Serie a 2019-2020

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    Dio li fa, Chuck Norris li distrugge, Mc Gaiver li aggiusta

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    Szczesny inguaia la Juve, poi un autogol e Pjanic firmano il colpo a Brescia

    Donnarumma dopo 4’ approfitta di una papera del polacco, poi la Signora reagisce e trova la seconda rimonta consecutiva dopo quella col Verona
    dal nostro inviato Fabiana Della Valle

    24 settembre - 22:55 - BRESCIA
    Buona la prima senza CR7, anche se non senza patemi. Come nella precedente partita contro il Verona, la Juventus va in svantaggio e poi rimonta, vincendo grazie a una rete di Pjanic e a un Dybala che gioca anche per gli altri. Tra nuovo modulo (4-3-1-2) giocatori stanchi e new entry, la Signora non brilla, però porta via i tre punti contro una squadra tosta e che ci prova fino alla fine.

    DOCCIA FREDDA E REAZIONE — Nel giorno del debutto di Mario Balotelli con la maglia del Brescia non segna il numero 45, ma il suo partner Donnarumma: bella l’azione di Tonali sulla sinistra, palla a Romulo che serve l’attaccante, che sorprende un titubante Szczesny. Partenza in salita per la Signora deronaldizzata, sotto dopo quattro minuti, che perde Danilo (sostituto da Cuadrado) per un problema muscolare un quarto d’ora dopo. Nel 4-3-1-2 disegnato da Sarri, con Ramsey trequartista e Rabiot mezzala sinistra al posto di Matuidi, brillano in pochi. Dybala prova a suonare la carica: suo il tiro ribattuto che diventa un assist per l’impreciso Rabiot (tiraccio alto), poi inventa un filtrante per Khedira, che sfiora il palo. La Juve attacca ma non è né lucida né cinica, il Brescia gioca bene, fa girare la palla con Tonali e a destra trova parecchi spazi grazie alle amnesie di Alex Sandro. Non a caso sfiora il 2-0 prima dell’intervallo con una punizione di Balotelli deviata da Szczesny. Però è la Signora ad agguantare il pari prima dell’intervallo grazie alla perseveranza di Dybala, che si procura l’angolo, lo batte in mezzo trovando la deviazione per l’autogol di Chancellor.

    PJANIC DI VITTORIA— Il numero 14 del Brescia si fa perdonare nel secondo tempo con un salvataggio miracoloso su Rabiot (meno stralunato nella ripresa) dopo una grande azione personale di Dybala, che continua a essere il migliore della Juve. Poco prima c’era stata un’ottima occasione per Higuian, poi un’altra ottima occasione per Dybala, fermato in angolo da Joronen. Il gol del vantaggio bianconero è in agguato e arriva dopo un fallo di Romulo su Dybala: punizione dell’argentino, sulla ribattuta della barriera c’è il gol di Pjanic, un destro bellissimo da vedere che non dà scampo a Joronen. Madama tira un sospiro di sollievo, ma non è finita: da brividi la parata di Szczesny su Martella. Balotelli resta in campo 90 minuti: la condizione deve crescere, ma quando tira è sempre pericoloso. Può dare tanto a un Brescia che è ben organizzato e ha voglia di lottare.
     
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    abbiamo fatto creare al Parma più occasioni gol in una partita di quante ne avrà in tutto il campionato
     
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    Petagna rialza la Spal: battuto 1-0 un Parma senza idee

    La squadra di Semplici ottiene tre punti pesanti in chiave salvezza, nonostante l'espulsione di Strefezza che la lascia in inferiorità numerica nei venti minuti finali
    dal nostro inviato Andrea Schianchi

    5 ottobre - 17:02 - FERRARA
    La vittoria del coraggio e della sofferenza. La Spal, in crisi di risultati (fino a ieri un solo successo e cinque sconfitte), si prende tutto il bottino (e con pieno merito) contro un Parma che si sveglia troppo tardi. A fare la differenza è il ritmo di gioco imposto dalla squadra di Semplici: il pallone viaggia velocemente tra i reparti e quelli del Parma non riescono mai ad accorciare e a rubare il tempo. È di Petagna il gol che vale i tre punti, ma questo è davvero un successo collettivo, perché la Spal, tutta la Spal, dimostra compattezza e spirito di sacrificio.

    STREFEZZA STILE DANI ALVES— Gioca soltanto la Spal nel primo tempo, e lo fa con buone idee e grande dispendio di energie. Sulla fasce laterali vince tutti i duelli, in mezzo al campo domina con il trio Missiroli-Valdifiori-Kurtic e, là davanti, Petagna e Floccari lavorano tantissimo in fase di pressing. Il Parma ci capisce poco o nulla, fatica a costruire la manovra e, soprattutto, si dimostra eccessivamente passivo di fronte all'assalto dell'avversario. Il gol di Petagna (minuto 31) nasce da un tiro "sporco" di Strefezza sul quale il centravanti è il più veloce a piombare. A proposito di Strefezza: pare Dani Alves, anche perché il Parma, in fase difensiva, se lo perde regolarmente. I tre attaccanti di D'Aversa non pervenuti per tutto il primo tempo: non un lampo, non un dribbling, non un tiro.

