Serie A stagione 2023-24

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    Dio li fa, Chuck Norris li distrugge, Mc Gaiver li aggiusta

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    Ikoné risponde al solito Gudmundsson: il Genoa prende un punto anche a Firenze

    Posticipo della 32ª giornata a Firenze, i padroni di casa vanno sotto su rigore e si rimettono in partita nella ripresa. Annullati dal Var una rete a Belotti e un rigore su Retegui

    15 aprile 2024 - FIRENZE
    Finisce 1-1 al Franchi fra Fiorentina e Genoa con gli ospiti più vivaci nel primo tempo che trovano il vantaggio su rigore al 42’ con Gudmundsson, giocatore dei desideri dei viola nel mercato invernale. Il pareggio arriva al 9’ della ripresa grazie a Ikonè che di testa sfrutta l’assist di Bonaventura. Ancora rimandata quindi la vittoria in campionato per la Fiorentina, che non vince da quasi due mesi in Serie A e rimane al decimo posto in classifica.

    LE SCELTE—
    Vincenzo Italiano lascia inizialmente a riposo Nico Gonzalez (in vista del ritorno dei quarti di Conference League giovedì con il Viktoria Plzen) ma non rinuncia a Bonaventura in mediana e a Beltran sulla trequarti. Il centravanti è Belotti. Alberto Gilardino avanza Messias e lo schiera al fianco di Ekuban con Retegui che parte dalla panchina. La novità è la posizione di Gudmundsson mezzala. Confermati Frendrup e Badelj, mentre come esterni Sabelli vince il ballottaggio con Spence sulla destra e Martin si posiziona a sinistra.

    VANTAGGIO GENOA— Dopo i primi minuti di studio, al 12’ arriva uno squillo con Luca Ranieri bravo a sventare un’incursione in area di Messias. Per i viola è Beltran dalla distanza, con un destro a giro, a mettere i brividi al Genoa. Fra il 22’ al 25’ la gara si accende: Terracciano si supera mettendo in angolo un colpo di testa di Ekuban su cross di Martin e dal successivo corner l’attaccante spreca un’ottima occasione, girando a lato da distanza ravvicinata; per la Fiorentina invece Belotti insacca su assist di Beltran, ma dopo un rapido controllo al Var, la rete viene annullata per fuorigioco. La svolta arriva però al 42’ quando Gudmundsson su rigore spiazza Terracciano e porta in vantaggio il Genoa sotto la Fiesole. Il penalty nasce da un errore di Martinez Quarta: l’argentino regala palla a Messias che si fa parare il tiro da Terracciano, ma subito dopo sul pallone si precipita Ekuban, atterrato in area da Parisi. Il primo cambio per Gilardino è obbligato a fine primo tempo perché Messias esce infortunato e al suo posto entra Thorsby. Gudmundsson si poziona così al fianco di Ekuban.

    PAREGGIO VIOLA— Vincenzo Italiano ad inizio ripresa fa entrare Arthur per Duncan, ma è Bonaventura al 9’ a pescare la testa di Ikoné che trova l’1-1. Per il francese è la seconda rete dall’inizio della stagione in Serie A. Subito dopo fra i viola escono Sottili, Belotti e Beltran per Gonzalez che si posiziona a sinistra, Kouame che diventa il centravanti e Mandragora che si posiziona al fianco di Arthur con Bonaventura che va sulla trequarti. Anche Gilardino effettua tre cambi ed entrano Spence per Sabelli, Haps per Martin e Retegui per Ekuban. Ed è proprio sull’argentino che Di Marco fischia inizialmente un rigore per un intervento di Kayode, ma dopo aver rivisto le immagini in tv, il direttore di gara cancella il penalty. La Fiorentina cerca il vantaggio prima con Ikoné e poi con Bonaventura, mentre fra i rossoblù entra Strootman per Badelj, applaudito dai suoi ex tifosi. L’ultimo cambio viola è invece Milenkovic per Bonaventura.
     
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    Scamacca accende l'Atalanta, Lazovic e Noslin la riprendono: Verona, punto pesantissimo

    Gol e assist (a Ederson) per il centravanti azzurro, ma nel secondo tempo arriva la reazione della squadra di Baroni
    Dal nostro inviato Matteo Brega
    15 aprile 2024 - MILANO
    Finisce 2-2 il posticipo tra Atalanta e Verona. I bergamaschi vanno sul 2-0 con Scamacca e Ederson nel primo tempo e a inizio ripresa in 4’ subiscono i gol di Lazovic e Noslin.

