette materie concorrenti, quali, ad esempio, i rapporti dell'ue con le regioni, il commercio con l'estero, ordinamento sportivo regionale, protezione civile, remittenza regionale, ecc). La Camera puo' proporre modifiche ma sara' il Senato ad avere la parola definitiva.

    - PER ALCUNE MATERIE UN CAMMINO AD HOC: Alcune questioni quali la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni che riguardano i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale o la legislazione elettorale locale, ecc, Senato e Camera legiferano alla pari. Ma se non trovano l'accordo su testo entra i campo una terza assemblea ''derivata'' i cui 60 componenti sono indicati dai presidenti delle due camere: questa camera di compensazione avra' il compito di scrivere un testo unificato dal sottoporre al voto di Senato e Camera.

    - LA DEVOLUTION: Alle regioni viene affidata la legislazione ''esclusiva'' per quanto riguarda l'assistenza e l'organizzazione sanitaria, l'organizzazione scolastica, la gestione degli istituti scolastici e di formazione, la definizione della parte dei programmi scolastici e formativi di interesse specifico della regione; polizia amministrativa regionale e locale.

    - CLAUSOLA DI INTERESSE NAZIONALE: Il governo puo' bloccare una legge regionale se ritiene che pregiudichi l'interesse nazionale: invita la regione a cancellarla ma se la risposta e' negativa sottopone la questione al parlamento in seduta comune che ha 15 giorni di tempo per annullarla.

    - REFERENDUM CONFERMATIVO SEMPRE POSSIBILE: il referendum sulle leggi costituzionali sara' sempre possibile anche quando i testi vengono approvati dal entrambe le Camere con un'ampia maggioranza nella seconda votazione (i due terzi dei componenti).

    - IL CAPO DELLO STATO: Il presidente della Repubblica e' eletto dall'Assemblea della repubblica composta da deputati, senatori, presidenti delle regioni e da due delegati per ciascun consiglio regionale. Per i primi tre scrutini serve la maggioranza dei due terzi dei componenti. Nel quarto e quinto scrutinio il quorum si abbassa alla tre quinti dei componenti. Dalla quinta votazione in poi e' sufficiente la maggioranza assoluta.

    - UN PRESIDENTE GIOVANE: Al Quirinale potra' entrare anche chi ha solo 40 quarant'anni. (oggi si deve aver compiuto i 50 anni). Resta in carica 7 anni.

    - I POTERI DEL QUIRINALE: Il presidente della Repubblica rappresenta la nazione, e' garante della Costituzione e dell'unita' federale della Repubblica. Puo' inviare messaggi alle Camere, indice le elezioni e i referendum, promulga le leggi, nomina i funzionari dello Stato, i presidenti delle Authority e del Cnel, comanda le forze armate, presiede il Csm e ne nomina il vicepresidente, puo' concedere la grazia, scioglie la camera, ma solo su richiesta del premier (o in caso di morte o dimissioni del primo ministro) o in caso di sfiducia.

    - IL PREMIER : E' la figura centrale del governo i cui poteri aumentano notevolmente e non ha piu' bisogno della fiducia della Camera per insediarsi (ma solo un voto sul programma) dal momento che la sua legittimazione avviene al momento dell'elezione che e' di fatto una elezione diretta. I candidati premier si collegano con i candidati alla Camera (oppure con una o piu' liste di candidati a deputati). Sulla base del risultato elettorale nomina premier il candidato della coalizione vincente. Il premier e' un vero capo del governo, determina (e non piu' dirige) la politica dell'esecutivo e ha il potere di nomina e revoca dei ministri e di sciogliere la Camera.

    - SFIDUCIA COSTRUTTIVA: Contro questa decisione i deputati della maggioranza possono presentare una mozione di sfiducia (sottoscritta almeno dalla maggioranza dei componenti la Camera) che deve indicare anche il nome del nuovo premier. Il nuovo primo ministro pero' dovra' incassare entro cinque giorni la fiducia della Camera sul suo programma.

    - NORMA ANTIRIBALTONE: Se la Camera vota la sfiducia al premier ma con l'apporto determinante dell'opposizione il premier si deve dimettere.

    - IL CSM: I giudici vengono eletti per i due terzi dai magistrati, per un sesto dalla Camera e per un sesto dal senato federale .