    ALL'ASSALTO— Nell'intervallo il Parma sostituisce uno spento Kulusevski con Scozzarella e poi, poco dopo, fuori anche Hernani (imbarazzante per lentezza) e dentro Sprocati. Ma è sempre la Spal a rendersi pericolosa con Floccari, Petagna e Strefezza. Poi, e siamo al 25' della ripresa, l'episodio che rischia di cambiare tutto: espulso Strefezza per doppia ammonizione (ingenua la simulazione in occasione del secondo giallo). Il Parma si butta all'assalto, D'Aversa inserisce anche Inglese passando al 4-2-4, ma al di là di un gol giustamente annullato a Gervinho (fuorigioco iniziale di Inglese) non riesce mai a sfondare il muro della Spal, dimostrando di avere poche idee in fase di costruzione della manovra.
     
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    Con Kumbulla Verona decolla! Samp nel baratro, Di Francesco ora trema

    L'Hellas vince 2-0 con gol del difensore in avvio e autogol di Murru nel finale. Blucerchiati meglio nel secondo tempo con l’ingresso di Rigoni e Caprari, ma la panchina del tecnico è a rischio
    dal nostro inviato G.B.Olivero

    5 ottobre - 19:57 - VERONA
    Un gol in apertura, un altro nel finale: così il Verona batte la Sampdoria e condanna Eusebio Di Francesco a un probabile esonero che nelle prossime ore il presidente Ferrero potrebbe certificare. Ma sia chiaro: la società e i giocatori hanno molte più responsabilità del tecnico. Il club ha costruito una squadra più debole rispetto allo scorso anno e non adatta alle idee del nuovo allenatore, i calciatori oggi non hanno lottato come era lecito aspettarsi vista la situazione in classifica. Il Verona ha approfittato della pessima condizione blucerchiata costruendo fin dai primi minuti una vittoria meritata.

    La partenza del Verona è decisa, quella della Samp al rallentatore. I gialloblù spingono, i blucerchiati arretrano. E al 9’ Juric può già festeggiare: corner di Veloso, Kumbulla sfrutta un blocco e stacca in modo splendido sul primo palo. Grave però l’errore del guardalinee Lombardo che non segnala un fuorigioco molto evidente di Stepinski nell’azione che porta al calcio d’angolo. Ci si attende una reazione della Sampdoria e invece i giocatori di Di Francesco sembrano confusi e anche poco reattivi. Quagliarella vaga alla ricerca di una palla giocabile, ma in realtà il capocannoniere dell’ultima Serie A appare anche poco coinvolto. Bonazzoli si impegna di più, arretra per aiutare i compagni a salire, ma è tutto vano perché non c’è profondità e solo Depaoli a destra ogni tanto riesce a superare un avversario e ad andare al cross. Quasi tutti i duelli individuali vengono vinti dai gialloblù, che controllano la situazione, battono sei angoli e nel recupero sfiorano il raddoppio con un bel tiro di Stepinski innescato da una grande iniziativa di Amrabat: bravo Audero a deviare la conclusione. La Samp va al al riposo senza un tiro in porta all’attivo. Nella ripresa i blucerchiati alzano ritmo e baricentro. Di Francesco inserisce Rigoni prima e Caprari poi, ma il primo tiro nello specchio arriva solo al 24’ proprio con Caprari che impegna Silvestri con un rasoterra insidioso. Al 29’ si vede per la prima volta Quagliarella che gira di testa un cross di Depaoli: ancora bravo Silvestri. Entra anche Gabbiadini, la Samp ci prova con il 4-3-3, ma al 36’ arriva la sentenza: Veloso batte una punizione verso la porta, Murru ci mette la testa e beffa Audero. Il Verona sale a 9 punti, la Samp resta ultima a quota 3.
     
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    Reina dall'inferno al paradiso: il Milan soffre, rimonta e torna a vincere

    Rossoblù avanti con Schone grazie alla papera del portiere spagnolo. Theo e Kessie - su rigore - ribaltano nella ripresa. Nel finale altro errore di Pepe che però si riscatta e para il tiro dal dischetto del danese
    Filippo Grimaldi


    5 ottobre - 22:50 - GENOVA
    Il Milan vince in rimonta a Genova, ribaltando nella ripresa lo svantaggio. Finisce 2-1 per i rossoneri a Marassi, dopo un'infinità di errori, casi arbitrali ed emozioni. Giampaolo perde Donnarumma prima del fischio d'inizio ed è costretto a mandare tra i pali Reina. Il portiere spagnolo risponde bene a Lerager, Ghiglione e Pajac, ma poco prima dell'intervallo la combina grossa: punizione forte e centrale di Schone, l'ex Napoli va per la presa, ma la palla gli scivola in rete. Il Genoa sfiora subito dopo il raddoppio con Romero (colpo di testa alto). La produzione rossonera in avanti si ferma a un paio di docili tentativi di Suso e un destro sballato di Kessie. Poco, troppo poco, nonostante Andreazzoli sia costretto a sostituire quasi subito Criscito per infortunio. All'intervallo Giampaolo inserisce Leao e Paquetà per Piatek e Calhanoglu e il Milan inizia in modo furioso la ripresa. I due nuovi entrati hanno un impatto eccezionale: Theo Hernandez pareggia subito (Radu imperfetto nell'occasione), poi il Var interviene per un fallo di mani di Biraschi in area rossoblù. Mariani va al monitor e concede il penalty ai rossoneri. Il difensore di casa viene espulso, Kessie non sbaglia dagli undici metri. In 10 il Genoa rischia lasciando spazio dietro, ma il Milan non chiude i conti con Leao (Radu chiude bene). E a 11' dalla fine, Calabria con un errore clamoroso in disimpegno si guadagna il secondo cartellino giallo e pareggia di nuovo il numero di giocatori in campo. Giampaolo sostituisce subito dopo Bonaventura con Conti. Al 90', però, l'imbucata di Pandev per Kouamé è fermata dall'uscita di Reina: per Mariani è ancora rigore, stavolta per i padroni di casa. Reina si riscatta parando il penalty di Schone e chiudendo un match pieno di colpi di scena.
     