    PRIMO TEMPO DA DEA—
    L’Atalanta torna in campo dopo la storica serata di Anfield per il posticipo della 32ª giornata contro il Verona. Gian Piero Gasperini sceglie Holm per sostituire a destra lo squalificato Zappacosta. In mezzo al posto di De Roon, fermato anche lui dal Giudice sportivo, c’è Pasalic. E davanti Koopmeiners trequartista con Scamacca e De Ketelaere attaccanti. Marco Baroni ripropone Bonazzoli centravanti, reduce da due gol nelle ultime due di campionato, dentro un 4-1-4-1 in cui Dani Silva davanti alla difesa segue Koop. Nell’attesa dell’ingresso in campo delle squadre partono i primi cori della curva atalantina verso i 500 giunti da Verona: “Quel settore lì sembra Napoli” e “Voi siete napoletani”. Al 13’ la partita cambia. Suslov perde una palla in ripartenza sulla pressione di Toloi, transizione rapida per Scamacca che controlla e scarica un violento destro sul quale Montipò non può nulla. Terzo gol di fila in campionato per l’attaccante dell’Atalanta e in mezzo la doppietta al Liverpool. Al 18’ l’Atalanta raddoppia. Azione che parte da lontano: Koopmeiners vede il taglio di Ederson ma non lo serve, preferisce Scamacca che a sua volta imbecca il brasiliano dimenticato da tutto il sistema difensivo del Verona. Ederson vola da solo per cinquanta metri e davanti a Montipò la piazza. E’ 2-0, con Antonio Percassi in tribuna che applaude soddisfatto e divertito. Al 22’ Dea vicino al 3-0: rimessa laterale di Holm, sponda di CDK, Koopmeiners calcia dall’interno dell’area di sinistro di controbalzo, palla alta di poco. L’Atalanta viaggia il doppio dell’Hellas: cross di Koopmeiners per Pasalic che di prima spara alto da ottima posizione al termine di un’azione rapidissima. L’olandese cerca ancora il croato al 31’: cross dalla trequarti, Pasalic sul filo del fuorigioco gira di testa e Montipò devia in corner. Un minuto e Koopmeiners va vicino al gol. CDK gli illumina il corridoio che l’olandese disegna e poi calcia chiudendo troppo il diagonale. La Dea tiene l’Hellas nella sua metà campo. Al 34’ CDK calcia da fuori, Magnani corregge la traiettoria e poi Montipò la sposta in corner. Verona in difficoltà con il passare del tempo, sempre più. Il primo tempo finisce 2-0 con un dominio netto dei bergamaschi.

    RINASCITA VERONA— Si riparte con un Verona più convinto almeno nella forza di volontà. Il tiro di Cabal al 5’ è respinto con i pugni da Carnesecchi. All’11’ la partita si riapre. Ripartenza dell’Hellas, palla a Noslin sulla destra, squadre allungate, rientra e serve Lazovic che al limite controlla e calcia. La palla passa tra le gambe di Toloi e finisce giusto nell’angolino alla destra di Carnesecchi. Quattro minuti e l’Hellas pareggia. Giropalla al limite dell’area, Centonze cross per Noslin che si posiziona tra due marcatori atalantini e con il timing giusto anticipa l’uscita bassa di Carnesecchi che calcola male i tempi. Dopo aver resistito per 45’ sotto “solo” di due gol, il Verona ne fa altrettanti in 4’ all’alba della ripresa. Il Verona è più ordinato dell’Atalanta nel cuore della ripresa. Dal corner di Lazovic del 26’ spunta la testa di Folorunsho che finisce fuori di poco. L’Atalanta è meno precisa del primo tempo, merito anche del Verona che una volta raggiunto il pareggio ha mantenuto più equilibrio in campo. Al 42’ Miranchuk prova dalla distanza e trova ancora Montipò a ostruire la strada della gioia alla Dea. Dal corner successivo Hien spreca da due passi di testa, ma l’impressione è che fosse in fuorigioco. Finisce 2-2, con un pieno di rimpianti per l’Atalanta e di gioia per il Verona.
     
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    E pappiamoci questo punticino.
    Incredibile la differenza rispetto alla partita di andata
     
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    Il Genoa spreca, Luis Alberto lo punisce: la Lazio torna in corsa per la Champions

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    Decide il quinto gol in campionato dello spagnolo, che ha già annunciato l'addio a fine stagione. Rossoblù sterili con Ekuban e Retegui che falliscono le occasioni più favorevoli

    19 aprile 2024 (modifica alle 20:34) - MILANO
    Ci pensa Luis Alberto. Nel cuore della ripresa tocca in gol l'assist di Kamada e decide la sfida col Genoa, cui rovina il compleanno. La Lazio di Tudor è ancora in corsa per la Champions, il Genoa di Gilardino resta a centroclassifica.

