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Posts written by Shagrath82

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    CITAZIONE
    È una Dea meravigliosa: segna, soffre, poi batte 4-1 la Fiorentina. La finale è Atalanta-Juve

    Gara ricca di emozioni. Solo a tempo scaduto coi gol di Lookman e Pasalic, i bergamaschi piegano i viola, in dieci per quasi tutta la ripresa per il rosso a Milenkovic. Gli altri gol di Koopmeiners, pari di Martinez Quarta e 2-1 di Scamacca (con una splendida mezza rovesciata)

    Massimiliano Ancona
    Giornalista
    24 aprile 2024 - MILANO
    Sarà Juventus-Atalanta la finale che si disputerà mercoledì 15 maggio all'Olimpico di Roma. Splendida partita tra due squadre che si sono affrontate a viso aperto. L'Atalanta vince 4-1 a spese di una Fiorentina in 10 per quasi tutta la ripresa a causa del rosso a Milenkovic eppure in grado di pareggiare con Martinez Quarta il gol di Koopmeiners. Di Scamacca il bellissimo 2-1 in rovesciata. Le reti decisive in pieno recupero portano la firma di Lookman (con brivido Var) e Pasalic.

    PRIMO TEMPO—
    L’Atalanta in avvio subisce l’iniziativa della Fiorentina, che recupera Bonaventura e Belotti nel consueto 4-2-3-1. E sono proprio loro due a impegnare Carnesecchi. La squadra di Gasperini, con Scamacca e De Ketelaere davanti a Koopmeiners, passa in vantaggio al primo affondo. Un rimpallo su Mandragora favorisce il centrocampista olandese che s’incunea e dal limite di sinistro in diagonale batte Terracciano (8’). Ristabilita la parità rispetto all'1-0 viola all’andata, la squadra di casa lascia di nuovo il pallino del gioco agli ospiti, che non pungono. Ma subiscono il raddoppio di Scamacca (13’), annullato per intervento della Var a causa del fallo di Koopmeiners su Beltran all’origine dell’azione. L’iniziativa è dei viola, ma l’Atalanta è pericolosa ogni volta che attacca. De Ketelaere serve Koopmeiners in area: l'olandese si gira e tira di destro, ma Terracciano respinge. Il belga, servito da Scamacca, poco dopo la mezz’ora, sfiora il palo con un sinistro dal limite. In mezzo, c’è un contatto sospetto: Carnesecchi in uscita alta pesta il piede di Nico Gonzalez in area, ma la Var, stavolta non interviene. Un tiro alto da buona posizione di Ruggeri su cross basso dalla destra di Zappacosta chiude una prima parte di gara che vede anche Carnesecchi bloccare una conclusione debole di Bonaventura. Il giallo (ingenuo) per Mandragora, diffidato…

    RIPRESA— Si ricomincia ed è l'Atalanta a giocare meglio e ad avere la prima occasione per il raddoppio. Cross da destra di Zappacosta e Ruggeri da due passi colpisce di testa a lato (49'). Quattro minuti più tardi Milenkovic viene espulso per fallo su De Ketelaere lanciato a rete. Italiano rinuncia a Belotti per Martinez Quarta, mentre la punizione di Scamacca dal limite viene deviata in angolo dalla barriera. Poco dopo, i viola sostituiscono anche Beltran con Duncan. L'Atalanta si avventa ma non si rende pericolosa. Sono invece i viola a pareggiare con il neo entrato Martinez Quarta (68') che schiaccia in rete di testa un cross di Biraghi da fermo. Gasperini toglie Kolasinac ed Ederson per Pasalic e Lookman, poi Zappacosta, dentro Miranchuk. E al 75' torna in vantaggio. Cross da sinistra, sponda di De Ketelaere di testa e rovesciata volante e vincente di Scamacca. Lo spettro dei supplementari torna a farsi reale. Scamacca (diffidato) si fa ammonire e salterà la finale con la Juventus. Al 95' è ancora lui a servire Lookman, il cui gol viene convalidato dopo l'intervento della Var. Esplode lo stadio di casa, poi Pasalic, al 99' sigilla risultato (4-1) e qualificazione.
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    La Juve prende due sberle, poi Milik la salva: a 7' dal termine il gol alla Lazio che vale la finale

    La squadra di Tudor va sul 2-0 con Castellanos scatenato, poi il polacco si avventa su un cross di Weah: dopo il 2-0 dell'andata, è la rete che vale la finale