    - LA CORTE COSTITUZIONALE: I giudici che la compongono sono sempre 15 ma salgono da 5 a 7 quelli di nomina parlamentare: 4 ne nomina il Senato federale 4 e 3 la Camera). Il presidente della Repubblica ne nomina 4 (attualmente 5), 4 sono indicati dai magistrati. Per i tre anni successivi alla scadenza dell'incarico i giudici non potranno far parte del governo, del parlamento, ne' ricoprire incarichi di nomina governativa.

    - IL TIMING, RIFORMA A REGIME: Una parte della riforma entrera' in vigore subito dopo il referendum: eleggibilita' e immunita' dei parlamentari, eta' per il Quirinale, Authority (che entrano cosi' in Costituzione),federalismo, interesse nazionale. Una seconda parte andra' in vigore andra' in vigore solo a partire dal 2011: Senato federale, iter delle leggi, nuovi poteri del presidente della repubblica, premierato. Un'ultima parte della riforma andra' in vigore ancora piu' tardi, nel 2016 (5 anni dopo l'elezione del primo Senato Federale): riduzione dei parlamentari, eta' per essere eletti alla Camera, contestualita' tra elezione del Senato federale e dei consigli regionali.

    (fonte: ANSA)



    ""Voglio la devolution anche per la scuola. Gli insegnanti devono essere locali" [così dice il sindaco] Si diverte come un pazzo. Ogni tanto gli scappa di toccarsi ... " Beh, fermiamoci qui. Ho letto una parte del reportage dedicato dall’"Espresso" del 29 giugno 2000 a Giancarlo Gentilini, detto Genty, ruspante sindaco leghista di Treviso. C’è forse qualche incoerenza stilistica tra l’uso del forestierismo e la gestualità attribuita al sindaco, ma è un’incoerenza che, magari in modi diversi, si ripete in molti esponenti dell’attuale ceto politico. E comunque in tutti c’è un’irresistibile tendenza ad usare i forestierismi.

    Devolution è un caso piuttosto interessante. In inglese è dal 1765 che indica il passaggio di poteri o di autorità da una persona a un’altra, da un’istituzione all’altra. Ma fino a poco tempo fa non ha suscitato l’attenzione degli italiani. Nella nostra lingua esisteva devoluzione, ma solo come termine giuridico nel senso di ‘passaggio di uno o più diritti da una persona all’altra’ (che poi è la base anche del significato inglese).

    La storia cambia nel 1997, nel pieno delle rivendicazioni secessioniste bossiane. In quell’anno, nel corso della campagna elettorale inglese, Tony Blair promette (e più tardi, una volta eletto, mantiene) la devolution, cioè la cessione di alcuni poteri, alla Scozia.

    La parola trasmigra subito in Italia: la usano giornalisti, la usano politici di livello nazionale come Giulio Tremonti, che si richiama appunto al principio della devolution, e lo spiega così: "Cioè allo Stato devono essere lasciate cinque competenze essenziali, tutto il resto è oggetto di devoluzione ai privati e alle autonomie", la usano politici locali come il sindaco di Treviso. Che poi tutti quelli che parlano di devolution sappiano davvero di cosa parlano, è un’altra questione.

    Dalla citazione di Giulio Tremonti, che certamente sapeva di cosa parlava, emerge che è stata inizialmente utilizzata anche la forma adattata devoluzione (ho trovato, ad esempio, anche la locuzione "devoluzione alla padana", un po’ come una volta si sarebbe detto "via italiana alla devolution").

    Però è ben strana questa forma di passaggio di poteri dallo Stato a istituzioni locali, che viene rappresentata da un anglicismo (Claudio Gorlier ha addirittura definito devoluzione, con un’espressione che sembra provenire dal passato, "un orrendo anglismo"). Che ci sia una contraddizione, è difficile negarlo. Ma è una contraddizione tipica della nostra epoca, nella quale la tendenza è quella di avere da una parte un orizzonte europeo o internazionale, dall’altra un orizzonte locale. In devolution la forma della parola è internazionale, il significato indica il primato dell’istituzione locale.