    PRIMO TEMPO—
    In avvio è il Genoa, in maglia dorata per festeggiare i 130 anni del club, a rendersi pericoloso. Ekuban salta Gila ma di sinistro manda sull'esterno della rete (5'). Poi è Retegui, al rientro da titolare a concludere di poco alto con una volée di Destro un'azione avviata da Strootman e rifinita da Gudmundsson (13'). La Lazio del primo tempo è in un tiro di Felipe Anderson terminato a lato e in una mancata intesa in area tra Castellanos e Luis Alberto: il primo non tenta il tiro e cerca il compagno che non trova tempo e modo per calciare a pochi metri dalla porta. Prima dell'intervallo, Retegui cerca di beffare Mandas dalla lunga distanza, mentre Ekuban chiude una ripartenza in superiorità numerica calciando in diagonale a lato invece di servire Gudmundsson tutto solo al centro dell'area.

    RIPRESA— Il secondo tempo inizia con una Lazio più propositiva e un Genoa attendista. Sale in cattedra Luis Alberto che prima impegna Martinez con un piatto destro in diagonale, poi sblocca la gara (67') infilando di destro un assist di Kamada a sua volta servito da Patric. Il Genoa si scuote e si butta all'attacco. Un destro centrale di Retegui anticipa il cambio di modulo dei liguri che passano al 4-4-2 (dentro Sabelli), ma senza rendersi mai davvero pericolosi.
     
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    Partita assurda dove abbiamo sprecato l'impossibile.
    Credo che mentalmente abbiano un po' mollato ma ci sta
     
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    Juve, pari in rimonta prima della Coppa. Cagliari, l'autogol di Dossena costa due punti

    Doppio vantaggio dei sardi con due rigori (Gaetano e Mina) poi nella ripresa punizione di Vlahovic e autorete del difensore. Martedì la Signora si gioca la finale di Coppa Italia con la Lazio


    Dal nostro inviato Marco Guidi
    19 aprile 2024 - MILANO
    La Juve vede le streghe a Cagliari, ma alla fine strappa un punto in rimonta, dopo essere andata sotto di due gol nel primo tempo per la prima volta in stagione. Un risultato che, soprattutto per come si era messa e con la certezza oggi delle cinque squadre italiane in Champions nella prossima stagione, può bastare a Massimiliano Allegri. Un po’ di rammarico resta piuttosto a Claudio Ranieri, raggiunto all’87’ da un’autorete di Dossena, dopo aver accarezzato l’idea dei tre punti a lungo. Per il Cagliari, comunque, in ottica salvezza il pari resta oro che cola.

    SCELTE—
    Ranieri opta per Shomurodov in attacco, appoggiato da Gaetano e Luvumbo alle spalle. Difesa a quattro in fase di possesso che si trasforma a cinque in contenimento, con Nandez ad abbassarsi da quinto. Nella Juve Szczesny recuperato tra i pali e novità a centrocampo: Weah a destra nella linea a cinque, con Cambiaso che slitta a sinistra, mentre Alcaraz viene preferito a McKennie da interno. Davanti, confermata la coppia Vlahovic-Chiesa, ancora panchina per Kenan Yildiz.

    CHE CAGLIARI— Dopo 2’ Luvumbo parte subito in sprint, ma il suo destro a giro dal limite finisce di poco alto. Poco dopo, episodio che fa discutere in area rossoblù, con Mina che salta di testa, ma involontariamente colpisce col gomito Alcaraz (giocherà con un turbante improvvisato il resto del match) prima di andare sul pallone: l’arbitro Piccinini lascia correre e il Var Chiffi resta silente. L’inizio dei sardi è comunque particolarmente aggressivo e al 9’, sugli sviluppi di un corner, si vede anche Shomurodov: sinistro a lato da posizione favorevole. L’intensità del Cagliari complica la vita alla Juve, che solo al 20’ si rende pericolosa dalle parti di Scuffet: prima tiro di Vlahovic murato, poi conclusione di Weah respinta a fatica dal portiere di casa. E’ però solo un sussulto, perché da una mischia su corner Bremer devia di braccio la sponda aerea di Dossena (Luvumbo poi sbaglierà da due passi): anche qui Piccinini non vede, ma stavolta il Var interviene ed è rigore per i rossoblù. Gaetano trasforma e alla mezzora la Juve è sotto 1-0. Non solo, 3’ dopo Shomurodov sfrutta un buco di Danilo e serve un pallone perfetto a Luvumbo, che al volo calcia fuori a Szczesny pietrificato. La Signora sbanda e al 35’ Szczesny è costretto a stendere Luvumbo in uscita: altro rigore, ma nuovo tiratore, con Mina che spiazza il portiere polacco dal dischetto.