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    Risultato troppo severo per il Genoa, che anche quando gioca bene non fa punti.
    Il Milan nel primo tempo è stato imbarazzante, noi coglioni perché un rigore del genere è inconcepibile concederlo
    (prima che qualcuno rompa, il rigore per noi era totalmente inventato ed è assurdo concedere simili rigori con il VAR a disposizione).
     
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    Milenkovic-gol, la Fiorentina non si ferma più. Anche l’Udinese k.o.

    Terza vittoria consecutiva per i viola, che passano con un colpo di testa del difensore. In attesa delle partite del pomeriggio Montella irrompe in zona-Europa. Annullato dalla Var un gol a Nestorovski, espulso Tudor
    Giovanni Sardelli

    6 ottobre - 14:31 - FIRENZE
    Non si ferma più la Fiorentina, giunta al terzo successo consecutivo ed in grado di allungare a cinque la striscia dei risultati positivi. E’ servito un balzo di Milenkovic per sfondare il muro dell’Udinese, in grado di reggere molto bene fino a venti minuti dal termine. Montella conferma la formazione capace di battere il Milan a San Siro con Ribery e Chiesa davanti senza una vera prima punta di ruolo. Di punte vere Tudor ne schiera addirittura due con Nestorovski a far coppia con Okaka. Dentro anche De Paul dopo la lunga squalifica.

    MATCH BLOCCATO— Udinese comunque molto chiusa, viola senza sbocchi offensivi e così la gara fila via senza emozioni eccetto un colpo di testa di Pezzella schiacciato e poi terminato alto. Al 34’ Nestoroski insacca da due metri sugli sviluppi di un corner, ma il pallone era finito al centravanti grazie al braccio di Opoku. Dopo il controllo Var, Prontera annulla giustamente. Lo stesso Nestorovski due minuti più tardi è abile a salvare sulla linea una girata di Castrovilli. Logico lo 0-0 all’intervallo

    SBLOCCATA— Nessun cambio, ma Viola più feroce nella ripresa. Dopo 10 minuti occasionissima per la Fiorentina con il retropassaggio sbagliato di Ekong che lancia in porta Chiesa, Musso si esalta e respinge. Tudor, prima di essere espulso per proteste, cambia davanti. Fuori Nestorovski, dentro Lasagna per sfruttare la velocità in contropiede. Montella risponde con Benassi per Badelj. La Fiorentina alza il ritmo ma non riesce a sfondare e così si affida ai calci piazzati. E proprio su corner passa con un gran colpo di testa di Milenkovic in anticipo su Okaka e Opoku. L’Udinese reagisce immediatamente con Lasagna lanciato in velocità, Dragowski è prodigioso nel deviare in angolo. I viola congelano il risultato grazie ad una prova maiuscola del terzetto difensivo e così la sosta sarà dolce per la squadra di Montella. Udinese discreta dietro ma poco propositiva davanti. Tattica che alla fine non ha pagato.
     
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    Torino e Napoli ci provano ma non segnano. E all'Olimpico finisce 0-0

    Primo tempo con netta prevalenza della squadra di Ancelotti, ma il tridente non punge come ci si aspetterebbe. I granata non soffrono particolarmente e chiudono senza soffrire
    Dal nostro inviato Mario Pagliara

    6 ottobre - 19:59 - TORINO
    Il Toro guarda negli occhi il Napoli e conquista un punto legittimato da un primo tempo votato all’attenzione e da una ripresa di personalità. Gli azzurri sono un’orchestra stonata, lontana parente della squadra brillante che ha steso il Liverpool in Champions. La squadra di Ancelotti rallenta e frena ancora, per Mazzarri invece è uno zero a zero tutto a colori. Ed è la prima volta dall’inizio del campionato che il suo Toro non subisce gol.

    LA GABBIA DI MAZZARRI — Il racconto della prima parte della gara non include né lo spettacolo né il bel gioco. Il merito, probabilmente, è soprattutto della capacità del Toro di far uscire continuamente il Napoli dalla partita. Nel primo tempo, funziona la gabbia costruita da Mazzarri per spegnere le fonti di gioco di Ancelotti: Walter imposta un Toro trasformista, che difende con il 4-4-1-1, con Laxalt nella posizione di terzino sinistro, Ansaldi alto a destra, Verdi dirottato sulla sinistra e Lukic più avanzato, praticamente incollato ad Allan. Quando invece il Toro deve costruire si rimodella in un 3-5-2, con Verdi che riconquista la posizione di campo alle spalle di Belotti. Manca all’appello De Silvestri, che non è nemmeno in panchina nonostante fosse convocato: l’esterno destro è stato fermato nella notte da un picco di febbre. Il Napoli parte con il 4-3-3, affidandosi al tridente tutto fantasia (Lozano-Mertens-Insigne), almeno sulla carta, che però si accende poco e non riesce ad incidere. La coppia centrale difensiva è composta da Luperto-Manolas, a sinistra gira Hysaj, si fa male subito e al suo posto subentra Ghoulam.

