Serie A stagione 2023-24

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    Dio li fa, Chuck Norris li distrugge, Mc Gaiver li aggiusta

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    Il Milan non si ferma: 2-1 a Roma e primo posto da solo. Magia di Leao, debutta Lukaku

    Quarto gol in tre partite per Giroud, Rafa incanta con una rovesciata. Pioli a 9 punti, Mourinho a 1. A mezz'ora dalla fine rossoneri in 10 per il rosso a Tomori che salterà il derby. Di Spinazzola il gol per i giallorossi

    Andrea Pugliese
    1 settembre - ROMA
    Il Milan fa bottino pieno, la Roma resta ancora a bocca asciutta. Con Giroud e Leao che firmano la terza vittoria rossonera e la prima di Lukaku che non basta per rimettere il sorriso a Mourinho. Che la partita di fatto se la va a giocare solo nell’ultima mezzora, quando l’espulsione di Tomori cambia del tutto le carte in tavola. Fino a quel momento, infatti, non c’era stata partita, con il Milan assai più bravo della Roma in tutte le situazioni di gioco. Il gol finale di Spinazzola, poi, ha provato a ridare fiato alle speranze giallorosse, ma vanamente.

    DOMINIO ROSSONERO—
    Già senza Dybala, Mou deve rinunciare anche a Pellegrini, almeno inizialmente, out per un affaticamento muscolare. Lukaku invece c’è e va in panchina, anche per eccitare l’ambiente. Dall’altra parte, invece, Pioli conferma la squadra che ha iniziato facendo faville, tra Bologna e Torino. Ne nasce una partita gestita completamente dal Milan, che ha anche il vantaggio di passare subito con un rigore di Giroud (fallo netto di Rui Patricio sulla percussione di Loftus-Cheek). Mou applaude la terna arbitrale in modo polemico, Pioli lo zittisce con il dito e lui replica a gesti. Il fatto è che sulle fasce c’è un mismatch a tratti imbarazzante, con Celik che ha il mal di testa a forza di rincorrere Leao ed Hernandez e Zalewski che fatica spesso e volentieri su Pulisic. Anche perché la mossa di Pioli è quella di accentrare Calabria quasi da mediano aggiunto e di alzare il più possibile proprio Loftus-Cheeek, in modo di liberare la fascia per gli uno contro uno di Pulisic sullo stesso Zalewski. Mourinho, invece, ha predisposto un centrocampo più compatto con Paredes e Cristante, anche perché il baricentro è basso ed i metri da coprire per l’argentino sono meno che a Verona. Dopo 29’, però, il portoghese perde anche Aouar per un problema muscolare (dentro Pellegrini) e allora ne viene fuori una Roma mai aggressiva e mai propositiva, che tira per la prima volta in porta al 47’ (El Shaarawy fuori dal limite) e che chiude il primo tempo con il 30% di possesso palla e una sequenza di 9 tiri a uno per il Milan. Che la palla gol per raddoppiare ce l’aveva anche avuta, con Rui Patricio stavolta prodigioso su Pulisic da due passi. La squadra di Pioli palleggia bene e quando riesce va anche dentro, con Tomori e Thiaw dietro che lasciano le briciole a Belotti ed El Shaarawy.

    FIATO GIALLOROSSO— Neanche il tempo di ripartire che il Milan è sul 2-0: cross di Calabria e magia di Leao in acrobazia, complice anche la marcatura (eufemismo) imbarazzante di Celik. Poi Loftus-Cheek sfiora anche il 3-0, la Roma cerca una reazione di rabbia e dopo un po’ (16’) prova anche a dare una svolta alla partita, con il rosso (doppia ammonizione) di Tomori per fallo su Belotti. Va dentro Kalulu prima e Pobega poi, Mou risponde con Lukaku, Bove e Spinazzola. A dare equilibrio al Milan allora tocca a Pulisic, che si divide tra il ruolo di mezzala e di esterno alto finché ne ha per aiutare e dividersi nel doppio compito. Così ci prova prima El Shaarawy (parato), poi Lukaku (alto di poco) e infine Spinazzola (ancora alto), senza trovare mai il gol però. Pure perché nel frattempo Pioli ha messo dentro energia fresca con Okafor e Chukwueze, anche se l’inferiorità numerica si sente eccome. La reazione della Roma è però più rabbiosa che ragionata e di rabbia arriva anche il gol di Spinazzola, in pieno recupero, con deviazione decisiva di Kalulu. L’ultima speranza è un tiro di Zalewski deviato in angolo. Poi è festa rossonera.
     
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    Colpo Lazio a Napoli: magia di Luis Alberto e gol di Kamada, Garcia battuto

    Tricolori in affanno contro la squadra di Sarri molto ben organizzata: Osimhen a secco, per i campioni d'Italia rete di Zielinski. Nella ripresa annullati due gol a Zaccagni e Guendouzi
    Dal nostro inviato Stefano Cieri

    2 settembre - NAPOLI
    Colpo Lazio al Maradona. Come nello scorso campionato i biancocelesti superano i campioni d’Italia nel loro stadio al termine di una partita giocata maluccio nella prima mezzora, ma poi in maniera pressoché perfetta nella successiva ora di gioco. Due gol segnati (da Luis Alberto e Kamada), altri due fatti (da Zaccagni e Guendouzi) e annullati dal Var per fuorigioco di pochi centimetri e un gioco che torna ad essere sarriano. Così la Lazio è uscita dalla crisi (zero punti nelle prime due giornate). Si ferma invece a sorpresa il Napoli. La formazione di Garcia gioca molto bene nella prima frazione, ma ha il torto di concretizzare pochissimo rispetto a quanto costruisce. Ma a preoccupare di più sono le amnesie difensive che, contro una Lazio ordinata e determinata, ma non travolgente, risultano decisive.

