Niente apericena, solo merenda sinoira

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    Dio li fa, Chuck Norris li distrugge, Mc Gaiver li aggiusta

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    Niente apericena, solo merenda sinoira

    merenda-sinoira


    Per favore non invitatemi a fare apericena, NON CI VERRO’ …

    Non è questione di dieta, è che io VOGLIO FARE SOLO MERENDA SINOIRA

    Cos’ è? Blasfemi e ignoranti…

    Chiedete a un torinese, un cuneese, un novarese, un alessandrino, un astigiano, comunque un uomo di campagna, di quando il tempo era ancora scandito dalle campane e dal lavoro. Il Piemonte dei romanzi di Fenoglio dove il fiasco di vino e un pezzo di pane, le bocce e la pallapugno erano il cuore dell’aggregazione sociale. A quei tempi, quando si lavorava fino a quando faceva scuro, verso le 18-19 ci si fermava per uno spuntino e per raccontarsi i fatti del giorno.

    Allora come oggi si parte dagli affettati: salame artigianale, pancetta, prosciutto e lardo alla campagnola. Si passa ai formaggi: Raschera, Bra, Toma di Langa e un pezzo di Castelmagno accompagnato da miele o Cugnà. La Cugnà è un mosto di vino insieme con nocciole, mele, pere e altri ingredienti fino a creare una sorta di marmellata unica e perfetta per accompagnare formaggi di particolare sapore e carattere.

    Il menu continua con le immancabili acciughe al verde e i tomini elettrici (formaggi accompagnati da peperoncino), un po’ di insalata russa, qualche frittatina, la salsiccia di Bra.

    Niente tartine ma pane fatto in caso o i grissini rubatà.

    Nel bicchiere si versa il vino che ognuno preferisce, ma io scelgo i rossi come Barbera, Bonarda, Barbaresco o Nebbiolo. Non certo il Barolo, troppo raffinato per la merenda sinoira che è rustica. Per i bianchi vada per l’ Arneis, il Gavi, l’ Erbaluce, l’ Alta Langa con le bollicine.

    Insomma, qualcosa di tipicamente piemontese dove la natura conviviale, il profumo e il sapore dei cibi e dei vini si fondono insieme per concludere la giornata con amici, risate e il gusto di stare insieme.

    Quindi niente apericena, ma MERENDA SINOIRA.

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    Madre, donna, lesbica. What else?

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    Culla Bianconera

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    cosa fighissima, ma ormai è difficile trovare locali che la propongano
     
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    E la merenda sinoira diventò apericena


    Dalla consuetudine contadina di sfamarsi nel tardo pomeriggio alla nuova movida che prevede il rimbalzo da un locale all’altro


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    Dalla «merenda sinoira» all’apericena: difficile fotografare meglio il passaggio da un Piemonte e da un’Italia contadina a una società post-moderna, dove l’obiettivo non è più sfamarsi ma stare insieme e soprattutto farsi vedere nei luoghi e dalle persone che contano. La «merenda sinoira» (espressione dialettale piemontese per indicare la merenda quasi cena) con due fette di salame, un uovo sodo, il tomino, la frittata, la lingua, o le acciughe al bagnet vert, ossia al bagnetto verde agliato, era appannaggio di chi lavorava la terra e si ristorava nel tardo pomeriggio dalle fatiche della giornata innaffiando tutto con un bicchiere di vino (stavo per scrivere «buon» bicchiere di vino ma va detto che talora il vino del contadino non lo era e anzi aveva un’acidità per noi oggi quasi insostenibile). Se vogliamo visualizzare la situazione pensiamo a film come Novecento di Bernardo Bertolucci o l’Albero degli zoccoli di Ermanno Olmi, vera e propria epopea del ‘900 contadino.

    L’apericena invece nasce con il nuovo millennio, ed è un fenomeno metropolitano che si è a poco a poco esteso anche in provincia, ma che dalla provincia ha anche ricevuto apporti non secondari. Affonda le sue radici nella Milano da bere Anni 80 (il film Yuppies di Carlo Vanzina del 1986 la fotografa molto bene) e nella Torino degli aperitivi Anni 60 («Appuntamento yes, appuntamento con Punt e Mes», recitava il celebre spot di quell’aperitivo di cui Armando Testa aveva creato il logo, oggi diventato anche una scultura alla stazione di Porta Susa a Torino). Molti fattori hanno portato ad affermarsi questo nuovo rito il cui nome non sarebbe dispiaciuto ai futuristi, funamboli del linguaggio: tra l’altro impossibile dimenticare che Depero, uno dei protagonisti del Movimento di Marinetti firmò negli Anni 30 le campagne pubblicitarie per la Campari, azienda oggi sulla cresta dell’onda anche grazie all’apericena.

    Lo spritz
    Movida e prosecco sono i due pilastri su cui si fonda l’apericena. Perché è proprio il popolo della movida ad averne permesso l’affermarsi: prima di rimbalzare da un locale all’altro, da un cinema a un concerto rock, invece di passare da casa o andare al ristorante per una vera e propria cena, è più facile fermarsi in uno dei tanti locali che tra pizzette, patatine, olive, insalate di riso, pasta fredda e quant’altro ti riempiono lo stomaco mentre con gli amici decidi cosa farai più tardi. Ma forse non ci sarebbe apericena se non ci fosse lo spritz, long drink ormai diffuso in tutta Italia (e non solo) dal Triveneto che l’ha visto nascere. La tradizione vuole che il nome derivi dall’usanza dei militari austriaci di allungare con acqua frizzante o seltz («spritzen» il verbo tedesco) i vini bianchi veneti che avevano una gradazione alta per chi era abituato a ubriacarsi con la birra. Com’è, come non è, lo spritz si afferma come matrimonio di un vino, in genere il prosecco, con un bitter (Aperol, Campari o Select) e una spruzzata di seltz. L’Aperol (azienda famosa per i suoi caroselli Anni 60 dove una persona fingeva di ricordarsi il nome dell’aperitivo dandosi un colpo in testa con lo slogan «A!, Aperol») ha saputo cavalcare l’onda celebrando lo spritz come bevanda della convivialità, dopo una giornata di lavoro in ufficio. C’è da dire che lo spritz ha anche un fascino cromatico e il giallo arancio è diventato l’elemento essenziale di molti spot che lo pubblicizzano. E grazie anche allo spritz il prosecco è diventato uno dei vini italiani più conosciuti e bevuti nel mondo. Molti preferiscono, soprattutto fuori dal Triveneto, accompagnare l’apericena con cocktail superalcolici. Di qui l’affermarsi del bartender, l’uomo che crea i cocktail, nuova figura sociale che ha sostituito quella arcaica del barman.

    Lo struscio
    L’apericena si è radicata presto nelle grandi città, ma c’è da dire che non è rimasta insensibile al suo fascino anche l’Italia dello «struscio», ossia quell’Italia di provincia che al Nord come (e soprattutto) al Sud vedeva nel tardo pomeriggio strade e piazze d affollarsi di tribù di giovani e meno giovani, disposti (non sempre però al Sud) a sacrificare la cena casalinga per rimanere con gli amici.

    fonte: La Stampa
     
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    Quando riapri topic già aperti da me (è successo 2 volte se non sbaglio) lascio perdere, ma stavolta hai riaperto un topic aperto da te :D

    https://ilbazar.forumcommunity.net/?t=58846098
     
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    ammazza, che occhio.
    Vabbé, questo è più sulle origini dell'apericena :hihi:
     
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4 replies since 7/5/2016, 22:07   66 views
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