    INCIDENTI — Il Toro gioca 45’ di applicazione e di attesa, provando a colpire in contropiede; il canovaccio del Napoli è all’insegna del vorrei ma non posso. La squadra di Ancelotti non alza quasi mai il ritmo, Zielinski graffia poco (si evidenzia giusto per un tiro dalla distanza, al 23’, controllato da Sirigu), Fabian Ruiz prova a infondere la marcia in più ma non trova il conforto né di Lozano né di Allan e finisce per sbattere spesso contro la diga granata a centrocampo. Il primo squillo della gara, al decimo, lo firma proprio Ruiz, con una conclusione dalla distanza deviata in angolo da Sirigu. Poi, al quarto d’ora, Izzo sbaglia l’anticipo a centrocampo permettendo ad Insigne di scappare via ma Lyanco alla disperata riesce a smorzare il gesto tecnico a giro di Lorenzo. Sessanta secondi dopo, Zielinski scivola innescando Rincon che serve Verdi, ma il diagonale dell’ex non va a bersaglio. Intorno al 25’ sale la tensione tra i tifosi del Napoli e quelli del Toro presenti nella curva Primavera: un numeroso gruppo di tifosi azzurri scavalcano il divisorio tra il settore ospiti e la Primavera, facendo salire la tensione. Dentro lo stadio, comunque, al di là di una diffusa preoccupazione non si verifica nessun contatto, mentre è fuori dallo stadio che per un quarto d’ora circa vengono segnalati incidenti tra opposte tifoserie lungo via Filadelfia, con la polizia impegnata a sedare gli animi. Alla fine del primo tempo gli ultras rientrano dentro lo stadio nei rispettivi settori e torna la calma.

    MERTENS ED ANSALDI — In un primo tempo che non decolla, sono due le principali occasioni. La prima del Napoli, al minuto numero ventotto, quando Mertens prova un pallonetto che dà l’illusione del gol (palla fuori). La seconda piove al secondo e ultimo minuto di recupero, poco prima dell’intervallo, quando dagli sviluppi di un calcio di punizione Ansaldi lancia un siluro che esalta le qualità di Meret. Parata dall’alto indice di difficoltà.

    CALLEJON PIÙ LLORENTE — Nel primo quarto d’ora del secondo tempo non cambia di molto la filosofia generale della partita. Certo, il Toro è più combattivo e un po’ alla volta prova guadagnare campo, ma è sempre il Napoli ad avere il pallino senza però riuscire a sfondare la doppia linea, di difensori e centrocampisti, eretta da Mazzarri. All’undicesimo un contatto nell’area del Napoli tra Izzo e Ghoulam chiama in causa l’arbitro Doveri, che lascia correre. Scollinata l’ora di gioco, Ancelotti piazza la mossa Callejon, richiamando in panchina uno spento Lozano, e sei minuti dopo lancia nella mischa Llorente al posto di Insigne, ancora una volta incapace di lasciare il segno sulla serata. L’occasione più importante del Napoli cade proprio sulla testa di Llorente, centoventi secondi dopo essere entrato: cross di Di Lorenzo, Lyanco si perde lo spagnolo il cui colpo di testa a pochi passi da Sirigu è alto.

    IL RITORNO DI FALQUE — La risposta dalla panchina di Mazzarri sono i muscoli di Meité per uno stremato Baselli (partita la sua di grande corsa). Alla mezzora, anche il Toro ha la sua chance, affidata a una botta secca di Ansaldi, deviata da Luperto con una spalla in angolo. A dieci minuti dalla fine, l’arbitro Doveri conferma il suo metodo di condotta di gara facendo correre su un contatto, stavolta nell’area del Toro, ancora tra Ghoulam e Izzo. Llorrente ha almeno un paio di cross buoni per battere di testa, ma ci arriva sempre senza mordente. Nel finale Mazzarri fa appello alla freschezza di Aina e, soprattutto, al talento di Iago Falque (per Verdi, al 44’) che ritorna in campo dopo l’infortunio del 22 luglio contro il Debrecen. La voglia c’è, e si vede: Iago impiega venti secondi per arrivare alla conclusione. Non accade più nulla. È un pari giusto.
     