    Stefano Cieri
    Giornalista
    23 aprile 2024 - MILANO
    Vince una buona Lazio, ma in finale va una Juve che non si arrende mai. La semifinale di ritorno di Coppa Italia finisce con la vittoria della Lazio per 2-1 che non basta a ribaltare il 2-0 dello Stadium in favore dei bianconeri. Allegri avrà dunque la possibilità di aggiudicarsi un trofeo il prossimo 15 maggio all’Olimpico contro la vincente di Atalanta-Fiorentina, mentre l'accesso alla Supercoppa è già realtà. Ed è proprio il tecnico juventino, grazie agli ingressi di Weah e Milik, a riprendere per i capelli una partita che si era messa molto male. Esce con parecchi rimpianti la Lazio. Sia per il 2-0 dell’andata (maturato nel corso di una ripresa disastrosa) sia per la prova dell’Olimpico, quasi perfetta, al netto di qualche errore difensivo, su uno dei quali è arrivato il gol-qualificazione di Milik dopo la doppietta di Castellanos che avrebbe portato la sfida ai supplementari.

    SBLOCCA TATY—
    La partita comincia con il copione più scontato. Lazio all’attacco a testa bassa nel tentativo di iniziare subito la rimonta che le serve per andare in finale. Tudor manda in campo la formazione annunciata, il consueto 3-4-2-1, che stavolta prevede la presenza di Guendouzi e Cataldi in mezzo al campo, mentre per il resto la formazione è praticamente la stessa delle ultime uscite. Allegri risponde con un 3-5-2 con Perin portiere di coppa e la novità di Alex Sandro in difesa, preferito a Rugani (Gatti è invece squalificato). Lazio subito all’attacco, dunque, e al 12’ i padroni di casa sbloccano già il risultato. La pressione laziale frutta un angolo che Luis Alberto pennella sulla testa di Castellanos che salta più in alto di tutti e supera Perin (prova, senza riuscirci, a controllarlo Alex Sandro). La Lazio non si ferma e continua ad attaccare, ma la Juve si compatta e chiude ogni varco. E dopo il 20’ prova pure a reagire. Al 22’ Vlahovic ha una buona opportunità, ma il suo tiro (l’assist è di Chiesa) viene prima rallentato da Gila e quindi respinto col piede da Mandas. Dieci minuti più tardi è Bremer a impensierire i padroni di casa con un colpo di testa che finisce alto. Si scivola lentamente verso l’intervallo, ma prima del duplice fischio di Orsato ecco una palla-gol clamorosa ancora per Castellanos. L’argentino, imbeccato da Luis Alberto, si ritrova tutto solo davanti a Perin in uscita disperata ma gli tira addosso.

    RADDOPPIA TATY, RIMEDIA MILIK— Il gol dell’attaccante argentino è però solo rimandato. Si materializza al 4’ della ripresa. A lanciarlo è ancora Luis Alberto, a sua volta imbeccato da Felipe Anderson, il Taty approfitta della dormita di Bremer e s’invola verso Perin: stavolta non sbaglia. Al quarto d’ora, poi, l’ex Girona avrebbe anche la palla della tripletta (il lancio è di Felipe), ma la tira di nuovo addosso a Perin. Il gol sarebbe però stato annullato: c’era fuorigioco dello stesso Taty. Nel frattempo pure la Juve si fa viva. Tra il 10’ e il 12’ Vlahovic ha due ottime opportunità. Sulla prima viene fermato da un provvidenziale salvataggio di Marusic, sulla seconda invece non trova l’angolo con Mandas che sarebbe battuto. Subito il 2-0, la Juve ancora di più si riversa nella metà campo avversaria, ma la Lazio serra le fila e cerca di resistere. Tudor inserisce Patric e Vecino, poi Rovella e Immobile per dare più sostanza alla squadra. Allegri risponde con Weah prima e con Yildiz e Milik qualche minuto più tardi. I cambi del tecnico juventino si rivelano decisivi. Perché a sette minuti dal 90’ il gol del 2-1 è propiziato da un tiro-cross di Weah che Milik deposita in rete.
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    CITAZIONE
    Acerbi e Thuram affondano il Milan, la seconda stella arriva col derby