    (fonte: paroleonline)



    Mentre il Paese va avanti con le primarie dell’Unione e i nuovi progetti di partito democratico, la maggioranza parlamentare, bloccata dai suoi anacronistici accordi interni, resta irrimediabilmente indietro. La maggioranza sempre più distante dalla gente, che ha visibilmente bocciato un assurdo e unilaterale progetto di legge elettorale, mostra uno stato confusionale assoluto nella conduzione dell’ordinaria agenda parlamentare, ma resta aggrappata al chiodo fisso della devolution: il ricatto della Lega pesa come un macigno.

    Oggi la Camera è di nuovo chiamata a pronunciarsi sulla riforma costituzionale. È la seconda lettura e si tratta, complessivamente, del quarto passaggio parlamentare (tre sono già stati impegnati dalla prima lettura). Secondo il dettato della Costituzione non sarà più possibile apportare emendamenti al testo, ma solo approvarlo o respingerlo in blocco. Il voto parlamentare finale dovrebbe avvenire dunque al Senato. Ma per diventare efficace la riforma, approvata dalla sola maggioranza, ha bisogno della conferma referendaria e questa, anche se posticipata, per paura, a dopo le elezioni del 2006, lascia pensare ad una solenne bocciatura. Quelle 4.311.149 persone sono solo un'avanguardia gioiosa del referendum!

    L'aspetto più sorprendente di questa c.d. riforma è il suo andamento intermittente (tipico dei fiumi carsici), rispettoso solo dei processi politici interni alla maggioranza e scrupolosamente attento ad evitare che dibattito nel Paese possa mai raggiungere un'intensità adeguata all'ampiezza, perlomeno quantitativa, del disegno proposto. Chi ha inteso in passato costruire una riforma organica della Costituzione diretta ad incidere in maniera rilevante sulla forma di stato e di governo ha sempre posto il progetto al centro del programma istituzionale della intera legislatura. È avvenuto in Italia con la Commissione bicamerale nel 1997/98, è successo nel passaggio dalla IV alla V Repubblica francese con il mandato al generale De Gaulle.

    Il calendario parlamentare di queste settimane, sfoltito delle cose serie che non interessano (e vengono spregiudicatamente abbandonate), è a dir poco impressionante, nella sua nervatura essenziale: legge elettorale, riforma costituzionale e legge (ex) Cirielli.

    Sembra incredibile ma il centrodestra anziché mascherarsi per presentarsi «in doppiopetto» agli elettori, ha scelto la strada opposta ed ha deciso paradossalmente di mostrare alla fine della legislatura una sintesi del suo più negativo repertorio. Nessuna considerazione verso il paese reale, in una sceneggiatura decisamente tragica. E a far le spese di questo disegno demolitorio è prima di tutte la nostra Costituzione.

    Per la verità una significativa demolizione dell'impalcatura costituzionale è già cominciata da tempo, attraverso l'approvazione di tutta una serie di leggi ordinarie che hanno apportato modifiche sostanziali a quella che è la costituzione vivente. La controriforma dell'ordinamento giudiziario e dell'informazione, con la legge Gasparri, la controriforma della scuola e dell'Università, la demolizione di alcuni diritti fondamentali in materia di lavoro, previdenza e sanità ed infine, come una ciliegina sulla torta, la devastante riforma elettorale. Sembra quasi che si proceda intenzionalmente su due livelli distinti: sul piano parlamentare, ad una riforma devastante della seconda parte della Costituzione, che certamente alla fine non passerà, ma, sul piano effettivo, si procede ad uno svuotamento sostanziale e sistematico dei principali istituti di garanzia e dei connotati fondanti dello stato sociale.

    Ma la parte più discutibile dell'intero progetto è costituita dalla devolution: termine mutuato atecnicamente dall'esperienza britannica, ma con ben pochi punti di contatto con quel modello e che, invece, sicuramente annienta la matrice federale, solidaristica e redistributiva della nostra Costituzione.

    Nella Carta costituzionale del '48, all'art. 119, 4, si prevedevano infatti, «contributi speciali» finalizzati alla «valorizzazione» del Mezzogiorno e delle Isole o di singole Regioni. Con la riforma del Titolo V si era poi generalizzata la clausola, istituendo - a fianco dei principi di cd. federalismo fiscale - il «fondo perequativo per i territori con minore capacità fiscale» (art. 119, terzo comma, Cost). Inoltre il testo del 2001 aveva disposto la destinazione di «risorse aggiuntive» e previsto «interventi speciali» per promuovere «la coesione e la solidarietà sociale» e «per rimuovere gli squilibri economici e sociali». Un interessamento costante del legislatore costituzionale verso fini solidaristici, in una realtà nazionale estremamente diversificata.