    REAZIONE DUSAN— All’intervallo Allegri inserisce Yildiz per Alcaraz, passando al 4-2-3-1, mentre Ranieri sostituisce Sulemana con Prati. Ed è proprio quest’ultimo al 6’ a obbligare Szczesny al primo (difficile) intervento della ripresa con un bel destro da fuori. La Juve, però, ora tiene più la palla, il Cagliari cala e si abbassa e al 17’ Vlahovic accorcia le distanze su punizione, alla prima, vera occasione. Tornato sotto di un gol Allegri si gioca pure la carta McKennie per Weah, Ranieri risponde con Deiola (più difensivo) per Gaetano, Max controreplica con Milik per Locatelli, in quella che è probabilmente la versione più offensiva della Juve 2023-24. Nella girandola dei cambi dentro pure Zappa e Viola per Nandez e Shomurodov, due tra i migliori e applauditissimi dall’Unipol Arena. L’assalto della Juve produce comunque pochissimo, se si eccettua un tentativo acrobatico (complicato) di Vlahovic. Ma a 3’ dalla fine, quando il Cagliari pare potere resistere, Dossena svirgola nella propria porta il cross di Yildiz. E’ il 2-2, ma al 95’ per poco non arriva pure il colpo gobbo: Yildiz strozza troppo il tiro in mischia e Scuffet riesce a bloccare. Ultima emozione del match.
     
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    Napoli, l'agonia continua: ko anche a Empoli. Nicola, è una vittoria-salvezza

    Cerri, gol sprint al 4'. Azzurri mai veramente pericolosi, fischiatissimi a metà gara e pure a fine partita

    dall'inviato Vincenzo D'Angelo
    20 aprile 2024 - EMPOLI
    Vento, pioggia e freddo spazzano via le ultime speranza di risalita del Napoli. Ad Empoli arriva un’altra sconfitta che premia la squadra di Nicola (1-0) a caccia di punti salvezza e getta i campioni d’Italia nella crisi più profonda. Non è servita nemmeno la presenza di De Laurentiis stavolta: il Napoli è solo un ricordo lontano nel tempo e il suo pubblico canta indignato contro gli ex eroi tricolori. Clima pesantissimo a un mese dalla fine di una stagione da incubo.

    CERRI-GOL—
    Al primo affondo l’Empoli passa. Natan esce a vuoto in fascia, Gyasi spizza per Fazzini che gli ridà palla in profondità, cross morbido per Cerri che mangia in testa a Di Lorenzo e firma l’1-0. E all’8’ ancora Cerri di testa non trova la porta. Il centravanti toscano (19’) poi è costretto a uscire per un problema muscolare: dentro Niang. Per assistere al primo tiro in porta del Napoli bisogna aspettare il 31’, con Osimhen che controlla al volo e in girata batte a rete, centrale. Il Napoli è spettatore non pagante, l’Empoli arriva prima su ogni pallone e fa ciò che vuole nelle praterie che portano a Meret. Al 35’, ripartenza micidiale di Niang che salta Juan Jesus e serve Cambiaghi: sinistro che centra il palo esterno. All’intervallo il Napoli viene ancora una volta sommerso di fischi.

    REAZIONE— Calzona lascia negli spogliatoi un imbarazzante Natan, che aveva ritrovato una maglia da titolare a causa dell’indisposizione notturna di Mazzocchi (influenza intestinale): eppure l’ex Salernitana viene lanciato nella mischia lo stesso, per l’ennesima bocciatura del brasiliano. Mazzocchi entra bene nel match, scodellando subito un bel cross che non trova però deviazioni amiche. Juan Jesus in mischia ha una buona occasione ma viene murato, poi Kvara (22’) chiama Caprile alla bella respinta in angolo. Adesso, quantomeno, c’è una partita. Calzona mostra coraggio: fuori Kvara e Politano, dentro Ngonge e Raspasori, alla ricerca disperata di una scintilla in uscita dalla panchina. Ma i cambi non sortiscono effetti, anzi solo altra confusione. Il popolo napoletano continua a contestare e invoca in campo “la Primavera”. ‘A nuttata è ancora lunga cinque giornate, poi sarà rivoluzione. L’Empoli sorride: tre punti fondamentali e +4 dal terzultimo posto. C’è ancora da lottare, ma lo spirito è quello giusto.
     
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    Urlo Coppola al 93': il Verona piega l'Udinese e si prende tre punti d'oro

    Due legni colpiti da Noslin e Folorunsho, i friulani sprecano tre nette palle gol. E nel recupero arriva il guizzo del difensore
    Vincenzo Di Schiavi
    Giornalista
    20 aprile 2024 - MILANO
    E alla fine spunta la testa di Coppola. Il Bentegodi esplode al 93' con un'incornata del difensore che pietrifica Okoye. L'Udinese cade così, in un atroce finale, lasciando punti pesantissimi, quando almeno il pari lo avrebbe meritato. Il balzo dell'Hellas è vitale: ora i punti sono 31 e gli spettri si spostano tutti sulla testa dei bianconeri che se hanno un demerito è quello di sprecare troppo.

