«Non siamo qui per eradicare le specie selvatiche. Dobbiamo fare caccia selettiva». Beppe Armando risponde un po’ stizzito al cacciatore che chiede «ma ci sono troppe zone dove non si può cacciare. Come facciamo..».
L’argomento è la vendita della carne degli animali selvatici: si potrà fare in via sperimentale passando attraverso l’Asl To3. I cacciatori potranno cedere i cinghiali a un macello indicato dall’Asl, seguendo protocolli precisi di igiene e trasporto. Ovvio che più possibilità di caccia si avranno più il carniere, e quindi il portafoglio dei cacciatori aumenterà. Forse l’interlocutore di ieri cercava di capire quanto potersi «allargare».
Battute
Lo scambio di battute tra Armando e il cacciatore ha fatto sorridere persino l’assessore regionale all’agricoltura e alla caccia Claudio Sacchetto (Lega Nord), un po’ meno Gianluca Vignale, collega per i Parchi, e presidente della commissione caccia, molto «sensibile» al mondo venatorio, e di fatto un punto di riferimento per i cacciatori piemontesi. «In Alto Adige e nel Nord Europa il 25% della carne servita nelle scuole è di selvaggina - ha detto Vignale -, potremmo usarla anche in Piemonte, ha molte proprietà nutritive. Senza contare le forniture per gli agriturismi».
Agricoltori
Molto coinvolti gli agricoltori nella sperimentazione, che vedono nell’incentivo ai cacciatori una conseguente diminuzione di cinghiali e caprioli. Al tavolo insieme agli assessori regionali i vertici della Confederazione agricoltori Lodovico Actis Perinetto e Roberto Barbero che vedono in questa sperimentazione «una via per rendere sostenibile la presenza di questi animali».
Ogni anno la Regione investe centinaia di migliaia di euro per risarcire i danni dai cinghiali e dai caprioli, soprattutto. «La sfida - ha detto Perinetto - è di non piegare l’attività venatoria a fini di lucro». Anche se Armando ha sottolineato: «Ai cacciatori chiediamo molti soldi, per ogni capo abbiamo chiesto 20 euro. Adesso daremo indietro qualcosa». E la sensazione che la caccia si trasformi in un commercio c’è, tanto che i presidenti delle due associazioni venatorie Arcicaccia e Federcaccia hanno qualche dubbio. «Preferirei la filiera corta, cioè portare le carni vicino a dove si è cacciato», ha detto Mauro Vaccamorta di Arcicaccia, mentre Bruno Morena di Federcaccia: «Non sono d’accordo sul vantaggio economico personale dei cacciatori». I loro iscritti è probabile non la pensino così.