    Finisce 2-1. Il difensore della Nazionale e l'attaccante francese decidono il derby, la capolista vola a +17 e si prende il tricolore "in casa" dei cugini rossoneri. Inutile il gol di Tomori nel finale. Nel recupero espulsi Theo, Dumfries e Calabria
    Marco Pasotto
    22 aprile 2024 (modifica il 23 aprile 2024 | 00:55) - MILANO
    Il sogno proibito e l’incubo più perfido si materializzano nella stessa serata. Come mai era successo nella lunga storia calcistica di Milano (e dell’intera Serie A). L’Inter si cuce in colpo solo scudetto e seconda stella, e si prende il lusso di farlo a casa dei cugini. Il derby mai visto tinge di nerazzurro la notte del Meazza e la sofferenza finale, dopo che il Milan dimezza lo svantaggio, consegna al successo una dimensione ancora più profonda. E’ un tricolore che arriva con cinque giornate di anticipo dopo una cavalcata quasi immacolata, e che consegna il settimo titolo a Zhang (incollato davanti alla tv in Cina) e il sesto a Simone Inzaghi. Cardinale invece era a San Siro e osserva impassibile in tribuna il sesto derby di fila perso dal suo Milan. Un fantasma che pare non ci sia modo di esorcizzare. Il clima milanese di queste ore rappresenta alla perfezione l’animo rossonero: pioggia battente e freddo. Soprattutto per Pioli, anche se non era (più) questa la partita che avrebbe potuto cambiare il suo destino.

    LE SCELTE E LE MOSSE— In un contesto del genere – cinque derby persi di fila, obbligo di vittoria - era il Milan ad aver necessità di cambiare vestito tattico per cercare spostare gli equilibri. E di mosse Pioli ne ha fatte parecchie. La più evidente: Giroud fuori e Leao centravanti di movimento con compiti di profondità per provare ad allungare il monoblocco nerazzurro e dare meno punti di riferimento. Ma a cambiare è stato proprio l’assetto, col ritorno alla difesa a tre (Calabria-Gabbia-Tomori) che in passato contro i nerazzurri un po’ di solidità in più l’aveva portata. Davanti Pioli si è sbizzarrito con la fantasia: una sorta di 3-2-5 con Adli – primi minuti in un derby per lui – accanto a Reijnders in mediana e poi Musah larghissimo a destra, Hernandez a sinistra, Loftus e Pulisic in supporto a Leao. Inzaghi ha invece confermato tutte le indicazioni della vigilia, compresa la scelta di preferire Darmian a Dumfries sulla destra. Scontato tutto il resto: Calhanoglu al centro della mediana, Barella e Mkhitaryan ai suoi lati, Lautaro e Thuram davanti. Un abito cucito su misura ormai da tempo, a cui il Milan proprio non riesce a trovare contromosse efficaci. Un po’ a livello tattico e un po’ perché, molto banalmente, l’Inter è più concreta e ben educata nello sviluppo del gioco. Un impianto solido che non cede e non ha cali di tensione.

    DISCESA— L’ennesima centrifuga di ruoli e posizioni non ha giovato al Diavolo, che in pratica ha consegnato a Inzaghi tre dei cinque uomini offensivi: Leao centravanti è stato un’anima persa, smarrito tra le maglie nerazzurre così come Loftus e Pulisic, che hanno sbattuto ripetutamente contro il muro avversario, incapaci – e spesso, impossibilitati - nel saltare l’uomo. Col passare dei minuti, dopo un avvio promettente e discretamente rabbioso del Milan, l’Inter ha iniziato ad affondare i due soliti coltelli nella pancia del Diavolo: Barella (Adli) e soprattutto Mkhitaryan (Reijnders) hanno aperto varchi sempre più consistenti – sì, film già visto, siamo al sequel del sequel -, senza disdegnare di armare la corsa e il cross di Dimarco. La discesa nerazzurra è iniziata al minuto numero 18: angolo di Dimarco, Pavard prolunga di testa e Acerbi infila da due passi in solitudine totale. E’ l’ennesima stortura difensiva rossonera della stagione: quattro milanisti contro tre interisti, eppure Acerbi viene ignorato da tutti. Nel primo tempo l’Inter ha altre due occasioni gigantesche: clamoroso l’errore di Lautaro a cinque metri da Maignan e poi è Thuram a graziare i rossoneri con un piatto destro calciato con troppa sufficienza da ottima posizione. E il Milan? Una sola volta vicino al gol, quando Calabria ha girato di prima in porta un cross di Musah, esaltando i riflessi di Sommer.