    DUE OCCASIONI—
    Buon impatto degli ospiti che con Samardzic e Pereyra a supporto di Lucca coprono meglio il campo. Il 4-2-3-1 dell’Hellas invece è poco efficace, specie in mezzo. Il destro di Payero apre il match ma non provoca brividi. Dopo 15’ gli ammoniti sono già tre (Serdar, Cabal e Walace), tradendo una tensione ben palpabile. Ci si gioca molto, imperversa il tatticismo e quindi si stenta a decollare. Magnani protesta con Guidi per una trattenuta in area, Cabal ci prova di testa e poi è ancora Payero a colpire da lontano, ma la mira è di nuovo sbilenca. La prima vera grande occasione capita nei piedi di Lucca: angolo e l’attaccante che devia da due passi ma Montipò è attentissimo. Una punizione di Samardzic si spegne non lontano dal palo, poi l’Hellas esce dalla morsa e comincia a guadagnare campo. Il finale è tutto gialloblù: Ehizibue chiude su Noslin a due passi dalla porta, poi sempre l’attaccante veronese coglie il palo di testa.

    RIPRESA— Stessi protagonisti del primo tempo. Un destro di Serdar sembra scuotere il Verona e invece l’Udinese ha tre occasioni per passare che non sfrutta: incredibile l’errore di Lucca, tutto solo a centro area. Poi Ehizibue non aggancia da pochi passi e Bijol sfiora il palo di testa. Sfuriata che spinge Baroni a dare più peso al proprio attacco per dribblare la pressione friulana. Dentro Bonazzoli e Swiderski per Mitrovic e Silva con il passaggio a un 4-4-2 piuttosto offensivo. In realtà il pallino resta in mano agli ospiti, ma sui ribaltamenti l’Hellas attacca con maggiore impeto. Il sinistro di Cabal è bloccato in due tempi da Okoye, la risposta di Ehizibue fa tremare il Bentegodi. Ci si prova in ogni modo, ma quando si arriva lì, manca la stoccata. Folorunsho coglie la traversa di testa. Poi il blitz di Coppola. Che profuma di salvezza.
     
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    Il Toro non sfonda: il Frosinone strappa un buon punto

    Occasioni per Zapata e Okereke a cui rispondono Soulé e Cheddira. I granata salgono a 46 punti, gli ospiti agganciano l'Udinese a 28
    dal nostro inviato Mario Pagliara


    21 aprile 2024 - TORINO
    Il Toro si è inceppato sul più bello. Non va oltre un deludente zero a zero casalingo contro un Frosinone vivace e propositivo. Per la squadra di Juric è il secondo pareggio consecutivo dopo il derby: i due punti raccolti nelle ultime tre partite (tra Empoli, Juve e Frosinone) rallentano la rincorsa dei granata, ancora a distanza rispetto all’ottavo posto del Napoli che vale un posto in Europa. Se otto giorni fa nella stracittadina c’erano stati spirito e cuore nella ripresa, questo pomeriggio si sono intravisti solo a tratti in una delle prestazioni più grigie della gestione Juric. Tutt’altro umore in casa Frosinone. Di Francesco gioca, invece, un calcio godibile, organizzato, in alcuni momenti poco prevedibile e, alla fine, porta a casa un punto pesantissimo per la corsa salvezza.

    DUE BRIVIDI—
    Due interessanti novità in avvio: Di Francesco si inventa Brescianini nella posizione di centravanti puro, marcato a uomo da Buongiorno a tutto campo, in un Frosinone disegnato con il 3-4-3. Juric (squalificato, il vice Paro è in panchina) rilancia Okereke sulla trequarti in un Torino posizionato, come da abitudine, con il 3-4-2-1. Nel primo tempo gioca meglio il Frosinone, grazie a una manovra molto più fluida e a un palleggio cercato ripetutamente. Il Torino la imposta, come da dna del calcio di Juric, sui duelli fisici provando a colpire con le ripartenze di Bellanova e Vojvoda. Due brividi in partenza: al 14’ Soulé salta netto Rodriguez e tenta di sorprendere Milinkovic (poco fuori). Due minuti dopo Vojvoda rispolvera il tiro a giro, dando l’illusione del gol. Prima dell’intervallo altre due occasioni, una per parte: la prima di Valeri (23’) che scarica un missile dal limite sui tabelloni non molto distante dalla porta. La seconda (31’) con Zapata che si divora un rigore in movimento su assist di Tameze. Zero a zero all’intervallo.

    POCHE EMOZIONI— Il primo squillo della ripresa è portato da una conclusione del volenteroso Okereke (12’), respinta da Turati coi pugni. Un minuto dopo Rodriguez scivola e causa un pasticcio, lanciando Cheddira in volata verso Milinkovic attento a neutralizzarne il tentativo. Per scuotere un Toro incapace di trovare giocate e varchi, Juric dispone l’ingresso in campo di Sanabria (22’) al posto di Okereke senza apportare alcuna modifica allo schema tattico. Tre minuti dopo la palla del vantaggio cade sul collo di Soulé, ma la mira non c’è e il tiro va fuori. Entrano, poi, pure Lazaro (per Vojvoda) e l’ex Seck (per Brescianini) nel Frosinone. Accade poco o nulla, in una ripresa con poche emozioni nella quale il Frosinone ha tenuto meglio il campo portandosi a casa un punto pesantissimo. Allo scadere Zapata spedisce in curva un diagonale potente, dopo il Toro esce tra i fischi del proprio pubblico.
     