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    Sinfonia Juve a San Siro: Dybala e Higuain stendono l’Inter. E la Signora torna in testa

    Bella partita e successo meritato per la squadra di Sarri, che viene fuori alla distanza. Tre gol argentini: la Joya, Lautaro su rigore e il Pipita, appena entrato
    6 ottobre - 22:45 - MILANO
    Non ha tradito le attese la super-sfida tra Inter e Juventus. Finisce 2-1 per i bianconeri dopo un primo tempo bellissimo e una ripresa meno ricca di occasioni, che ha visto una prevalenza bianconera. Le reti sono state segnate da Dybala (grande palla di Pjanic) e da Lautaro su rigore (netto fallo di mano di De Ligt) nel primo tempo, da Higuain, entrato al posto di un deludente Bernardeschi. Nel finale, parata decisiva di Szczesny su Vecino
     
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    La Juve vola con Ronaldo e Pjanic ma al 94' è la traversa a condannare un bel Bologna

    A segno CR7, il Danilo rossoblù e il bosniaco, autore di un’altra grande partita. Santander in pieno recupero sfiora il pari. In attesa di Sassuolo-Inter, bianconeri a +4 sui nerazzurri
    dal nostro inviato Filippo Conticello

    19 ottobre - 22:39 - TORINO
    Ronaldo che scavalla la vertigine dei 700. Pjanic che, oltre a dare la carte, tira fuori anche l’asso. E la Juve che si conferma bella, sarriana e, soprattutto, prima. Questo Bologna di Mihajlovic in trasferta a Torino è pur sempre una squadra di ottima fattura e spaventa pure con la perla di Danilo e con la traversa finale di Santander, ma i bianconeri hanno ormai preso l’ascensore: al netto di pericolosi cali di tensione, stanno decisamente salendo di livello. Hanno perfino superato la vecchia legge della sosta: raramente si era vista una squadra così in palla dopo la pausa delle nazionale. Martedì arriva la Lokomotiv in Champions e, forse, bisognerà capitalizzare di più e rischiare meno nel finale.

    L’AVVIO— All’inizio l’applauso emozionato per il grande Sinisa, che da queste parti è stato sempre “nemico” ma poteva pure diventare allenatore, ha sciolto il cuore dell’Allianz. Questo stadio, però, ha un soltanto un sovrano, fresco di vetta hymalaiana raggiunta, omaggiato dal presidente Agnelli con una maglia metà bianca e metà nera con dietro il numero 700. Può sembrare impossibile, ma sono tanti i gol segnati da Cristiano in carriera. Anzi no, non fai neanche in tempo a celebrarlo che lui sposta i mirino: il portoghese ha segnato il numero 701. Oltre a Ronaldo, da notare però la novità più interessante nell’ormai solita architettura sarriana: al posto di Matuidi, Rabiot che un po’ fa il play aggiunto e un po’ si allarga.

    LA MANOVRA— Per il resto è la solita manovra armoniosa vista nelle ultime settimane, col pallone che guizza via veloce sul campo bagnato. Il Bologna di Mihajlovic “buca” soprattutto a destra dove alle spalle di Mbaye ha spazio Alex Sandro: da lì arrivano le azioni pericolose del primo tempo, anche se il gol arriva curiosamente da destra. Il tiro dell’1-0 di CR7 (errore di Skorupski) è affilatissimo, ma non quanto quello del Danilo bolognese, che in libera uscita dalla difesa pesca un incredibile destro qualche minuto dopo: è l’1-1 che beffa Buffon. Sull’azione si nota che è in ritardo nell’uscire Cuadrado: spingerà pure parecchio, ma nel nuovo ruolo di terzino deve ancora imparare certi movimenti. Il pari suona come una sveglia per i bolognesi che crescono in fiducia ed escono dal nascondiglio in cui la Juve li aveva messi. Così Palacio punzecchia un imperfetto De Ligt, l’ex Orsolini inizia ad accentrarsi e cadono palloni pericolosi nell’area bianconera.

    SECONDO TEMPO— Nella ripresa i bianconeri si riprendono subito la scena, portando più in alto il baricentro, pressando e aumentando la velocità dei triangoli. Certo, il gol del nuovo sorpasso arriva in un’azione buffa e confusa: errore in disimpegno di Soriano che riceve una palla imperfetta da Danilo, Orsolini e Poli inciampano sul pallone, palla a Ronaldo che in piena area tira in porta ma centra un avversario. Alla fine la sfera finisce a Pjanic che segna da due passi. Per il bosniaco il coronamento di una partita deliziosa, l’ennesima, da quando il nuovo tecnico gli ha dato le chiavi della macchina. Da quel momento piovono le occasioni per il tris, ma un po’ Skorupski e un po’ gli errori davanti negano ai bianconeri il gol della sicurezza. Per come hanno giocato, soprattutto nel secondo tempo, l’avrebbero pure meritato, mentre il Bologna a immagine e somiglianza di Sinisa ha confermato di aver tutto per stare dalle parti nobili della classifica. Anzi, può mangiarsi le mani per quell’ultima azione maledetta: quando l’arbitro fischia, trema ancora la traversa colpita di testa da Santander. E subito dopo è il numero 9 a tentare una rovesciata spettacolare: Buffon, stavolta, ci mette le mani e protegge il risultato. Pareva sicuro e, invece, poteva scivolare via.
     
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    Super Milik abbatte il Verona. E il Napoli torna a vincere

    Gli azzurri conquistano i 3 punti e guadagnano posizioni in classifica. Decidono il match due reti, le prime stagionali, del polacco schierato da Ancelotti dal primo minuto: una al 37’ su assist di Fabian Ruiz, l’altra al 67’ su punizione di Insigne. Nel finale palo di Mertens
    Mimmo Malfitano

    19 ottobre - 20:02 - NAPOLI
    Non è stato facile mettere sotto il Verona. Ma, alla fine, il Napoli c’è riuscito ritrovando la sua forza offensiva e, soprattutto i gol di Arek Milik: doppietta del polacco ed Hellas abbattuta 2-0. Primi gol stagionali per Milik che hanno aggiunto tre punti pesanti alla classifica e, in qualche modo, rilanciato l’ambizione scudetto. Onore agli sconfitti, comunque, perché la formazione di Juric avrebbe meritato qualcosina in più nel primo tempo. E se non l’ha ottenuta è stato soltanto per le prodezze di Alex Meret che ha parato l’impossibile, mascherando così il momento di grande confusione in cui erano piombati i suoi compagni.