    PASSERELLA— Intervento notevole, e lo stesso non si può dire su Maignan in occasione del raddoppio nerazzurro. La ripresa è iniziata solo da quattro minuti e l’Inter sigilla match, scudetto e stella con una discesa di Thuram che prima sfugge a Tomori – morbido morbido in marcatura – e poi disegna un destro rasoterra preciso e infido ma non irresistibile su cui Maignan va giù troppo lentamente. A quel punto la partita nerazzurra ha iniziato a diventare un red carpet da srotolare minuto dopo minuto, fino a quando il Milan ha accorciato con Tomori, dopo un flipper in area. Mancavano dieci minuti al novantesimo e l’Inter si è ritrovata rintanata nei suoi ultimi trenta metri sotto la spinta di un Milan decisamente ringalluzzito. Okafor si è avvicinato al pari, ma la diga interista ha retto e al Milan sono saltati i nervi: espulsi Hernandez e Calabria, ma a quel punto mancava soltanto il fischio finale. Festa sotto la Nord, il deserto sotto la Sud.

    Cmq Pioli e Cardinale dovete morire presto
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    Bologna, altra impresa per la Champions! Ne segna tre alla Roma e blinda il 4° posto

    Grande prova degli emiliani che con un primo tempo di qualità ipotecano il successo. Segnano El Azzouzi e Zirkzee, i giallorossi accorciano con Azmoun, ma Saelemaekers chiude la partita

    Andrea Pugliese
    Giornalista
    22 aprile 2024 - ROMA
    Il Bologna passa a Roma per 3-1 e se non ha messo la parola fine sulla corsa-Champions, almeno una bella ipoteca sì. Perché ora – in attesa del recupero di Udine – la squadra di Motta ha ben otto punti di vantaggio sui giallorossi e addirittura 11 sull’Atalanta (che deve però recuperare anche lei una gara, con la Fiorentina). Insomma, i giochi sembrano virtualmente chiusi e anche con merito. Quello con cui i rossoblù si sono presi la partita dell’Olimpico: gioco, qualità, coraggio. A siglare il successo le reti di El Azzouzi, Zirkzee e Saelemaekers, per la Roma la rete della speranza (vana) di Azmoun. L’assenza di Lukaku ha pesato eccome, ma l’impressione è che la squadra giallorossa abbia risentito del grande sforzo fisico profuso contro il Milan.

    L'ALLUNGO—
    Il Bologna palleggia bene, esce sempre palla al piede, non spreca mai niente. I meccanismi sono quasi perfetti, triangoli mobili continui, linee di passaggio, sempre l’assistenza di uno o due compagni al portatore di palla. Insomma, una squadra che funziona quasi come un orologio svizzero, al contrario della Roma che invece va strappi. Qualcosa inventa (basti pensare alle occasioni d’oro che sprecano prima El Shaarawy e poi Paredes), ma è meno fluida del solito e soprattutto assai nervosa. Tanto che alla fine del primo tempo i giallorossi hanno già 4 ammoniti (El Shaarawy, Angelino, Pellegrini e Paredes), tutti gialli ineccepibili, anche se sul primo – quello di Paredes – la Roma protesta tanto (ma l’argentino accentua platealmente un contatto con Zirkzee, ammonito anche lui). Sta di fatto che la squadra di Motta gira meglio e al 14’ passa con un capolavoro volante di El Azzouzi, su cross dell’ex Calafiori. Il centrocampista marocchino festeggia sotto la Sud, che non la prende bene (eufemismo). Ma la verità è che la Roma non riesce mai a trovare la profondità con Abraham (che gira a vuoto) e sulle fasce Ndoye e Saelemaekers vincono i rispettivi duelli con Angelino e Celik. Così prima lo stesso Saelemaekers colpisce la traversa in pieno su punizione, poi Zirkzee si inventa un gol bello più nella fase iniziale (come va via a Mancini) che non per la finalizzazione. Si va all’intervallo sul 2-0 per il Bologna e tanti pensieri in casa giallorossa.