    BOTTA E RISPOSTA—
    Il primo tempo comincia con il Napoli subito all’attacco e la Lazio fin troppo bassa. Atteggiamenti che sono figli dei risultati ottenuti dalle due squadre nelle prime partite di campionato. Il Napoli, a punteggio pieno, viaggia con il vento in poppa, la Lazio invece, ancora a zero punti, non è serena. La prima mezzora vede solo una squadra in campo, quella di casa. Che comanda il gioco, pur prendendosi qualche pausa. E produce occasioni da gol. Che non riesce a capitalizzare solo perché Provedel para da campione (su Zielinski e poi su Kvara) e perché più in generale i suoi attaccanti sono un po’ troppo precipitosi quando entrano in area. Così, come spesso succede nel calcio, è la Lazio a passare in vantaggio alla prima occasione, alla mezzora. Un gol che è un gioiello sia nella costruzione da parte di Felipe Anderson sia nella conclusione vincente (di tacco) di Luis Alberto. Ma il vantaggio degli ospiti dura solo due minuti. La reazione del Napoli è rabbiosa e su un tiro da fuori di Zielinski la doppia deviazione di Kamada e Romagnoli mette fuori causa Provedel: è 1-1. Il vantaggio, anche se effimero, sveglia però la Lazio che nell’ultimo quarto d’ora è più viva. E va vicina al secondo gol con un’azione personale di Felipe Anderson, sul cui tiro c’è il provvidenziale salvataggio di Juan Jesus. Ma anche il Napoli continua ad essere pericoloso. L’occasione per portarsi in vantaggio capita sui piedi di Olivera che, da ottima posizione, spara alto.

    DECIDE KAMADA— Il secondo tempo comincia sulla stesa falsariga dell’ultimo quarto d’ora della prima frazione. Il Napoli cerca di comandare il gioco, si rende pericoloso, ma c’è pure la Lazio. Così dopo un gran tiro di Zielinski su cui Provedel si supera ancora una volta è la squadra di Sarri a passare in vantaggio. Felipe Anderson soffia palla a Zielinski a metà campo, s’invola sulla fascia da dove mette al centro rasoterra. Velo di Luis Alberto e palla che finisce a Kamada che entra in area ed esplode un sinistro che fulmina Meret. Al 22’ la Lazio triplica con Zaccagni, ma il gol viene annullato dal Var per fuorigioco dello stesso attaccante. Tre minuti più tardi altro gol della Lazio, ma ancora una volta il Var lo annulla per un fuorigioco di Zaccagni (ritenuto attivo) prima del tiro vincente di Guendouzi. Il francese era entrato da pochi minuti al posto di Kamada. La Lazio accusa un po’ il colpo della doppia illusione che nel giro di pochi minuti si trasforma in beffa. Il Napoli cerca di sfruttare la situazione e si tuffa in avanti alla ricerca del pareggio. Che però non arriva perché la squadra di Garcia si disunisce e quella di Sarri cresce di tono.
     
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    Luvumbo illude Ranieri, poi c'è solo il Bologna. Cagliari ribaltato al 90'

    Il centrocampista ex Inter Fabbian trova il gol da 3 punti in extremis dopo il pareggio di Zirkzee: prima vittoria in campionato per i rossoblù di Motta

    Matteo Dalla Vite
    Giornalista
    2 settembre - MILANO
    San Giovanni? Ormai a Bologna lo chiameranno così. Nella coda di una gara giocata a calcio ma vissuta molto a inseguire il Cagliari andato in vantaggio dopo fuga con gol di Luvumbo, Giovanni Fabbian entrato da 3’ sfrutta un errore decisivo di Radunovic che su tiro di Kristiansen perde palla in presa quasi sicura. Quasi sì, perché il ragazzo acquistato dall’Inter – e che doveva essere la contropartita nell’affare Samardzic – ha sfruttato l’attimo e infilato il 2-1 dopo il pareggio di Zirkzee e un rigore stampato sulla traversa da Orsolini. Il Bologna, dopo la bella prova a casa-Juve e ancora sulla bocca di tutti per il rigore non dato a Ndoye da Di Bello, si prende i primi tre punti del campionato mentre il Cagliari resta con un pugno di mosche dopo aver sognato il colpaccio.

    VELENO LUVUMBO—
    Il Bologna di Motta si presenta con il debutto assoluto di Kristiansen e quello dal 1’ di Karlsson: sul mercato, intanto, Joaquin Sosa potrebbe andare alla Dinamo Zagabria e Barrow all’Al Taawooun in Arabia. Ranieri, che allenò Motta all’Inter per pochi mesi (2011) e che nel settembre di un anno fa fu in ballottaggio proprio con Thiago per il dopo-Sinisa, decide di affidarsi subito al Grande Acquisto d’estate Andrea Petagna con Luvumbo a fianco e il consueto 4-4-2 in cui l’esterno destro della terra di mezzo è Nandez, jolly d’esperienza. L’inizio (arbitra Orsato) è tutto del Bologna: Zirkzee è una sorta di regista offensivo, appoggia, smista, tiene palla, fa venire a sé la squadra; ma il primo acuto è di Karlsson – maglia numero 10 - che da sinistra si accentra fino a trovare lo spazio, botta di destro e pallone stampato sull'incrocio dei pali (6’). Il Cagliari assiste e riparte, il Bologna palleggia e controlla e muove i suoi uomini di mezzo: Ferguson è simbolo dell’universalità. Ranieri cerca di sganciare Luvumbo che attende l’errore altrui per poter scattare in contropiede, ma è ancora il Bologna a cercare la rete con Zirkzee. Invano. E’ solo questione di 7’, per la strategia di Ranieri: Beukema perde completamente Luvumbo che – su lancio di Wieteska - corre, scappa e infila in diagonale Skorupski. Vantaggio dei sardi alla prima occasione da gol dopo che il Bologna aveva provato inutilmente almeno tre volte. Il morso velenoso del caro contropiede di Sir Claudio.

