L’angelo dei ricci: “Li curo nella mia casa ospedale”

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    Dio li fa, Chuck Norris li distrugge, Mc Gaiver li aggiusta

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    L’angelo dei ricci: “Li curo nella mia casa ospedale”

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    AMEDEA FRANCO
    NOVELLO (CUNEO)
    Cani, gatti, pesci? No ricci. In casa ne ha una sessantina. Sono ovunque: in cucina, in bagno, sotto il letto, e nelle altre stanze dell’abitazione. Sono sistemati in trasportini (come quelli dei gatti, ma più grandi). Arrivano da tutto il Nord Italia. Mani attente li hanno raccolti lungo la strada, ai margini di centri abitati, quasi sempre in condizioni disperate.


    Gli ospiti africani
    Anche la Forestale ha bussato alla porta della sua casa affacciata sulle colline di Langa: gli ha affidato due ricci africani, recuperati durante un sequestro nell’Albese. Altri telefonano. «Dottore ho trovato un riccio che sta male - la voce è di una bimba -. Delle persone lo volevano schiacciare con un fuoristrada, dicevano che tanto stava morendo. Allora mi sono messa davanti all’auto per proteggerlo. Ora glielo porto. Vengo con mamma e papà». Massimo Vacchetta è un veterinario con casa a pochi metri da quella del patron di Eataly, Oscar Farinetti. È diventato riferimento per chi trova un riccio ferito, malato, o «disabile». C’è chi lo chiama il «San Francesco dei ricci».

    Specializzato in bovini
    In realtà è specializzato in bovini. «Due anni fa un collega mi chiese un favore: “Faresti il turno stanotte nel mio ambulatorio? Fra i ricoverati c’è un riccio, è stato investito da un’auto».

    Era in una scatola delle scarpe, aveva 3 giorni e pesava 25 grammi. Seguii le indicazioni datemi ma il mattino dopo il riccio era peggiorato. Decisi di portarlo a casa, lo misi al caldo e iniziai a cercare freneticamente informazioni su internet. È iniziata così la mia avventura. Con Ninna, alimentata da una compassione infinita».

    Oggi Vacchetta è il responsabile del Centro recupero ricci «La Ninna», sezione Erinacei del Cras (Centro recupero animali selvatici) di Bernezzo, nel Cuneese: «Ogni anno in Italia 100 mila ricci vengono schiacciati dalle auto di notte. Poi ci sono le ferite provocate dai decespugliatori, dai lumachicidi e dall’aggressione da parte di altri animali. Basterebbe un po’ di attenzione per evitare a questi insettivori tanta sofferenza».

    Oltre 10 mila persone lo seguono su Facebook dove posta le disavventure dei suoi piccoli pazienti, vittime dell’incuria umana. E online è collegato ogni giorno con il Centro ricci di Aarhus in Danimarca, gestito dall’amica Dorthe Madsen, così come con l’esperto inglese Pat Morris.

    I costi delle cure
    Quanto costa curarli? «Tantissimo, se non fosse per la generosità delle persone, sarebbe impossibile andare avanti - spiega -. Un aiuto viene pure dalle adozioni a distanza. Si tratta di ricci che per nascita o in seguito a incidenti hanno subito dei danni cerebrali e quindi non sono più autonomi. Come Pallino che continua a girare in tondo, Lisa che ha bisogno di essere alimentata, i due gemellini di Trento, una meningite impedisce loro di stare in equilibrio. Camillo invece di zampe ne ha solo tre. Medicine, crocchette, terapie hanno un costo non indifferente. Alcuni mi fanno la battuta “tu salvi ricci, ma in Africa i bambini muoiono”. Io domando loro “e tu cosa fai per quei bambini?”».

    Le radiografie
    In oltre due anni Vacchetta ha curato oltre 150 ricci. La mortalità è stata meno del 10%. «Ora ho solo un microscopio e per lastre, ecografie devo rivolgermi agli studi dei colleghi. Con i volontari che mi aiutano nella gestione del centro stiamo lavorando a realizzare un pronto soccorso e una sala degenza nella stalla che si affaccia sul cortile di casa. Abbiamo però bisogno che qualcuno ci dia una mano a concretizzare il progetto. Ogni riccio per me è una battaglia da vincere».

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