    Al contrario, la «devolution» mira direttamente, in nome (o meglio, con il pretesto) dell'autonomia regionale ad un abbandono dell'intervento di perequazione e di redistribuzione a tutto vantaggio delle zone «più ricche», lasciando di fatto al loro destino le zone più disagiate. Una ben singolare concezione dell'autonomia se si considera la contestuale soppressione della possibilità di ogni differenziazione regionale!
    Non si può, infine, sottovalutare, infine , il fatto (come ha spesso sottolineato il Censis nei suoi rapporti) che la percentuale tra entrate proprie e totale delle entrate regionali sia nettamente inferiore al sud rispetto al nord: ciò, naturalmente, comporta, una capacità di intervento molto minore delle realtà più deboli.

    Se si considera che il capitolo della sanità è il più gravoso per i bilanci regionali, si comprende come che il modello di una sanità completamente regionalizzata possa creare enormi difficoltà per le Regioni a minore capacità fiscale, tra l'altro, già penalizzate dal progressivo taglio dei trasferimenti dallo Stato che costituiscono una essenziale fonte di entrate.
    Alle spinte disgregatrici si unisce anche una irragionevolezza di fondo delle scelte operate nel testo in discussione. Invece di creare strumenti di collaborazione tra i diversi livelli di governo e procedure di raffreddamento delle controversie, si inseriscono nuove esclusività che non potrebbero operare se non nel senso di un aumento esponenziale del conflitto istituzionale tra centro e periferie. A ciò si risponde con la «riesumazione» dell'interesse nazionale, per altro nella formula davvero originale del sindacato da parte del Parlamento in seduta comune. Forse non ci si è accorti che il sindacato sull'interesse nazionale non fu mai attivato prima del 2001, figuriamoci cosa accadrebbe affidandolo all'improbabile mediazione del Parlamento in seduta comune.

    Ad arginare questo tentativo di folle disgregazione del Paese probabilmente non sarà sufficiente l'opposizione parlamentare, cui si aggiungono di tanto in tanto voci critiche dalle fila della stessa maggioranza. Sappiamo però che l'ultima parola spetta ai cittadini che con il voto referendario potranno riappropriarsi della loro sovranità e della loro Costituzione. Per tutti noi in ogni caso resterà forte un insegnamento: nella prossima legislatura non toccheremo la Costituzione, se non per renderne più forti le garanzie.

    (fonte: l'Unità)



    Ci risiamo. Con il passaggio alla Camera, riparte il treno della "devolution", in una confusione assordante. Strano destino quello della "devolution". Nessuno capisce che cos'è, eppure tutti sono disposti a morire (figurativamente) pro o contro di essa (vedi Balboni). La maggioranza la difende a spada tratta, ma non si sa esattamente cosa difenda, visto che l'interpretazione che ne offre dipende da chi ne parla. Per la Lega e una parte di Forza Italia, la devolution è la soluzione a tutti i problemi italiani. Per il resto della coalizione, al contrario, la devolution s'ha da fare perché non cambia niente. L'opposizione è invece concorde nell'affondare la riforma, perché, sostiene, spaccherebbe l'Italia. Tuttavia, lo fa con accenti così assurdamente centralistici da aprire il fianco a un'altra facile obiezione: se era così importante mantenere un ruolo centrale allo Stato, perché il centro-sinistra ha approvato una riforma costituzionale chiaramente federalista alla fine della precedente legislatura?

    Il risultato è una confusione senza precedenti. Al momento, in discussione alla Camera c'è il progetto di riforma costituzionale Bossi, già approvata in prima lettura al Senato senza emendamenti. Ma già se ne preannuncia un altro, all'esame del Consiglio dei ministri la prossima settimana, che dovrebbe intervenire sia sul vecchio testo della devolution che sull'attuale Titolo V. Pare che l'accordo politico interno alla maggioranza sia che la riforma Bossi passi alla Camera ancora senza emendamenti, così da dare al leader della Lega una bandiera politica da sventolare in campagna elettorale, per poi essere abbandonato a favore del nuovo testo dopo le elezioni regionali.

