Mammut, dodo e piccioni si preparano a tornare tra noi

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    Mammut, dodo e piccioni si preparano a tornare tra noi



    Dagli Usa all’Italia i test di “de-estinzione”, ma ci sono ancora problemi tecnici e legali



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    Il mammut ha colonizzato le tundre dell’Eurasia: gli ultimi esemplari sono scomparsi intorno a 4500 anni fa



    gianna milano

    La selezione naturale non prevede deroghe: una specie evolve, si riproduce e sopravvive finché le condizioni ambientali non ne determinano l’estinzione. E una volta che ciò avviene indietro non si torna. Ora, però, gli scienziati cercano di invertire il processo, riportando in vita specie scomparse.

    L’esempio più recente è l’esperimento di un team australiano: è riuscito a far rivivere la rana ornitorinco (Rheobatracus silus), estinta 30 anni fa. Con la clonazione - che fece nascere nel 1996 la pecora Dolly - è stato trasferito il nucleo di cellule somatiche della rana estinta nelle uova di un’altra specie vivente di anfibio. Alcune di queste hanno proseguito nello sviluppo e hanno raggiunto il primo stadio embrionale. Obiettivo del «Lazarus Project» è «resuscitare» questa specie, che popolava le foreste del Queensland. E, a sentire gli scienziati della Università di South Wales, le difficoltà più che biologiche sarebbero tecniche.

    Sono ormai numerose le iniziative di «de-estinzione». Come nel caso dello stambecco dei Pirenei (o Bucardo), dichiarato estinto nel 2000. A uno degli ultimi esemplari erano state prelevate (e congelate) cellule della pelle e poi, utilizzando ovociti di capre domestiche, in cui è stato trasferito il genoma ricavato da quelle cellule epidermiche, si è provveduto a clonare l’animale. Il «baby» stambecco è sopravvissuto solo per poco, ma gli scienziati sono convinti che con questa tecnica si ovvierà al processo di impoverimento della biodiversità. E l’elenco dei candidati alla de-estinzione è già lungo. A cominciare dal mammut, che popolava l’Eurasia tra 4,8 milioni di anni fa e 4500, dal dodo, un possente uccello tropicale, e dal piccione migratore, scomparso nel 1914, e di cui si sta sequenziando il genoma. Intanto, negli Usa, la «Revive and Restore Foundation» si ripropone di riportare in vita la foca monaca del Mediterraneo, il parrocchetto della Carolina (un pappagallo dell’America settentrionale) e anche la tigre della Tasmania.

    «Le tecniche potranno ancora migliorare e una serie di problemi potranno essere aggirati, come quello della riprogrammazione del nucleo, quando l’uovo appartiene a una specie e il Dna a un’altra», spiega Pasqualino Loi, dell’Università di Teramo e componente del team che nel 2000 clonò alcuni mufloni in via di estinzione, sopravvissuti sei mesi. «L’incompleta riprogrammazione nucleare, infatti, è tra le cause delle anomalie che spesso impediscono lo sviluppo dei cloni prima della nascita». E ora le manipolazioni del Dna suggeriscono anche altri modi per far rivivere ciò che non esiste più, come il «breeding back», ovvero incroci a ritroso tra specie e sottospecie simili.

    Un esempio? Molte delle caratteristiche genetiche dell’uro (Bos primigenius primigenius), un bovino estinto nel 1627 e diffuso in Eurasia (lo si trova raffigurato nelle grotte di Lascaux e di Altamira), sono presenti oggi nei bovini domestici. «Così attraverso incroci successivi si potrebbe ricostituire un bovino con caratteristiche genetiche, somatiche e comportamentali il più possibile vicine a quelle dell’uro», dice Donato Matassino, del Consorzio per la sperimentazione, divulgazione e applicazione di biotecniche innovative di Benevento, coordinatore del «Progetto TaurOs». «Il Dna ricavato dal materiale osseo conservato ci ha permesso di produrre una mappa del genoma dell’uro e dovrebbe consentire di allevare animali quasi identici».

    Intanto, in Israele, è stata allestita una biobanca, una moderna Arca di Noè, dove sono conservate le cellule liofilizzate di specie in via di estinzione. I campioni provengono, tra l’altro, da gazzelle, asini somali e pecore barbery. «La tecnica è così semplice da sembrare improbabile: alla polverina liofilizzata di cellule somatiche si aggiunge acqua e queste si rivitalizzano. Il composto ottenuto si inietta in un ovocita, privato del nucleo, e questo dà luogo allo sviluppo dell’embrione della specie che si vuole riprodurre», spiega Loi, che ha pubblicato su «PloS» il primo lavoro che dimostra la possibilità di «resuscitare» cellule liofilizzate.

    Cresce, però, il dibattito: come potrebbero sopravvivere le specie estinte in condizioni ambientali diverse da quelle in cui erano vissute, le stesse che ne hanno determinato la scomparsa? E con quale criterio scegliere quali riportare in vita? E se le tecniche finissero per ottenere l’effetto opposto, facendo correre alle specie in pericolo rischi maggiori? Lo scorso maggio, alla Stanford University, scienziati, bioeticisti e ambientalisti hanno affrontato in una conferenza i risvolti legali ed etici della de-estinzione. Una delle preoccupazioni è che politici e opinione pubblica potrebbero considerare meno drammatico il fenomeno dell’impoverimento della biodiversità, se si disponesse di una tecnica standard per riportare in vita le specie estinte. Il rischio è che diventi un incentivo a non cambiare i nostri comportamenti sempre più distruttivi.

    Fonte: La Stampa
     
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    Intanto, in Israele, è stata allestita una biobanca, una moderna Arca di Noè, dove sono conservate le cellule liofilizzate di specie in via di estinzione.

    credo che questo sia l'aspetto più importante.
    Immagazzinare dati finché le tecniche non ci permetteranno di riportare in vita specie estinte a causa dell'uomo
     
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  3. the.hangman
     
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    non vedo l'ora di portare al guinzaglio il mio tenero triceratopo
     
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    CITAZIONE (the.hangman @ 30/5/2014, 17:55) 
    non vedo l'ora di portare al guinzaglio il mio tenero triceratopo

    io preferire un t-rex, sai, come autodifesa la sera
     
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  5. the.hangman
     
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    ma un t-rex dovresti addomesticarlo per non farti mangiare,un triceratopo essendo vegetariano non crea pericoli e il più delle volte aveva la meglio contro i predatori
     
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    CITAZIONE (the.hangman @ 3/6/2014, 09:59) 
    ma un t-rex dovresti addomesticarlo per non farti mangiare,un triceratopo essendo vegetariano non crea pericoli e il più delle volte aveva la meglio contro i predatori

    :pieroangela: :hihi:
     
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  7. the.hangman
     
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    si,lo ammetto,c'è il suo zampino
     
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    CITAZIONE (Shagrath82 @ 5/6/2014, 18:28) 

    :sisi:
     
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