    TIRO MANCINO— Dopo il vantaggio, è il Cagliari a impossessarsi del pallone: il Bologna s’infeltrisce, arretra, non trova più le giuste linee di passaggio davanti a un attento e rognoso dispositivo sardo. Il pertugio il Bologna lo trova al 30’: pallone in mezzo di Kristiansen, Karlsson è davanti a Radunovic, parata che sa di prodezza e bis del portiere serbo davanti alla conclusione (deviata) di Zirkzee due secondi dopo. Due paratone vere. Nella ripresa, Ranieri è costretto a cambiare Petagna (che rientra sulla panchina zoppicando: c’è Shomurodov) e Nandez con Di Pardo. Motta si tiene i suoi che ricominciano a mulinare calcio ma con troppa lentezza, quella che permette al Cagliari di compattarsi nei momenti in cui le linee (raramente) sono disunite. Quando succede, e siamo al 15’ s.t., parte l’azione bolognese: Zirkzee, Moro, Kristiansen e ancora l’olandese che con tiro mancino infila Radunovic sul primo palo. E’ 1-1 e il Bologna si rianima. Ranieri ne cambia altre tre dal 20’ al 25’ s.t., infila Oristanio, Azzi e Deiola; Motta risponde con Orsolini e Urbanski. La morale è che il Bologna si prende il rigore per braccio di Di Pardo su cross di Kristiansen: Orsolini lo calcia sulla traversa. Ma il Bologna non si butta via e continua a macinare. Al 45’ s.t., Kristiansen (il migliore) scocca un tiro lieve verso Radunovic che sembra andare in presa sicura: ma la palla sfugge e lì c’è Giovanni Fabbian. Che precede un altro gol di Zirkzee poi annullato per fuorigioco.
     
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    Quest'Inter fa paura: Thuram e Lautaro asfaltano la Fiorentina. Milan raggiunto in vetta

    Viola stanchi post Conference, nerazzurri devastanti. Nel primo tempo la sblocca il figlio di Lilian. Nella ripresa Martinez ne fa due e Calhanoglu segna su rigore. Inzaghi aggancia in testa i cugini rossoneri

    Andrea Ramazzotti
    3 settembre - MILANO
    Sarà un derby ad altissima quota quello di sabato 16 settembre. L'Inter ci arriva a punteggio pieno, al primo posto della classifica insieme al Milan, dopo il 4-0 alla Fiorentina. Comanda Milano, almeno per ora, e la sfida in programma tra due settimane definirà le prime gerarchie cittadine della stagione. Sarà il quinto derby del 2023 e il Diavolo, che ha perso i primi quattro, sarà avvelenato, a caccia di una rivincita. Il compito della squadra di Pioli, però, non si preannuncia facile perché gli uomini di Inzaghi stanno bene e hanno un Lautaro super. Il Toro, capitano e leader del gruppo, è alla seconda doppietta (5 gol complessivi) nelle prime tre giornate ed è il capocannoniere della Serie A (scavalcato Giroud). Da quando è in Italia Martinez non era mai partito così forte. E siccome si è sbloccato anche Thuram (una rete, un assist, un rigore procurato e un paio di occasioni facili non concretizzate), il presidente Zhang e gli altri dirigenti possono sorridere. Dopo aver passato gli esami Monza e Cagliari, l'ostacolo Fiorentina era il più alto finora, ma i nerazzurri lo saltano in agilità, quasi in scioltezza, offrendo una lezione di calcio che esalta San Siro. Viola demolita e capace di calciare nello specchio solo sul 3-0. Se non un allenamento, qualcosa di molto simile. L'Inter non vinceva tutte e tre le prime gare del campionato mantenendo la porta imbattuta dal 1966, un altro segnale importante in vista di un 2023-24 che i nerazzurri hanno iniziato con slancio, dimenticando il ko di Istanbul, in finale di Champions.

    GIOIA THURAM—
    Inzaghi va avanti con lo stesso undici che ha battuto il Monza e il Cagliari (rimandato l'esordio di Pavard in difesa); Italiano gli va dietro cambiando solo due pedine (Christensen e Beltran per Terracciano e Nzola) rispetto al playoff di ritorno di giovedì contro il Rapid Vienna. Il caldo e l'afa sono pressanti, ma il ritmo all'inizio non è estivo perché le due formazioni provano ad aggredire alte e a impedire la costruzione dal basso. I nerazzurri, grazie alle aperture e ai lanci di Calhanoglu, hanno una marcia in più anche se il primo tiro pericoloso è quello di Bonaventura (alto). I toscani non sembrano provati dalle fatiche di coppa e in mezzo al campo, nel primo quarto d'ora, con Arthur e Mandragora tengono bene. Con il passare dei minuti però l'ago della bilancia pende sempre più dalla parte dei padroni di casa. Thuram, alla caccia del primo gol in Serie A, ha parecchia voglia: prima spara alto dopo un bello slalom, poi di testa (in tuffo) scaraventa alle spalle di Christensen un cross capolavoro di Dimarco sul quale Biraghi osserva. San Siro esplode per il vantaggio e il coro della Nord ("Siam venuti fin qua, per vedere segnare Thuram") ha il sapore del definitivo addio al "traditore" Lukaku. Il figlio di Lilian potrebbe raddoppiare alla mezzora, ma da due passi, pressato da Mandragora, non trova lo specchio su cross di Bastoni. Lautaro giganteggia come regista offensivo e vince un duello dietro l'altro, così le occasioni per l'Inter si susseguono: Bastoni spara da fuori trovando la risposta del portiere danese e, sulla ribattuta, il Toro non inquadra il bersaglio. Prima dell'intervallo ci provano anche Calhanoglu, ma la sua botta su punizione sbatte sulle mani di Christensen, e di nuovo Thuram, che dilapida la seconda rete su traversone di Dumfries. L'1-0 all'intervallo va stretto ai vice campioni d'Europa che, pur lasciando il possesso agli avversari (56%), concedono ai viola appena due tiri, nessuno nello specchio.
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    VIOLA SPAZZATA VIA— A inizio ripresa Italiano ridisegna la sua formazione con Nzola e Sottil al posto di Beltran e Kouame: niente doppio centravanti e conferma del 4-2-3-1, ma con l'ex Spezia davanti la Viola ha più fisicità. A comandare il gioco però resta l'Inter che timbra il palo con Dumfries e vede negarsi il raddoppio da un intervento prodigioso di Christensen su Lautaro, ma poi trova il meritato 2-0 con una grande ripartenza orchestrata da Bastoni e Thuram prima della stilettata del Toro argentino. La Fiorentina cambia di nuovo, con Brekalo e Infantino per Bonaventura e Nico Gonzalez, ma ha ormai la testa sott'acqua e concede anche il 3-0. A sbagliare stavolta è Christensen che non trattiene una botta di Dimarco e per rimediare frana su Thuram: dagli undici metri Lautaro lascia la battuta a Calhanoglu che non sbaglia e chiude il conto. In vista del derby Inzaghi toglie il già ammonito Barella e pensa a gestire. Gli dà una mano anche Sommer che con due parate su Sottil mantiene inviolata la sua porta, mentre Thuram va di nuovo vicino alla seconda rete personale. Il tecnico nerazzurro dà respiro pure a Dumfries, Dimarco e Thuram gettando nella mischia Cuadrado, Carlos Augusto e Arnautovic, ma il Toro non è ancora sazio e, su cross di Cuadrado, scaraventa in porta il 4-0 facendo impazzire il Meazza. Italiano non si alza più dalla panchina, impietrito da un'Inter troppo forte. Il derby dopo la sosta dirà molte cose.
     