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    Dopo Cagliari, Verona, Udinese, Salernitana (forse dimentico qualcuna), ecco altri punti regalati in casa a una "pericolante". E questa sarebbe la squadra con ambizioni europee? Ma per piacere.
    In più abbiamo segnato solo 15 gol in casa...e meno male che è entrato in forma Zapata.
     
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    Basta mezza Fiorentina: segnano Kouame e Ikoné, Salernitana a un passo dalla B

    Due reti nell'ultimo quarto d'ora sono sufficienti ai toscani per prendersi una partita dalle poche emozioni: profondo turnover per Italiano tra Conference League e Coppa Italia, campani a un passo dalla retrocessione

    Dal nostro inviato Alex Frosio
    21 aprile 2024 - SALERNO
    La Fiorentina non molla niente, anche se a Salerno sembra farlo a lungo. Nel finale, l'ingresso di Kouame fornisce il terminale offensivo che serviva ed è proprio il 99 a sbloccare la partita, rifinita poi al 95' da Ikoné. La Viola accorcia la classifica in zona Europa e può dedicarsi all'Atalanta, avversaria mercoledì nel ritorno della semifinale di Coppa Italia.

    PRIMO TEMPO—
    Italiano non porta Bonaventura, Nico Gonzalez, Belotti, Beltran e Nzola. Un po' per necessità e un po' per scelta, il tecnico sceglie una Viola senza centravanti. O meglio, lo fa Barak, con Castrovilli in appoggio – bentornato, non giocava dal 2 giugno 2023 –, Ikoné e Sottil sui lati. Colantuono risponde con un 3-5-2 mobile, nel quale Candreva fa la mezzala sinistra, Ikwuemesi e Tchaouna le punte. Abbiamo parlato soprattutto dell'attacco, ma entrambe le squadre producono pochissimo. La Fiorentina non vuole sprecare energie, la Salernitana non sembra in grado di pungere. La Viola si impadronisce del pallone, uno spunto di Ikoné all'11' – accentramento e sinistro debole – promette bene ma non ha seguito. Tanto possesso ospite, e pure tanta noia, perché non c'è penetrazione in area. Al 38' su angolo di Candreva, Sambia tutto solo liscia il colpo di testa e Basic al volo conclude debolmente. Al 39' sinistro debole di Ikoné sugli sviluppi di un angolo. L'unica vera occasione arriva al 42', sulla prima e unica percussione centrale della Fiorentina: Barak infila per Ranieri, subentra Ikoné che "scippa" il difensore centrale pronto alla girata e colpisce lui di destro, a lato, con Ranieri che lo manda a quel paese.

    SECONDO TEMPO— Ancora più grossa l'occasione a inizio ripresa: esterno di Castrovilli, Pierozzi buca su Sottil che vola verso Ochoa ma poi sbatte il destro sul portiere messicano. Sembra il segnale del cambio di ritmo della Fiorentina, che invece di nuovo non arriva: la Viola palleggia sul perimetro, ma non riesce ad affondare. Serve il centravanti. E Italiano lo mette al 25': Kouame per Castrovilli (e Arthur per Lopez). Il nuovo entrato si trova subito a tu per tu con Ochoa su lancio di Ikoné: altra chiusura di super-Memo. Ma il gol è maturo: al 35' lungo giro palla fino al cross di Ranieri verso il secondo palo dove Kouame sovrasta Pellegrino (entrato al posto di Pirola) e di testa scavalca Ochoa. Colantuono passa al 4-2-4 con Zanoli e Simy, Italiano si protegge con Milenkovic e la difesa a 5, ma sempre lasciando 3 uomini davanti. E al 50' trova anche il raddoppio: fuga di Ikoné a sinistra, palla per Faraoni che sostiene e crossa, Mandragora in area calcia su Ochoa ma sulla respinta serve Ikoné che appoggia a porta vuota. Cade ancora la Salernitana, e solo il pareggio del Frosinone a Torino non rende aritmetica la retrocessione. Ma se l'Udinese batte la Roma nei minuti restanti di giovedì, sarà Serie B senza giocare per la squadra campana.
     