    FUORI MERTENS — Carlo Ancelotti pensa anche alla gara di Champions League, a Salisburgo, mercoledì sera. Dal risultato di questa partita si potrà avere un’idea più chiara di quante possibilità abbia il Napoli di passare agli ottavi. E, dunque, l’allenatore tiene a riposo Dries Mertens e schiera Insigne al fianco di Milik. Nella linea di centrocampo, al posto del capitano, c’è Amin Younes. Novità anche in difesa, dove Di Lorenzo agisce a sinistra, mentre nel suo ruolo, a destra, c’è Malcuit. Ivan Juric, invece, chiede conferme al suo Verona che è in serie positiva da tre partite: quattro degli attuali nove punti in classifica, li ha conquistati in trasferta e, dunque, non avendo impegni europei, sia affida alla formazione titolare, con Stepinski al centro dell’attacco.

    SENZA TIMORE — Il Verona lascia subito intendere che non si arrenderà facilmente: non sarà un boccone semplice da buttare giù. Ed il Napoli comincia con l’insolito 4-2-3-1, archiviato dopo la sconfitta di Torino, contro la Juventus, alla seconda giornata. Insigne agisce da centrale nei tre alle spalle dell’unica punta, Milik. È proprio l’attaccante polacco che viene anticipato, in due tempi, da Silvestri sul cross di Malcuit (7’). Ed è sempre il portiere veneto a respingere una conclusione senza troppe pretese di Allan (8’). Da quel momento, il Napoli scompare, il Verona prende l’iniziativa e inizia a pressare a tutto campo, Juric ha preparato una gara che non contempla l’attesa: il Napoli va aggredito.

    PRODEZZE MERET — Dovrà considerarlo, Roberto Mancini, tra i portieri da portare al prossimo Europeo. Il giovane numero uno napoletano si merita l’apoteosi del San Paolo quando, al 18’ respinge di seguito le conclusioni di Lazovic, Pessina e Stepinski. E non è finita qui, perché appena due minuti più tardi, con i suoi in bambola, respinge coi piedi un gran tiro ravvicinato di Zaccagni. Il Napoli è spaventato dall’aggressività degli avversari, a centrocampo Veloso e Amrabat avviano le azioni per le incursioni di Lazovic, a sinistra, e di Faraoni a destra. E il Napoli? Sembra una squadra spaesata, senza un’anima. Ogni tanto, riemerge dal grigiore e prova a organizzare qualcosa di serio, ma con risultati improbabili. Tanto movimento tra le linee offensive, ma di conclusioni pericolose nemmeno a parlarne.

    RIECCO MILIK — Quando non concretizzi succede poi che vieni punito. Ed è quanto è successo al Verona: le imprecisioni sotto porta e le parate di Meret gli hanno impedito di segnare. Cosa che, invece, ha saputo fare il Napoli al 37’, quando Milik ha deviato in rete il cross basso di Fabian Ruiz dalla sinistra. Per il centravanti polacco è il primo centro stagionale, per lui una vera e propria liberazione. Il tempo si chiude coi veronesi all’attacco.

    SUPERIORITÀ — Emerge tutta nel secondo tempo, quando il, Napoli pressa con maggiore insistenza. Juric richiama Zaccagni e inserisce Salcedo (7’), mentre Silvestri deve distendersi per respingere la conclusione di destro di Fabian Ruiz. Lo stesso portiere veronese devia in angolo una conclusione ravvicinata di Younes (12’). Intanto, Juric provvede alla seconda sostituzione, inserendo Di Carmine al posto di un impalpabile Stepinski. Anche Ancelotti provvede a un cambio: dentro Zielinski e fuori Younes. Ed è proprio il centrocampista polacco che conquista la punizione dalla quale nasce il secondo gol di Milik: la battuta di Insigne viene deviata a volo dal centravanti. Per lui è doppietta. Il doppio svantaggio non abbatte il Verona che di tanto in tanto si presenta nell’area napoletana, con Salcedo (fuori di poco) e con un tiro dalla distanza di Faraoni che termina a lato. Poco dopo la mezz’ora c’è spazio pure per Mertens (colpisce il palo al 37’) che entra per sostituire Insigne: per il capitano c’è l’applauso del San Paolo. Lo stesso tripudio riservato a Milik a dieci minuti dalla fine, quando lascia il suo posto a Fernando Llorente.
     