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    Torino, arriva la prima gioia: una perla di Radonjic al 95' piega il Genoa

    I granata spingono per tutto il match e vengono premiati dall'invenzione del serbo nel recupero

    3 settembre - MILANO
    Una perla di Radonjic al 95' dà la prima gioia al Torino che spinge per tutta la partita senza sfondare. Ci pensa invece il fantasista serbo che si invola sulla sinistra e poi scarica un diagonale su cui Martinez deve capitolare. Mastica amaro il Genoa che difende bene per tutto il match, ma poi non è esente da colpe nell'azione che decide il match. Vittoria meritata però per i granata che non hanno mai smesso di attaccare.
     
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    Brutta, brutta gara la nostra.
    Sempre in difesa e poi puniti alla fine. Girano ma non puoi sperare che col pulman davanti alla porta ti vada sempre bene
     
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    Non ci speravo più sinceramente.
    Una liberazione. Vittoria meritatissima
     
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    La Juve passa a Empoli con Danilo e Chiesa e resta in scia delle milanesi

    La squadra di Allegri centra il terzo risultato utile di fila e sale alle spalle di Milan e Inter. Errore dal dischetto di Vlahovic
    Dal nostro inviato Marco Guidi

    3 settembre - MILANO
    La Juve vince a Empoli 2-0 e resta in scia alla coppia di testa Inter e Milan. Stavolta non segna Vlahovic, che sbaglia pure un rigore, ma a trascinare al successo i bianconeri sono Danilo e Chiesa. Tanto basta contro l’unica squadra della Serie A ancora a quota zero punti e zero gol segnati.

    CAPITANO—
    Quattro cambi per Allegri rispetto al pari con il Bologna: Gatti per Alex Sandro, McKennie per Weah, Miretti per Fagioli e Kostic per Cambiaso. Zanetti, alla ricerca ancora del primo punto in campionato, rivoluziona il suo Empoli anche grazie agli innesti last minute del mercato: debutto in porta per Berisha e sulla fascia per Bereszynski, Walukiewicz al centro della difesa e davanti Cambiaghi di nuovo in prestito dall’Atalanta. Al 6’ primo squillo di Vlahovic, su torre di McKennie: Berisha para in due tempi. La Juve quando trova spazi dà l’impressione di poter far male, ma l’Empoli, con la distribuzione mai banale di Fazzini sul centro-destra, si fa piacere nella manovra. Al 17’, però, dopo un gol annullato giustamente a Danilo (carica su Berisha), è ancora Vlahovic a sfiorare il bersaglio grosso girando di poco a lato in torsione il bell’invito di Miretti. Le mischie sono il grande problema dei toscani e, infatti, è così che al 24’ la Juve sblocca la gara: da corner di Kostic, Bereszynski non riesce ad allontanare di testa, la palla si ferma a 5 metri dalla porta di Berisha e viene scagliata in rete da Danilo. Maglia numero 6, difensore e capitano, nel giorno dell’anniversario della morte di Gaetano Scirea… La Juve è avanti e ha anche le occasioni per chiudere la pratica già prima dell’intervallo. La più clamorosa al 39’, quando Vlahovic si presenta sul dischetto per il rigore fischiato da Ayroldi (contatto Maleh-Gatti), ma il serbo si fa ipnotizzare da Berisha.

    A SENSO UNICO— Anche la ripresa si apre con una chance enorme per il raddoppio bianconero. Gran palla di Miretti nello spazio per Chiesa, che solo davanti a Berisha va giù senza riuscire a calciare o saltare il portiere. L’ex Fiorentina prova a riscattarsi al 59’, dopo un bello spunto con tanto di tunnel a Walukiewicz, ma il piatto a tu per tu con Berisha è largo di un soffio. La Juve è in controllo, anche e soprattutto perché l’Empoli, nonostante gli sforzi, non sa proprio pungere. Zanetti ci prova con nuove energie: Grassi e Cancellieri per Fazzini e Baldanzi. Allegri risponde con Pogba per Miretti. Al 64’, si vede finalmente l’Empoli: bella combo sulla destra Marin-Bereszynski e sulla palla messa in mezzo Caputo prova la zampata, ma non trova la porta. Dall’altra parte, Pogba insacca al volo su sponda di Vlahovic, ma il serbo è in offside. Dusan lascia poi il posto a Milik, mentre Kostic a Cambiaso. Proprio l’ex Genoa e Bologna impegna ancora una volta Berisha con un tiro cross dalla sinistra al 77’. Cinque minuti dopo, la Juve finalmente raddoppia: difesa Empoli altissima, Milik lancia Chiesa che resiste al tentativo di fallo di Berisha e insacca a porta vuota. Secondo gol stagionale per il figlio d’Enrico e partita in ghiaccio, con Milik e Kean che per poco non partecipano alla festa nel recupero: traversa il primo, palo il secondo. Per oggi basta così…
     
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    Non ho visto nulla ma contento del risultato, ho letto i commenti...
    7 punti nelle prime 7 sono comunque la miglior partenza dell'allegri bis, anche se abbiamo affrontato Udinese Bologna e Empoli.

    Pensiamo agli obbiettivi realistici, arrivare fra le prime 4, il gioco con Allegri sarà sempre deficitario.
     