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    Bologna, altra impresa per la Champions! Ne segna tre alla Roma e blinda il 4° posto

    Grande prova degli emiliani che con un primo tempo di qualità ipotecano il successo. Segnano El Azzouzi e Zirkzee, i giallorossi accorciano con Azmoun, ma Saelemaekers chiude la partita

    Andrea Pugliese
    Giornalista
    22 aprile 2024 - ROMA
    Il Bologna passa a Roma per 3-1 e se non ha messo la parola fine sulla corsa-Champions, almeno una bella ipoteca sì. Perché ora – in attesa del recupero di Udine – la squadra di Motta ha ben otto punti di vantaggio sui giallorossi e addirittura 11 sull’Atalanta (che deve però recuperare anche lei una gara, con la Fiorentina). Insomma, i giochi sembrano virtualmente chiusi e anche con merito. Quello con cui i rossoblù si sono presi la partita dell’Olimpico: gioco, qualità, coraggio. A siglare il successo le reti di El Azzouzi, Zirkzee e Saelemaekers, per la Roma la rete della speranza (vana) di Azmoun. L’assenza di Lukaku ha pesato eccome, ma l’impressione è che la squadra giallorossa abbia risentito del grande sforzo fisico profuso contro il Milan.

    L'ALLUNGO—
    Il Bologna palleggia bene, esce sempre palla al piede, non spreca mai niente. I meccanismi sono quasi perfetti, triangoli mobili continui, linee di passaggio, sempre l’assistenza di uno o due compagni al portatore di palla. Insomma, una squadra che funziona quasi come un orologio svizzero, al contrario della Roma che invece va strappi. Qualcosa inventa (basti pensare alle occasioni d’oro che sprecano prima El Shaarawy e poi Paredes), ma è meno fluida del solito e soprattutto assai nervosa. Tanto che alla fine del primo tempo i giallorossi hanno già 4 ammoniti (El Shaarawy, Angelino, Pellegrini e Paredes), tutti gialli ineccepibili, anche se sul primo – quello di Paredes – la Roma protesta tanto (ma l’argentino accentua platealmente un contatto con Zirkzee, ammonito anche lui). Sta di fatto che la squadra di Motta gira meglio e al 14’ passa con un capolavoro volante di El Azzouzi, su cross dell’ex Calafiori. Il centrocampista marocchino festeggia sotto la Sud, che non la prende bene (eufemismo). Ma la verità è che la Roma non riesce mai a trovare la profondità con Abraham (che gira a vuoto) e sulle fasce Ndoye e Saelemaekers vincono i rispettivi duelli con Angelino e Celik. Così prima lo stesso Saelemaekers colpisce la traversa in pieno su punizione, poi Zirkzee si inventa un gol bello più nella fase iniziale (come va via a Mancini) che non per la finalizzazione. Si va all’intervallo sul 2-0 per il Bologna e tanti pensieri in casa giallorossa.

    BOTTA E RISPOSTA— Al 5’ della ripresa la Roma può subito accorciare, ma Posch respinge sulla riga con il volto un siluro di El Shaarawy. Quindi De Rossi cambia un po’ tutto: dentro Karsdorp, Spinazzola e Azmoun per i deludenti Celik, Angelino e Abraham. Ed è proprio Azmoun a riaprire i giochi quasi subito, all’11’, con Skorupski che capitola al terzo tentativo in serie dell’iraniano. Ma il Bologna è vivo e reagisce subito, su una palla persa da Dybala è Zirkzee a innescare Saelemaekers, che con un dolce scavetto fa 3-1. La partita di fatto finisce qui, con la Roma che non ha più energie (né mentali né fisiche) per rialzarsi. Ed infatti si va avanti a ritmo ridotto, con il Bologna che controlla e i giallorossi che assistono inermi. A 5’ dalla fine Pellegrini ha l’occasione giusta per riaprirla, ma spreca alto. Prima della fine va a segno anche Castro, gol annullato per fuorigioco iniziale. Finisce così, con il Bologna a un passo dal paradiso.
     
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    Dio li fa, Chuck Norris li distrugge, Mc Gaiver li aggiusta

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    Acerbi e Thuram affondano il Milan, la seconda stella arriva col derby

    Finisce 2-1. Il difensore della Nazionale e l'attaccante francese decidono il derby, la capolista vola a +17 e si prende il tricolore "in casa" dei cugini rossoneri. Inutile il gol di Tomori nel finale. Nel recupero espulsi Theo, Dumfries e Calabria
    Marco Pasotto
    22 aprile 2024 (modifica il 23 aprile 2024 | 00:55) - MILANO
    Il sogno proibito e l’incubo più perfido si materializzano nella stessa serata. Come mai era successo nella lunga storia calcistica di Milano (e dell’intera Serie A). L’Inter si cuce in colpo solo scudetto e seconda stella, e si prende il lusso di farlo a casa dei cugini. Il derby mai visto tinge di nerazzurro la notte del Meazza e la sofferenza finale, dopo che il Milan dimezza lo svantaggio, consegna al successo una dimensione ancora più profonda. E’ un tricolore che arriva con cinque giornate di anticipo dopo una cavalcata quasi immacolata, e che consegna il settimo titolo a Zhang (incollato davanti alla tv in Cina) e il sesto a Simone Inzaghi. Cardinale invece era a San Siro e osserva impassibile in tribuna il sesto derby di fila perso dal suo Milan. Un fantasma che pare non ci sia modo di esorcizzare. Il clima milanese di queste ore rappresenta alla perfezione l’animo rossonero: pioggia battente e freddo. Soprattutto per Pioli, anche se non era (più) questa la partita che avrebbe potuto cambiare il suo destino.