    BOTTA E RISPOSTA— Al 5’ della ripresa la Roma può subito accorciare, ma Posch respinge sulla riga con il volto un siluro di El Shaarawy. Quindi De Rossi cambia un po’ tutto: dentro Karsdorp, Spinazzola e Azmoun per i deludenti Celik, Angelino e Abraham. Ed è proprio Azmoun a riaprire i giochi quasi subito, all’11’, con Skorupski che capitola al terzo tentativo in serie dell’iraniano. Ma il Bologna è vivo e reagisce subito, su una palla persa da Dybala è Zirkzee a innescare Saelemaekers, che con un dolce scavetto fa 3-1. La partita di fatto finisce qui, con la Roma che non ha più energie (né mentali né fisiche) per rialzarsi. Ed infatti si va avanti a ritmo ridotto, con il Bologna che controlla e i giallorossi che assistono inermi. A 5’ dalla fine Pellegrini ha l’occasione giusta per riaprirla, ma spreca alto. Prima della fine va a segno anche Castro, gol annullato per fuorigioco iniziale. Finisce così, con il Bologna a un passo dal paradiso.
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    Basta mezza Fiorentina: segnano Kouame e Ikoné, Salernitana a un passo dalla B

    Due reti nell'ultimo quarto d'ora sono sufficienti ai toscani per prendersi una partita dalle poche emozioni: profondo turnover per Italiano tra Conference League e Coppa Italia, campani a un passo dalla retrocessione

    Dal nostro inviato Alex Frosio
    21 aprile 2024 - SALERNO
    La Fiorentina non molla niente, anche se a Salerno sembra farlo a lungo. Nel finale, l'ingresso di Kouame fornisce il terminale offensivo che serviva ed è proprio il 99 a sbloccare la partita, rifinita poi al 95' da Ikoné. La Viola accorcia la classifica in zona Europa e può dedicarsi all'Atalanta, avversaria mercoledì nel ritorno della semifinale di Coppa Italia.

    PRIMO TEMPO—
    Italiano non porta Bonaventura, Nico Gonzalez, Belotti, Beltran e Nzola. Un po' per necessità e un po' per scelta, il tecnico sceglie una Viola senza centravanti. O meglio, lo fa Barak, con Castrovilli in appoggio – bentornato, non giocava dal 2 giugno 2023 –, Ikoné e Sottil sui lati. Colantuono risponde con un 3-5-2 mobile, nel quale Candreva fa la mezzala sinistra, Ikwuemesi e Tchaouna le punte. Abbiamo parlato soprattutto dell'attacco, ma entrambe le squadre producono pochissimo. La Fiorentina non vuole sprecare energie, la Salernitana non sembra in grado di pungere. La Viola si impadronisce del pallone, uno spunto di Ikoné all'11' – accentramento e sinistro debole – promette bene ma non ha seguito. Tanto possesso ospite, e pure tanta noia, perché non c'è penetrazione in area. Al 38' su angolo di Candreva, Sambia tutto solo liscia il colpo di testa e Basic al volo conclude debolmente. Al 39' sinistro debole di Ikoné sugli sviluppi di un angolo. L'unica vera occasione arriva al 42', sulla prima e unica percussione centrale della Fiorentina: Barak infila per Ranieri, subentra Ikoné che "scippa" il difensore centrale pronto alla girata e colpisce lui di destro, a lato, con Ranieri che lo manda a quel paese.

    SECONDO TEMPO— Ancora più grossa l'occasione a inizio ripresa: esterno di Castrovilli, Pierozzi buca su Sottil che vola verso Ochoa ma poi sbatte il destro sul portiere messicano. Sembra il segnale del cambio di ritmo della Fiorentina, che invece di nuovo non arriva: la Viola palleggia sul perimetro, ma non riesce ad affondare. Serve il centravanti. E Italiano lo mette al 25': Kouame per Castrovilli (e Arthur per Lopez). Il nuovo entrato si trova subito a tu per tu con Ochoa su lancio di Ikoné: altra chiusura di super-Memo. Ma il gol è maturo: al 35' lungo giro palla fino al cross di Ranieri verso il secondo palo dove Kouame sovrasta Pellegrino (entrato al posto di Pirola) e di testa scavalca Ochoa. Colantuono passa al 4-2-4 con Zanoli e Simy, Italiano si protegge con Milenkovic e la difesa a 5, ma sempre lasciando 3 uomini davanti. E al 50' trova anche il raddoppio: fuga di Ikoné a sinistra, palla per Faraoni che sostiene e crossa, Mandragora in area calcia su Ochoa ma sulla respinta serve Ikoné che appoggia a porta vuota. Cade ancora la Salernitana, e solo il pareggio del Frosinone a Torino non rende aritmetica la retrocessione. Ma se l'Udinese batte la Roma nei minuti restanti di giovedì, sarà Serie B senza giocare per la squadra campana.
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    Il Toro non sfonda: il Frosinone strappa un buon punto