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    Vlahovic è una furia, a segno anche Chiesa: Lazio spazzata via, questa Juve fa paura

    A Torino i bianconeri vincono lo scontro diretto di alta classifica grazie alla doppietta del serbo. Non basta la perla di Luis Alberto, biancocelesti schiantati

    Filippo Cornacchia
    Giornalista
    16 settembre - TORINO
    La Juventus supera di slancio la Lazio (3-1) trascinata da Dusan Vlahovic (doppietta) e Federico Chiesa, applauditi dai quarantamila dell’Allianz Stadium all’uscita dal campo. I due attaccanti bianconeri continuano a segnare (4 reti in 4 giornate per il serbo, 3 per l’azzurro) e la squadra di Massimiliano Allegri prosegue spedita la marcia in campionato: 10 punti in 4 partite, primo successo in uno scontro diretto e grande pressione sulle due milanesi. Ripiomba nelle difficoltà, invece, la formazione di Sarri: dopo la vittoria di Napoli prima della sosta, un’altra sconfitta (la terza in quattro partite). E martedì c’è l’Atletico in Champions per i biancocelesti.

    JUVE AGGRESSIVA—
    Allegri ripropone la stessa formazione vittoriosa a Empoli, con l’unica eccezione di Szczesny al posto di Perin, e i bianconeri partono subito forte. Aggressivi e intensi in ogni zona del campo, al punto da intimidire la Lazio. Atteggiamento e supremazia territoriale premiati dopo appena dieci minuti quando Locatelli, in versione Nazionale, serve a centro area Vlahovic. Il serbo brucia Casale sul tempo e fredda Provedel con un destro di controbalzo. La squadra di Sarri prova a reagire con un gran tiro di Kamada. Più che un segnale di risveglio, una reazione isolata. È ancora la Juventus, infatti, a essere più pericolosa. Così prima della mezzora arriva il raddoppio di Chiesa, che finalizza un’azione insistita dei bianconeri con un bolide che fulmina Provedel.

    BOTTA E RISPOSTA— Partita chiusa? Niente affatto. La Juventus prova ad archiviarla a inizio ripresa, ma Provedel evita il 3-0 con un ottimo riflesso sul colpo di testa di Rabiot. E’ l’episodio che sveglia la Lazio. Da quel momento la squadra di Sarri guadagna campo e inizia ad attaccare con un altro spirito anche grazie all’inserimento di Rovella in regia. Dopo due occasioni sprecate da Kamada, che non trova mai il guizzo giusto in area, ci pensa Luis Alberto a riaprire la partita. Bremer e Cambiaso pasticciano sulla trequarti bianconera e lo spagnolo s’inventa un gioiello dei suoi, imprendibile per Szczesny. Neppure il tempo di esultare che nel giro di tre minuti (dal 24 s.t. al 27 s.t.) Vlahovic blinda vittoria e risultato capitalizzando al meglio un pregevole cambio di gioco di McKennie.
     
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    Delirio Inter: Milan asfaltato 5-1! Mkhitaryan e Thuram eroi di San Siro: Inzaghi da solo in vetta

    I nerazzurri dominano lo scontro diretto e si prendono anche la vetta solitaria della Serie A grazie alla prestazione di Thuram e alla doppietta dell'armeno. In gol anche Calhanoglu e Frattesi, illusoria la rete di Leao

    Andrea Ramazzotti
    16 settembre - MILANO
    L'Inter resta sola lassù, in testa alla classifica, con quattro vittorie nelle prime quattro giornate. Travolto il Milan con un 5-1 che non lascia dubbi: è il quinto derby di fila vinto (mai successo nella storia) in questo 2023 dai nerazzurri che fanno a fette la difesa avversaria con la doppietta di Mkhitaryan, la rete spettacolare di Thuram, il rigore dell'ex Calhanoglu e il sigillo finale di Frattesi. Inzaghi contro i cugini disegna un'altra partita perfetta, rinunciando al possesso palla, ma facendo malissimo negli spazi: il tecnico di Piacenza con le ripartenze vince di gran lunga il duello con il corregionale Pioli e adesso può arrivare all'esordio in Champions di mercoledì sul campo della Real Sociedad con l'animo più leggero, mentre il Diavolo, dopo una simile batosta, dovrà ritrovarsi psicologicamente in vista dell'arrivo del Newcastle a San Siro (martedì). Se nel primo pomeriggio la Juventus contro la Lazio aveva lanciato un messaggio in chiave scudetto, l'Inter ha risposto prontamente e ha fatto capire quanto voglia la seconda stella.

    LA SBLOCCA MKHI—
    Inzaghi rispetto alle prime tre uscite sceglie al centro della difesa Acerbi al posto di De Vrij, mentre Pioli schiera la stessa formazione (eccetto lo squalificato Tomori) che ha battuto Bologna, Torino e Roma. È il Milan a prendere in mano le redini del match con Calabria, che fa il centrocampista centrale (su di lui vanno Calhanoglu o Mkhitaryan) per liberare la fascia destra a Pulisic e permettere gli inserimenti di Loftus-Cheek. L'Inter è attenta, non pressa alto, ma alla prima occasione passa in vantaggio evidenziando il poco equilibrio tattico degli avversari: Thuram se ne va a destra, con Thiaw che cade a terra, traversone per Dimarco il cui tiro-cross viene messo in porta da Mkhitaryan, preferito a un Frattesi reduce dalla grande prestazione in Nazionale. Ancora una volta la mano (e la mossa vincente) di Inzaghi nel derby. Ancora un errore là dietro in una stracittadina dei rossoneri, in superiorità numerica ma incapaci di marcare l'ex centrocampista della Roma. I nerazzurri azzannano la partita, con una rabbia e una voglia pazzesche e il Diavolo soffre, traballa e per poco, ancora sull'asse formata dall'azzurro e dall'armeno, non arriva il raddoppio.