    Non basta. Sul tema c'è anche il Ddl La Loggia, approvato al Senato con voto bipartisan, che dà mandato al Governo entro un anno di definire i confini delle materie ad area concorrente tra Regioni e Stato, secondo il tracciato del Titolo V. Titolo V che nel frattempo, come abbiamo visto, potrebbe anche essere riformato, e dunque non è chiaro su cosa il Ddl La Loggia dovrebbe intervenire.

    In tutto questo pasticcio, non si parla mai di risorse da decentrare, senza le quali naturalmente tutta la discussione è pura retorica. Dei soldi, cioè della costruzione del federalismo fiscale, si dovrebbe occupare invece l'Alta commissione di studio, prevista dall'articolo 3 della Legge finanziaria per il 2003, che dovrebbe consegnare i risultati dei propri studi entro la fine di marzo 2003. Solo che di questa commissione, che doveva essere istituita entro gennaio 2003, non vi è ancora traccia. Nella confusione, si riaffaccia, per bocca del presidente della Camera il tema delle altre riforme costituzionali che dovrebbero accompagnare il federalismo (o la devolution, che dir si voglia). In particolare, si riparla di Senato delle regioni, un tema che richiederebbe ben altri approfondimenti (vedi Vassallo, Fabbrini).

    Ben più pericoloso per la tenuta della maggioranza è invece un altro federalismo, quello televisivo. Squillano le trombe di guerra, si parla di riforma dello Stato, ma lo spostamento di una rete Rai a Milano è percepito come molto più insidioso di tutto il resto messo assieme, a indicazione di dove si colloca veramente il potere secondo la nostra classe politica. E, allora, vale la pena di morire per Varese?



    La discussione appena ripresa, con la consueta virulenza leghista, sui temi della riforma istituzionale ci richiama ad una realtà che in molti finora hanno finto di ignorare.
    Il rischio di una paralisi del sistema, infatti, provocata dal conflitto inevitabile, sia politico che istituzionale, è reale e renderà ancora più gravi le possibili conseguenze in un contesto economico e sociale come quello attuale. L’idea che si era fatta strada di un possibile rallentamento nell’esame della proposta di Bossi, si è rivelata priva di fondamento alla luce di quanto la maggioranza ha deciso di fare in Senato. Ora, cosa è possibile realisticamente prevedere considerato ormai scontato, seppure con affanno, il varo del provvedimento in prima lettura?
    Da un punto di vista strettamente istituzionale c’è da attendersi una fase di acceso conflitto tra i vari livelli di sovranità, con un inevitabile appesantimento del contenzioso acceso presso la corte costituzionale, è realistico infatti, se non interverranno cambiamenti, immaginare una corte alle prese con carichi simili a quelli di un Tar. Si tratta ovviamente di iniziative provenienti da varie direzioni, lo Stato contro le Regioni e viceversa, i Comuni contro le Regioni e lo Stato solo per fare gli esempi più probabili. Sotto il profilo economico la questione “mezzogiorno” tenderà inevitabilmente ad assumere un connotato finora assente. Infatti, in passato si è discusso di quali terapie economiche o sociali applicare per superare il divario fra nord e sud, e in genere la politica si è articolata su questo, ora si tenta di introdurre in costituzione il principio delle due velocità. Si ammette in definitiva come un dato permanente il valore secondo il quale le differenze sono strutturali e come tali incolmabili. Di questo passo dopo la superiorità occidentale sulla cultura islamica, ci sarà quella padana sulla meridionale o sicula. La riforma sancisce per via costituzionale come l’Italia resterà un paese unito, ma con differenti diritti fondamentali di cittadinanza. Lo Stato non avrà più infatti, fra le altre, la missione di rimuovere gli ostacoli che limitano l’uguaglianza nel godimento dei diritti fondamentali per i cittadini residenti nelle diverse regioni. I fortunati resteranno tali e gli altri, o sapranno fare da soli , o sarà la provvidenza unita a qualche gemellaggio con alcune regioni più ricche ad aiutare la soluzione dei problemi.
    Le possibili conseguenze politiche sono tante e di diversa qualità, un pericolo avanza più inquietante di altri : la secessione questa volta voluta dai più poveri o se si preferisce dai meno ricchi. Infatti oltre l’ostruzionismo parlamentare , capace di arrivare fino a un certo punto, sarà assai probabile un moto di reazione spontaneo e incontrollato non appena si diffonderà il vero significato della riforma. Al sud infatti, per quale ragione dovrebbero supinamente sottostare al principio sotteso all’emendamento approvato in finanziaria, proposto dal leghista Pagliarini, secondo cui tutta la fiscalità resta ancorata al territorio che la produce ? Perché a quel punto non dovrebbe farsi avanti qualcuno che sostenga, con qualche ragione, per quale motivo si deve stare tutti sotto la stessa bandiera se poi la stessa non serve a garantire parità di cittadinanza?
    I lavoratori di Termini Imprese potrebbero tranquillamente vedere in una luce diversa le ragioni di fondo che motivano la chiusura di quello stabilimento e non di altri. E così di seguito per gli ospedali da chiudere, per il taglio delle risorse del reddito minimo di inserimento, per i tagli nella scuola e per tutti quei disagi nei servizi e nelle infrastrutture primarie, prevedibili a causa della politica economica prefigurata dall’attuale governo. In definitiva l’interrogativo dei prossimi mesi non sarà se è giusto fare l’ostruzionismo parlamentare , ma come evitare che le reazioni degli uni contro gli altri mandino in mille pezzi questo nostro sistema Paese. L’opposizione in Parlamento, per quanto aspra e determinata, se si ferma ai confini del palazzo e non riesce a trasmettere il senso del pericolo che si corre, non assolve in pieno il suo compito. Nel fare questo deve avere la capacità di parlare a tutti, per questo il linguaggio e gli argomenti non sono irrilevanti rispetto agli obiettivi. I cittadini del Sud, già elettori della casa delle libertà dovrebbero essere, oserei dire, i primi destinatari dell’azione di sensibilizzazione rispetto a queste questioni cruciali.
    L’opposizione combatte una battaglia per il Paese, perché sia riformato mantenendo il suo originale carattere coeso e unitario e soprattutto, perché gli italiani siano soggetti con diritti fondamentali eguali qualunque sia il luogo di nascita o di residenza. Il Nord più sviluppato, la sua popolazione impegnata sempre in prima linea nelle storiche battaglie di emancipazione e di democrazia , coglierà fino in fondo il senso dei nostri argomenti, rivolti come si è detto a non disperdere i traguardi raggiunti: l’Europa, l’euro, l’Italia coesa e unita nell’Unione che si allarga a Est .