    LE SCELTE E LE MOSSE— In un contesto del genere – cinque derby persi di fila, obbligo di vittoria - era il Milan ad aver necessità di cambiare vestito tattico per cercare spostare gli equilibri. E di mosse Pioli ne ha fatte parecchie. La più evidente: Giroud fuori e Leao centravanti di movimento con compiti di profondità per provare ad allungare il monoblocco nerazzurro e dare meno punti di riferimento. Ma a cambiare è stato proprio l’assetto, col ritorno alla difesa a tre (Calabria-Gabbia-Tomori) che in passato contro i nerazzurri un po’ di solidità in più l’aveva portata. Davanti Pioli si è sbizzarrito con la fantasia: una sorta di 3-2-5 con Adli – primi minuti in un derby per lui – accanto a Reijnders in mediana e poi Musah larghissimo a destra, Hernandez a sinistra, Loftus e Pulisic in supporto a Leao. Inzaghi ha invece confermato tutte le indicazioni della vigilia, compresa la scelta di preferire Darmian a Dumfries sulla destra. Scontato tutto il resto: Calhanoglu al centro della mediana, Barella e Mkhitaryan ai suoi lati, Lautaro e Thuram davanti. Un abito cucito su misura ormai da tempo, a cui il Milan proprio non riesce a trovare contromosse efficaci. Un po’ a livello tattico e un po’ perché, molto banalmente, l’Inter è più concreta e ben educata nello sviluppo del gioco. Un impianto solido che non cede e non ha cali di tensione.

    DISCESA— L’ennesima centrifuga di ruoli e posizioni non ha giovato al Diavolo, che in pratica ha consegnato a Inzaghi tre dei cinque uomini offensivi: Leao centravanti è stato un’anima persa, smarrito tra le maglie nerazzurre così come Loftus e Pulisic, che hanno sbattuto ripetutamente contro il muro avversario, incapaci – e spesso, impossibilitati - nel saltare l’uomo. Col passare dei minuti, dopo un avvio promettente e discretamente rabbioso del Milan, l’Inter ha iniziato ad affondare i due soliti coltelli nella pancia del Diavolo: Barella (Adli) e soprattutto Mkhitaryan (Reijnders) hanno aperto varchi sempre più consistenti – sì, film già visto, siamo al sequel del sequel -, senza disdegnare di armare la corsa e il cross di Dimarco. La discesa nerazzurra è iniziata al minuto numero 18: angolo di Dimarco, Pavard prolunga di testa e Acerbi infila da due passi in solitudine totale. E’ l’ennesima stortura difensiva rossonera della stagione: quattro milanisti contro tre interisti, eppure Acerbi viene ignorato da tutti. Nel primo tempo l’Inter ha altre due occasioni gigantesche: clamoroso l’errore di Lautaro a cinque metri da Maignan e poi è Thuram a graziare i rossoneri con un piatto destro calciato con troppa sufficienza da ottima posizione. E il Milan? Una sola volta vicino al gol, quando Calabria ha girato di prima in porta un cross di Musah, esaltando i riflessi di Sommer.

    PASSERELLA— Intervento notevole, e lo stesso non si può dire su Maignan in occasione del raddoppio nerazzurro. La ripresa è iniziata solo da quattro minuti e l’Inter sigilla match, scudetto e stella con una discesa di Thuram che prima sfugge a Tomori – morbido morbido in marcatura – e poi disegna un destro rasoterra preciso e infido ma non irresistibile su cui Maignan va giù troppo lentamente. A quel punto la partita nerazzurra ha iniziato a diventare un red carpet da srotolare minuto dopo minuto, fino a quando il Milan ha accorciato con Tomori, dopo un flipper in area. Mancavano dieci minuti al novantesimo e l’Inter si è ritrovata rintanata nei suoi ultimi trenta metri sotto la spinta di un Milan decisamente ringalluzzito. Okafor si è avvicinato al pari, ma la diga interista ha retto e al Milan sono saltati i nervi: espulsi Hernandez e Calabria, ma a quel punto mancava soltanto il fischio finale. Festa sotto la Nord, il deserto sotto la Sud.

    Cmq Pioli e Cardinale dovete morire presto
     
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    Congratulazioni per lo scudetto, pagliacci
     
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    che figura di merda
     
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