    SUPER MARCUS— Thuram a livello fisico è un fattore: Kjaer non lo tiene e la difesa rossonera soffre perché Calabria sta sempre in mezzo al campo e non è rapido a ripiegare sulla fascia che così resta scoperta. Gli uomini di Pioli tengono più il pallone; quelli di Inzaghi si abbassano fino al limite dell'area pur di non concedere spazi e poi ripartono. Leao non si vede perché è poco coinvolto e perché Dumfries e Darmian lo limitano bene, così ci vogliono gli "effetti speciali" di Hernandez per svegliare il Milan. L'esterno francese parte dalla sua metà campo e, dopo un triangolo con Giroud, salta tre avversari (Calhanoglu, Bastoni e Darmian) prima di concludere con il diagonale a lato di un soffio. Per i rossoneri è una scossa: per qualche minuto attaccano con parecchi uomini e l'Inter soffre, ma al primo contropiede nerazzurro, è 2-0. Lautaro innesca Dumfries che crossa per Thuram, palla troppo lunga che però il francese ha il tempo di andare a riprendere, di puntare Thiaw (manca il raddoppio di Calabria) e di segnare con un tiro all'incrocio che infiamma il Meazza. Prima dell'intervallo una punizione di Giroud finisce sopra la traversa e al momento del tè, il Diavolo ha nettamente più possesso (72%), ma è sotto come occasioni create (6-3) e ha impegnato una sola volta Sommer. Calabria avanzato a centrocampo, mossa giusta nelle precedenti giornate, stavolta non paga, anzi è un boomerang sulle ripartenze.
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    LEAO, POI SOLO INTER— Le due formazioni rientrano dagli spogliatoi senza cambi e anche il trend dell'incontro non cambia: il Milan ha il pallone, l'Inter si difende e aspetta il contropiede giusto. Pioli dopo 10' inserisce Chukwueze per Pulisic, ma è Leao, su un grande assist di Giroud, a beffare Darmian in velocità e a segnare a Sommer il primo gol da quando lo svizzero è in Italia. Il derby, che ora si gioca sotto una pioggia torrenziale, è di nuovo aperto anche perché Pioli abortisce, almeno in fase di non possesso, l'idea Calabria-centrocampista e usa con più frequenza la linea a quattro. Inzaghi capisce che c'è bisogno di forze fresche e, in un colpo solo, al 19', getta nella mischia Carlos Augusto, Frattesi e Arnautovic per Dimarco, Barella e Thuram. L'ex Monza con il destro impegna subito Maignan che respinge, ma la spinta dei nuovi entrati si sente visto che Arnautovic difende bene palla e Frattesi garantisce sostanza in mezzo. L'Inter segna di nuovo, dopo un cambio di gioco da destra a sinistra e un tocco di Lautaro Martinez per Mkhitaryan che firma la sua doppietta. Il Diavolo è sulle ginocchia e Pioli prova l'ultimo assalto con Jovic, Okafor e Florenzi per Giroud, Calabria e Reijnders, ma ormai non c'è più partita e Hernandez stende in area Lautaro regalando all'Inter il rigore del 4-1, trasformato dall'ex Calhanoglu. La Sud è ammutolita, la Nord irriverente canta Pioli is on fire e celebra i suoi beniamini che trovano anche il 5-1 con Frattesi. Per il Milan è una punizione pesantissima, mentre la capolista Inter vola sospinta dai suoi tifosi.
     
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    Dominio Genoa per un'ora, poi il Napoli pareggia con Raspadori e Politano

    Vantaggio del Grifone nel primo tempo al 40' con Bani, raddoppio di Retegui al 56'. Poi i due gol degli azzurri al 76' e 84'

    16 settembre - GENOVA
    Garcia riparte, ma che fatica. Non bastano i gol di Bani e Retegui al Genoa per superare un Napoli che si risveglia nel finale e in otto minuti, fra il 76’ e l'84', acciuffa il pari con una prodezza di Raspadori e un gol-capolavoro di Politano, evitando il secondo k.o. di fila. Sfuma così il sogno-vittoria della squadra di Gilardino, che conquista comunque un punto pesante al termine di una gara controllata a lungo. Il Genoa vira su inedito 4-4-1-1, con De Winter al debutto assoluto in maglia rossoblù, terzino destro con Martin preferito a Vasquez sulla corsia opposta. Sabelli avanza a centrocampo, in attacco Gudmundsson gioca alle spalle di Retegui. Il Napoli ha iniziato al Ferraris il suo tour de force (7 partite in 23 giorni): Garcia lascia Politano in panchina. In attacco nel tridente a destra parte Elmas, davanti a Meret torna Mario Rui dall’inizio, con Ostigard che affianca Juan Jesus al centro della difesa. Garcia parla di partita seria a Marassi per portarsi via la vittoria, memore della sconfitta in casa con la Lazio prima della sosta. Aveva promesso cambi rispetto proprio alla gara con la Lazio e così è stato. Garcia chiede un Napoli cinico, perché ha tirato tantissimo nelle prime gare ufficiali, ma ha segnato poco, con il digiuno di Kvara che durava da tredici partite e 946 minuti.

    RAGNATELA—
    L’avvio è a ritmi altissimi su entrambi i fronti. Dopo quattordici secondi Gudmundsson sgasa a sinistra e costringe Elmas al fallo: primo cartellino giallo della gara. Il Napoli risponde con Osimhen, ma Dragusin lo anticipa al momento del tiro. Riparte il Genoa, Sabelli sfonda sulla destra e l’islandese, sempre lui, spreca il pallone del possibile vantaggio, ma è fuorigioco. L’idea di Gilardino è chiara: reparti corti, difesa altissima, ritmo elevato, intensità in mezzo al campo e Napoli inevitabilmente frenato perché non riesce a sfruttare la sua qualità in mezzo per innescare il tridente, procedendo per linee orizzontali. Retegui è solo sul fronte d’attacco con Gud che fa l’elastico fra centrocampo e attacco. Il Napoli fatica in fase di costruzione, perché il Genoa tiene la difesa altissima e con i reparti così vicini la squadra di Garcia deve aspettare e patisce tanto vigore. Mario Rui non è preciso sulle discese di Sabelli, ma in generale la mediana di Garcia è prevedibile. Osimhen non pervenuto, prova a sfruttare le sue accelerazioni, ma Bani e Dragusin ne bloccano i rifornimenti. Al 39’ Retegui costringe Meret in angolo e sugli sviluppi del corner battuto da Gudmundsson, De Winter esce dal blocco di Anguissa, allunga per Bani che sottoporta batte Meret e appoggia in rete. Il check var convalida la rete, non c’è fuorigioco.