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    Falsa partenza per Pioli, il Lecce riacciuffa il Milan al 92': finisce 2-2

    Al tecnico, all'esordio in rossonero, non bastano i gol di Calhanoglu e Piatek. Babacar e un tiro pazzesco del terzino impongono il pari
    Alessandra Bocci

    20 ottobre - 22:43 - MILANO
    Stefano Pioli parte con un solo punto. Il suo Milan si fa infatti riprendere dal Lecce a San Siro al 92'. Finisce 2-2 una gara dai due volti. La squadra rossonera parte forte e nel primo tempo crea diverse occasioni da gol, trovando il vantaggio con Calhanoglu al 20', dopo lancio di Biglia e bel destro del turco a sorprendere Gabriel sul primo palo. Non sembra esserci partita, ma nella ripresa il Milan frena un po' e il Lecce ne approfitta subito: mano di Conti, il Var corregge l'arbitro Pasqua ed è rigore per i salentini. Donnarumma para, ma Babacar al secondo tentativo insacca. È il 62' e i padroni di casa accusano il colpo, nonostante Calhanoglu colga un clamoroso palo direttamente su corner. Pioli si gioca la carta Piatek ed è proprio il bomber polacco all'81' a riportare avanti il Milan, sfruttando un super assist di Calhanoglu, migliore in campo per distacco. Il Lecce reagisce e al 92' un missile mancino di Calderoni dai 20 metri trafigge Donnarumma.
     
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    Ossigeno Djuricic, il Sassuolo respira. Solo pali per il Verona

    Primi punti in trasferta per De Zerbi, che ferma a tre la striscia di sconfitte di fila. Juric mastica amaro per i legni di Faraoni e Verre. Ben 10 ammoniti
    25 ottobre - 22:40 - MILANO
    Il Sassuolo torna a respirare, dopo oltre un mese di sole sconfitte. L'ossigeno di Roberto De Zerbi ha il volto di Filip Djuricic, match winner dell'anticipo della nona giornata di Serie A al Bentegodi contro un Verona volenteroso, ma fermato nella ripresa da ben due pali. Per i neroverdi sono i primi punti in trasferta in stagione e arrivano dopo tre k.o. consecutivi. È anche la prima vittoria senza patron Squinzi, morto il 2 ottobre. Raggiunto in classifica a quota 9 proprio l'Hellas, con una partita in meno, però, da recuperare contro il Brescia.

    LA PARTITA— Juric è senza il cervello del suo centrocampo, Miguel Veloso. Arretra così Pessina, con la coppia Zaccagni-Verre dietro all'unica punta Di Carmine. Per De Zerbi l'emergenza difesa continua: senza Ferrari, Chiriches, Tripaldelli e Rogerio, il tecnico neroverde lancia per la prima volta Romagna in mezzo con Marlon, spostando Peluso a sinistra e affidando a Toljan la fascia destra. Il consueto 4-3-3 è però più frequentemente un insolito 4-2-1-3, con Djuricic collante tra mediana e attacco, dove non c'è Caputo ma Defrel. L'inizio è di marca gialloblù, perché il Sassuolo fatica a trovare le distanze tra i reparti: al 7' Consigli copre bene il primo palo sull'incursione di Faraoni, due minuti dopo Di Carmine cicca la girata a due passi dalla porta dopo un bello spunto di Lazovic sulla sinistra. La partita è intensa, l'arbitro Pairetto comincia a sventolare cartellini gialli a destra e manca. Saranno ben 7 già al termine di un primo tempo in cui il Sassuolo pian piano prende ritmo e chiama Silvestri a tre parate importanti: una su Boga al 19' (egoista il franco-ivoriano a non appoggiare al centro per Defrel) e due su Berardi negli ultimi 10'. In mezzo, Consigli è bravo a respingere con i piedi su Amrabat al 40'. Insomma, portieri sugli scudi.

    RIPRESA— A inizio secondo tempo, subito un brivido per Consigli, che tocca di quel tanto che basta il diagonale di Faraoni per spingerlo contro il palo. L'Hellas assapora il vantaggio, ma al 5' va addirittura sotto: Boga serve Djuricic che stoppa e dai 20 metri fa partire una saetta all'incrocio. Stavolta Silvestri non ci può arrivare. Un minuto dopo, Verre col sinistro gira in porta, ma a Consigli battuto è ancora il palo a dire di no al Verona. La reazione dei padroni di casa è comunque apprezzabile. Al 10' lo scatenato Verre taglia tutto il campo, quindi consegna ad Amrabat un pallone d'oro, spedito maldestramente in curva dal centrocampista marocchino. De Zerbi capisce che un po' di equilibrio non guasterebbe, e allora fuori l'autore del gol Djuricic e dentro Obiang. Si torna al 4-3-3 vecchia scuola. L'Hellas trova così meno campo aperto davanti e nonostante la carica del Bentegodi, fatica da qui in poi a farsi vedere in avanti con pericolosità. Juric prova a sparigliare il mazzo con la carta Salcedo. È proprio il giovane attaccante ex Inter al 32' a innescare Pessina, ma il centrocampista gialloblù apre troppo il piatto e spreca tutto da distanza ravvicinata. È però una scintilla isolata. Anzi, al 90' è Duncan ad avere la chance del raddoppio, ma il suo tocco mancino sbatte sul palo. Sarebbe stato forse troppo per i padroni di casa.
     