    (fonte: dsonline)
     
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  2. Piras
     
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    In linea di massima sono favorevole anche se alcuni punti non mi convincono in pieno.
     
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  3. Pablo88
     
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    non leggerò mai tutta quella roba... qualche anima buona può riassumere?
     
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  5. Pablo88
     
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    mmm sarei tentato anche io ma non voglio buttare così il mio voto, preferisco saperne un po di più prima...
     
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  6. _Mac_
     
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  7. Merlino620
     
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    purtroppo la devolution è una di quelle questioni su cui sono meno documentato quindi x adesso non voto... però mac n ti smebra di aver scritto più del dovuto?

    insomma un suntino sarebbe stato più ke accettabile...

    insomma quoto pablo e aspetto prima di votare...
     
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  8. Kadrin O'Riley
     
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    Vabbè ragazzi, la parte più importante è la prima cmq, quella in cui si parla esattamente delle riforme che apporterà, leggetevi quella come ho fatto io intanto.
     
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  9. _Mac_
     
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    Ragazzi, leggete un quotidiano almeno una volta al mese (che non sia la Gazzetta), guardatevi un telegiornale ogni tanto (ne fanno a tutte le ore, davvero!). Ormai sono 5 anni che Bossi e la Lega Nord non parlano altro che di "devolution" (prima parlavano di "secessione") e ora sono 4 giorni che Camera e Senato sono alle prese con questa aberrazione. Spiegare in 2 parole la "devolution" sarebbe impossibile: qualsiasi mio tentativo di spiegazione sarebbe di parte.

    Definizione di DEVOLUTION:

    Il termine devolution viene usato in Italia per indicare il passaggio di attribuzione di poteri su talune materie (esempio: scuola, sanità) dallo stato agli enti locali.