    RISVEGLIO— Dopo l’intervallo Garcia mette dentro Politano (fuori Elmas), cercando profondità sulla corsia di destra, ma il canovaccio sino alla mezz’ora non cambia. Il Genoa sfrutta le lacune debolezze di un Napoli che si conferma troppo prevedibile. Lo aspetta, ne frena il vigore e riparte con contropiedi micidiali. E all’11’ arriva il raddoppio genoano con Retegui, che trova l’angolino alla destra di Meret su assist di Strootman, ma che errore Di Lorenzo e Mario Rui. Napoli in affanno, Garcia prova Olivera e Raspadori (fuori Mario Rui e Anguissa), Garcia passa al 4-4-2, ma i due gol di vantaggio aumentano le certezze del Genoa e il Napoli non riesce a muoversi con lucidità. C’è vigore, ma non la necessaria lucidità. Serve un’invenzione e arriva allora con il gran sinistro di Raspadori servito da Cajuste. Gli ospiti accorciano e poco dopo dalla destra Politano – assist di Zielinski – sorprende Martinez con una conclusione al volo. Due a due, il Napoli riparte, il Genoa chiude fra i rimpianti.
     
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    Un po' di rammarico c'è per la rimonta subita, ma abbiamo pur sempre fatto un punto pesante.
    Speriamo di iniziare a vincerne un po' contro le dirette concorrenti per la salvezza
     
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    La Fiorentina vince in rimonta con Kouamè: l'errore di Adopo condanna l'Atalanta

    Per la Viola a segno anche Bonaventura e Martinez Quarta. Nella Dea in rete Koopmeiners e Lookman. Italiano torna a vincere dopo un punto nelle ultime due gare

    Dal nostro inviato Andrea Elefante
    17 settembre - FIRENZE
    Una vittoria per uscire da un’impasse da un punto nelle ultime due partite: la Viola respira, riparte e scavalca in classifica la rivale a quota 7 punti. Una sconfitta per sue distrazioni, errori e colpe soprattutto difensivi: l’Atalanta riflette e frena di nuovo in trasferta - come a Frosinone - un terreno che un tempo era soprattutto di conquista. Finisce 3-2 alla fine di una partita bella nelle sue imperfezioni, condizionata dal caldo appiccicoso di Firenze, che alla fine ha premiato chi ha avuto più lucidità, o meno cadute di tensione, quando la stanchezza ha avuto il sopravvento. E La Fiorentina, alla distanza, ha avuto forse più resistenza, più carattere e più contributo dai suoi uomini offensivi: stavolta Gasoperini ha avuto poco, troppo poco, da De Ketelaere e il subentrato Scamacca e alla fine ha pagato.

    LE SCELTE—
    Molte sorprese nell’undici scelto da Italiano: Parisi vince il ballottaggio con Biraghi per il posto da laterale sinistro, meno prevedibili le rinunce a Ranieri al centro della difesa (gioca Martinez Quarta assieme a Milenkovic) e ad Arthur in cabina di regia: la coppia davanti alla difesa è formata da Duncan e Mandragora, con Brekalo preferito a Kouamé e a Sottil per completare la linea a tre - con Nico Gonzalez e Bonaventura - alle spalle di Nzola. Dunque Italiano punta sia su Milenkovic che su Gonzalez, nonostante gli impegni in nazionale. Gasperini fa debuttare Carnesecchi in porta (anche Musso arriva dal viaggio oltre oceano per l’impegno con l’Argentina) e ripropone Toloi in difesa, assieme a Scalvini e Kolasinac: Djimsiti in panchina dopo tre gare da titolare. L’altro dubbio è risolto a favore di Lookman, con Scamacca destinato a entrare in corsa. Dunque una Dea senza centravanti di ruolo: davanti Koopmeiners gioca trequartista, con il nigeriano e De Ketelaere attaccanti larghi.

    PRIMO TEMPO— Per quasi mezzora c’è quasi solo Atalanta: la Fiorentina è come anestetizzata, gioca sotto ritmo, fatica a salire perché Nzola è cancellato da Scalvini, Bonaventura è schermato bene da De Roon e Brekalo fatica ad entrare in partita. Il più pericoloso è Nico Gonzalez, ma è troppo solo e troppo isolato. Anche l’Atalanta ci mette un po’ a carburare, ma poi prende in mano la partita. Le mancano le illuminazioni di De Ketelaere che spesso sbaglia l’ultima giocata, Lookman cresce solo alla distanza, ma sulle fasce la Dea attacca con continuità e il moto perpetuo di Koopmeiners sgrana le linee viola. Proprio da un cambio gioco dell’olandese su Zappacosta nasce la prima chance nerazzurra, con doppia conclusione dell’esterno, la seconda deviata sopra la traversa da Terracciano. Il gol è maturo e lo segna, su assist da sinistra di De Roon, lo stesso Koopmeiners, con un sinistro angolato e agevolato dal controllo morbido di Parisi. L’Atalanta gestisce senza problemi, ma ha il torto di non affondare il colpo. E dunque di risvegliare la Fiorentina, che con il passare dei minuti prende campo e si ritrova definitivamente rivitalizzata al minuto 35. Il gol dell’1-1 arriva quasi inatteso, su punizione guadagnata da Gonzalez e calciata da Mandragora: è l’argentino a servire di testa l’assist per Bonaventura, che troppo solo in area aggancia e segna con un gran destro. L’inerzia della gara cambia all’improvviso, ora è l’Atalanta a sembrare quasi ipnotizzata: al 39’ serve Carnesecchi a respingere il possibile 2-1 di Quarta, che arriva 7’ dopo. Un cross dalla sinistra di Duncan trova l’argentino al centro dell’area, in anticipo su Scalvini che non gli impedisce lo stacco di testa decisivo. E’ il quinto gol di testa realizzato dalla Viola in questo avvio di campionato.