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    Dybala non basta: Mancosu-gol e il Lecce frena la Juventus

    Partita decisa da due rigori trasformati a inizio ripresa. Palo di Bernardeschi. Primo punto in casa per Liverani
    Dal nostro inviato Filippo Conticello

    26 ottobre - 17:02 - LECCE
    Senza Cristiano Ronaldo la Juve si inceppa e adesso rischia il sorpasso dell’Inter. Non è bastato il rigore di Dybala, subito annullato da un altro tiro dal dischetto di Mancosu. L’inizio del primo tempo ha visto un Lecce brillante e qualche errore di troppo dei bianconeri, ma con il passare dei minuti la Juve ha preso il pieno controllo del match. Oltre a un gol annullato a Higuain per fuorigioco, ci sono state altre occasioni limpide per segnare. In particolare un tiro di Dybala miracolosamente deviato in angolo da Gabriel. Proteste juventine per un rigore non dato (contatto tra Tachtsidis ed Emre Can, Valeri ha fatto proseguire senza rivedere l’azione alla Var). A inizio ripresa i fuochi d’artificio. Juve in vantaggio con un rigore trasformato da Dybala tra le proteste dei salentini: il fallo di Petriccione su Pjanic era stato valutato in un primo momento come punizione dal limite, poi Valeri ha rivisto il contatto alla Var e ha cambiato idea. Quasi immediato il pareggio del Lecce, sempre su rigore, con Mancosu (tocco con un braccio di De Ligt in area). Palo di Bernardeschi.
     
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    Inter, che occasione persa: l’ex Karamoh fa male, col Parma è solo 2-2

    Non bastano i gol di Candreva e Lukaku: i nerazzurri restano dietro alla Juve in classifica
    Valerio Clari

    26 ottobre - 19:57 - MILANO
    Si è fatta vedere negli specchietti, ha provato a sfruttare la scia, ha cullato l’idea di un sorpasso fino all’ultima curva, poi ha dovuto alzare il piede dall’acceleratore. Niente da fare, manca la sgasata: l’Inter non sfrutta il “giro lento” della Juve e resta dietro. Ai box Conte si agita, ma le “strategie” permettono solo di rientrare sul Parma, lui sì velocissimo nel dritto, con i cavalli non solo di Gervinho, ma soprattutto di Karamoh. Un gol e un assist per l’ex, pareggiati da un gol e un assist per il soldato Candreva per il 2-2 finale. Lukaku infila la sesta (segnatura) e si conferma più concreto che bello a vedersi. Esposito sfiora il gol vittoria da predestinato, a cui fa seguire due errori che Conte non mancherà di fargli rivedere, per tenerlo coi piedi per terra. Il Parma si prende un punto meritato soprattutto in un primo tempo che è un capolavoro tattico.

    DOPPIO COLPO— “Il Parma è letale nelle ripartenze” aveva detto Conte alla vigilia. Saperlo evidentemente non basta, perché l’Inter passata in vantaggio con il solito “nuovo” Candreva (sviluppi di un angolo, tiro da fuori con deviazione di Dermaku) si fa rimontare prendendo due ribaltamenti improvvisi. Il primo, invece di bloccarlo, addirittura lo costruisce, con un retropassaggio di Brozovic a Godin (oggi centrale nella difesa a tre) intercettato da Karamoh. Il francesino mai esploso all’Inter si accende a San Siro, rientrando verso il centro e inventando un gran tiro a giro sul primo palo. Non è finita: quattro minuti dopo (siamo al 30’) ruba palla a Brozovic, salta Godin con un sombrero, attira Skriniar e poi scarica per Gervinho, che completa il ribaltone sul 2-1. Due gol che partono dal pomeriggio difficile di Brozovic, asfissiato da Kulusevski. Lo svedese classe 2000 in fase d’attacco è un po’ rifinitore e un po’ falso nueve (out Inglese e Cornelius), aprendo spazi alle due frecce, ma quando l’Inter ha la palla si incolla ad Epic. Quando va male rallenta la costruzione nerazzurra, quando va bene ci scappa la ripartenza. Il Parma al 45’ non è in vantaggio per caso, ha tirato verso la porta 10 volte.

    PRIMI PARI— L’Inter invece trova pochi spazi davanti, trova raramente Lautaro (un assist per Gagliardini, un colpo di testa, un rigore reclamato) e quasi mai Lukaku. La creatura di Conte pende a destra, attacca spesso dalla parte di Candreva. Gagliolo per un tempo regge, poi tutto il Parma dopo l’intervallo si trova di fronte un’Inter diversa. Il pacato discorsetto di Conte (facile immaginarselo così) funziona, perché i più anestetizzati si risvegliano. Barella cresce (una costante), Biraghi attacca (una novità), al 7’ arriva il pareggio. Azione arrembante e avvolgente, con Brozovic che dal centro trova Candreva in area: cross basso, controllo difficile e girata pronta di Lukaku per il 2-2. L’arbitro prima annulla per fuorigioco di Candreva, poi dopo lunga consultazione del Var convalida. Sembra l’inizio di una mareggiata, anche perché arriva subito un’altra ondata con Lautaro, invece la carica nerazzurra viene contenuta dal Parma, che ha tanti meriti, fra cui quello di scomporsi poco. Conte inserisce De Vrij per Godin (non felicissimo), poi Esposito per Lautaro (debutto in A per Seba) e Politano per Gagliardini. E’ il più giovane, con un tiro al volo a centimetri dal secondo palo, ad andare più vicino al gol del sorpasso, a Parma e Juve. Ma il finale con collezione di angoli non basta, D’Aversa trova a San Siro il primo pareggio stagionale, Conte il primo pari in campionato, la Juve resta davanti.
     
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