    Lo scopo di questo passaggio è di attribuire i diritti e i doveri connessi alla gestione delle materie oggetto del processo di devolution ad organi dello stato più vicini ai cittadini che di tali diritti beneficiano.

    Nel 2001 è stato approvata un riforma della Costituzione Italiana che ha assegnato maggiori compiti alle regioni. Nella successiva legislatura è stato presentato un ampio disegno di legge di riforma della seconda parte della Costituzione, che, come si può leggere nell'apposita pagina del sito del Governo, "rimodula l’assetto delle attuali competenze legislative: da un lato, ritornano allo Stato alcune materie difficilmente frazionabili; dall’altro lato, si valorizza il ruolo delle autonomie regionali, attraverso l’attribuzione di competenze esclusive attinenti alla sanità, alla scuola ed alla sicurezza pubblica (devolution)."

    Le critiche mosse alla riforma attualmente in fase di approvazione riguardano la portata del decentramento. Attribuendo, secondo alcuni, troppi poteri agli enti locali, di fatto, si creerebbero differenze tra i cittadini per quanto riguarda i diritti da ciascuno goduti. I cittadini delle regioni più ricche ed efficienti finirebbero per godere di servizi migliori.



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  10. Pablo88
     
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    quindi io che sono in una città di merda me lo prendo nel culo rispetto a chi per esempio si trova a milano giusto?
     
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  11. _Mac_
     
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    http://www.salviamolacostituzione.it/index2.asp
    http://www.mclink.it/com/inform/art/05n062ao.htm
    http://www.didaweb.net/fuoriregistro/leggi.php?a=2800
    http://www.unita.it/index.asp?SEZIONE_COD=...&TOPIC_ID=41967


    Edited by _Mac_ - 22/10/2005, 00:57
     
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    Sono da sempre CONTRARISSIMO a qualsiasi decentramento ( o "devoluzione" termine che proprio non mi piace) di potere, pertanto sono veramente disgustato da quest'ultimo provvedimento del nostro amato governo...
     
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  13. _Mac_
     
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    CITAZIONE (Sergio O'Riley @ 22/10/2005, 02:55)
    Sono da sempre CONTRARISSIMO a qualsiasi decentramento ( o "devoluzione" termine che proprio non mi piace) di potere, pertanto sono veramente disgustato da quest'ultimo provvedimento del nostro amato governo...

    Ma allora esistono ancora giovani che leggono i giornali e si informano?! Forteeeeee....
     
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  14. mathley
     
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    fonte dsoline
    e alleghi pure la prima pagina de "Il manifesto"

    tradotto:
    anche se fosse interessante non lo leggerò mai perchè è "leggermente" di parte (un pò come andarsi a leggere gli articoli su tolkien di an)

    se magari postavi le tue opinioni era meglio
     
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  15. _Mac_
     
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    CITAZIONE (mathley @ 22/10/2005, 03:02)
    fonte dsoline
    e alleghi pure la prima pagina de "Il manifesto"

    tradotto:
    anche se fosse interessante non lo leggerò mai perchè è "leggermente" di parte (un pò come andarsi a leggere gli articoli su tolkien di an)

    se magari postavi le tue opinioni era meglio

    Beh, se tu invece leggessi cosa ho scritto, ti accorgeresti che sono stato il primo io a dire che sono di parte e che ciò che scrivo è di parte. L'ho ammesso io, per primo. E non me ne vergogno. Se l'Italia è ancora un paese democratico, dovrei essere libero di essere pubblicamente di parte. Sempre che tu non me lo voglia impedire.
    Credo tu sia abbastanza abile con il PC e internet per cercartele da solo le fonti e i documenti necessari a chiarirti le idee. E poi ti posso prestare 90 centesimi per acquistare un quotidiano e documentarti... Poi esiste anche la TV, con telegiornali e trasmissioni varie.
    Se non leggi non mi fai mica un dispetto, sai? Se non voti il sondaggio, a me non cambia la vita... farò a meno del tuo voto! Pazienza... vivo lo stesso...



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    CITAZIONE (_Mac_ @ 22/10/2005, 00:45)
    Spiegare in 2 parole la "devolution" sarebbe impossibile: qualsiasi mio tentativo di spiegazione sarebbe di parte.

     
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124 replies since 21/10/2005, 23:07   1026 views
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