    SECONDO TEMPO— L’Atalanta aggredisce bene la ripresa e trova il gol dopo 8’. Lo fa con Lookman, che già in avvio di tempo aveva avuto la chance per segnare, cincischiando troppo prima di provare la conclusione e poi sbagliando un rigore in movimento, senza rimpianti perché il passaggio di Koopmeiners era arrivato quando il pallone aveva oltrepassato la linea di fondo. Ancora un assist di De Roon e il nigeriano ha colpito sul primo palo, con parziale complicità di Terracciano. Ma la Viola non patisce il colpo, anche perché l’Atalanta non trova la forza di chiudere il discorso. Aveva già rischiato prima del pareggio per un sinistro di Nico Gonzalez non lontano dal palo, lo fa di nuovo al 16’, quando Ruggeri non si capisce con Kolasinac e ancora l’argentino ha la palla del 3-2, ma la mette fuori con Carnesecchi che gli chiude bene lo specchio. Ancora il portiere della Dea decisivo al 28’, quando stende la manona su tiro velenoso di Brekalo, ma non può nulla nell’azione chiave, quella del definitivo vantaggio viola. L’azione parte da una palla persa da Adopo, appena entrato per Koopmeiners, proseguita da una percussione di Beltran e da un radente in area di Brekalo. Adopo è ancora incerto, la palla balla fra Ederson, che non interviene, e Kolasinac e in agguato c’è Kouame, il più veloce di tutti a punire un’altra incertezza della retroguardia del Gasp.
     
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    Come corre il Torino: super Radonjic abbatte la Salernitana
    Dal nostro inviato Mario Pagliara

    18 Settembre - SALERNO
    Gara a senso unico, con la squadra di Juric che domina sin dall'inizio e segna prima con Buongiorno e poi due volte col serbo che si vede annullare anche una rete per fuorigioco
    Tempo di lettura: 4 minuti


    A Salerno si è sbloccato il campionato del Toro: demolisce la Salernitana con un 3-0 maturato dopo appena cinquanta minuti. E il Toro ora prende l’ascensore in classifica: questa notte, la squadra di Juric si addormenta al quinto posto in condominio con il Napoli, il Frosinone e la Fiorentina. Domenica ospiterà la Roma, che affronterà guardandola dall’alto forte dei tre punti di vantaggio. Oltre il risultato e il gioco, migliorato nettamente nella ripresa, Juric ha ritrovato un Radonjic superlativo: segna una doppietta (e il terzo gli viene annullato per fuorigioco) dopo lo splendido gol che prima della sosta aveva messo k.o. il Genoa. Sousa, invece, riparte dopo la sosta con un mucchio di problemi in più: la prima vittoria stagionale non arriva (è alla seconda sconfitta di fila), ma da questa sera non filtrano segnali incoraggianti in vista del prosieguo del campionato. Senza Dia e Coulibaly la Salernitana ha un gap di qualità vistoso in questo campionato, e anche tutto il resto intorno fa accendere una serie di spie preoccupanti. Il presidente Iervolino valuterà nelle prossime ore se inviare la squadra in ritiro.


    CUORE BUONGIO— C’è un vecchio adagio che non fallisce mai: dove non si riesce ad arrivare con il gioco, si può arrivare con il cuore. Il grande cuore è quello di Alessandro Buongiorno, il ragazzo cresciuto al Filadelfia e fatto in casa, capitano morale e del futuro del Toro (oggi la fascia è sul braccio del senatore Rodriguez). Al quarto d’ora, il coraggio di “Buongio” mortifica il buon avvio della Salernitana sul piano del gioco. Il tiro dalla bandierina nasce da una conclusione di Radonjic deviata da Lovato. Lazaro pennella l’angolo al centro dell’area, il colpo di testa di Zapata è intercettato ancora da Lovato che offre un assist involontario per Buongiorno (tenuto in gioco da Bohinen). Di sinistro il ragazzo entrato nel settore giovanile del Torino quando aveva sei anni e mezzo infila il secondo gol in Serie A (entrambi in trasferta: il primo il 3 maggio a Genova in casa della Sampdoria). Buongiorno festeggia sotto gli occhi di Salvatore Russo, uno dei collaboratori del c.t. Spalletti arrivato all’Arechi per lui.

    IL BIS DI RADONJIC— Dia è tornato a Salerno e si guarda la partita dalla tribuna. Accanto al presidente della Salernitana, Iervolino, c’è Flavio Briatore. I granata di casa sono costretti ad inseguire, dopo aver interpretato leggermente meglio sul piano del gioco l’avvio di partita e dopo aver sfiorato di mettere una ruota avanti al decimo con Candreva: tiro a giro ribattuto in tuffo da Milinkovic. Juric schiera il Toro con un solo centravanti (Zapata), lancia Seck al posto di Vlasic perso al mattino, a Salerno, a causa di una violenta gastroenterite. Nell’undici del Toro c’è soprattutto Radonjic, reduce dallo splendido gol prima della sosta contro il Genoa. E dopo l’occasione di Mazzocchi (33’: di un soffio fuori), è proprio Radonjic a firmare il bis a distanza di due settimane: controllo perfetto al limite dell’area su invito di Seck, tiro a giro calibrato al millimetro imprendibile per Ochoa. Allo scadere del primo tempo, Cabral prova a riaprire la sfida fermandosi sul palo, poi sulla ribattuta Botheim spara incredibilmente in curva con la porta spalancata. All’intervallo, Juric è avanti due a zero su Sousa.

    GARA CHIUSA— Il Toro riparte nella ripresa sul doppio vantaggio: la sensazione è che abbia prodotto la massima resa quasi con il minimo sforzo. Perché, forse, sono maggiori i demeriti della squadra di Sousa rispetto ai meriti dell’undici di Juric. E, infatti, in avvio di ripresa un altro errore di reparto (tra centrocampo e difesa) dei campani spalanca un’autostrada per Bellanova (lanciato da Seck). L’assist è preciso per Radonjic che al centro dell’area piazza la doppietta: al quinto minuto, Toro avanti di tre gol. E la partita è virtualmente chiusa. Con il risultato in cassaforte, il gioco del Toro si scioglie e sale nettamente di livello. Il Toro accompagna la gara verso la conclusione con un buon palleggio, trova il poker ancora con Radonjic (ma è annullato per il fuorigioco del serbo) e alla fine può fare festa.
     
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