    Occasioni per Zapata e Okereke a cui rispondono Soulé e Cheddira. I granata salgono a 46 punti, gli ospiti agganciano l'Udinese a 28
    dal nostro inviato Mario Pagliara


    21 aprile 2024 - TORINO
    Il Toro si è inceppato sul più bello. Non va oltre un deludente zero a zero casalingo contro un Frosinone vivace e propositivo. Per la squadra di Juric è il secondo pareggio consecutivo dopo il derby: i due punti raccolti nelle ultime tre partite (tra Empoli, Juve e Frosinone) rallentano la rincorsa dei granata, ancora a distanza rispetto all’ottavo posto del Napoli che vale un posto in Europa. Se otto giorni fa nella stracittadina c’erano stati spirito e cuore nella ripresa, questo pomeriggio si sono intravisti solo a tratti in una delle prestazioni più grigie della gestione Juric. Tutt’altro umore in casa Frosinone. Di Francesco gioca, invece, un calcio godibile, organizzato, in alcuni momenti poco prevedibile e, alla fine, porta a casa un punto pesantissimo per la corsa salvezza.

    DUE BRIVIDI—
    Due interessanti novità in avvio: Di Francesco si inventa Brescianini nella posizione di centravanti puro, marcato a uomo da Buongiorno a tutto campo, in un Frosinone disegnato con il 3-4-3. Juric (squalificato, il vice Paro è in panchina) rilancia Okereke sulla trequarti in un Torino posizionato, come da abitudine, con il 3-4-2-1. Nel primo tempo gioca meglio il Frosinone, grazie a una manovra molto più fluida e a un palleggio cercato ripetutamente. Il Torino la imposta, come da dna del calcio di Juric, sui duelli fisici provando a colpire con le ripartenze di Bellanova e Vojvoda. Due brividi in partenza: al 14’ Soulé salta netto Rodriguez e tenta di sorprendere Milinkovic (poco fuori). Due minuti dopo Vojvoda rispolvera il tiro a giro, dando l’illusione del gol. Prima dell’intervallo altre due occasioni, una per parte: la prima di Valeri (23’) che scarica un missile dal limite sui tabelloni non molto distante dalla porta. La seconda (31’) con Zapata che si divora un rigore in movimento su assist di Tameze. Zero a zero all’intervallo.

    POCHE EMOZIONI— Il primo squillo della ripresa è portato da una conclusione del volenteroso Okereke (12’), respinta da Turati coi pugni. Un minuto dopo Rodriguez scivola e causa un pasticcio, lanciando Cheddira in volata verso Milinkovic attento a neutralizzarne il tentativo. Per scuotere un Toro incapace di trovare giocate e varchi, Juric dispone l’ingresso in campo di Sanabria (22’) al posto di Okereke senza apportare alcuna modifica allo schema tattico. Tre minuti dopo la palla del vantaggio cade sul collo di Soulé, ma la mira non c’è e il tiro va fuori. Entrano, poi, pure Lazaro (per Vojvoda) e l’ex Seck (per Brescianini) nel Frosinone. Accade poco o nulla, in una ripresa con poche emozioni nella quale il Frosinone ha tenuto meglio il campo portandosi a casa un punto pesantissimo. Allo scadere Zapata spedisce in curva un diagonale potente, dopo il Toro esce tra i fischi del proprio pubblico.
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    F1, Verstappen è un dragone in Cina: Ferrari giù dal podio e sotto le aspettative

    Vittoria numero 58 per il campione del mondo, davanti a un brillante Norris e al solito Perez. Quarto Leclerc, quinto Sainz
    Giusto Ferronato
    Giornalista
    21 aprile 2024 - MILANO
    Max Verstappen imbattibile nel GP Cina di F1, talmente forte che alla fine il pubblico cinese in tribuna ha più esultato nel salutare il connazionale Zhou Guanyu, che ha chiuso in retrovia 14°, ma scatenato l’orgoglio patriottico dei suoi tifosi, felici di poter acclamare un proprio beniamino in lotta nella massima serie dell’automobilismo. La passerella del pilota della Sauber regalata ai tifosi cinesi ha un po’ ravvivato gli animi in tribuna, abbastanza raffreddati dall’ennesima prova robotica di Verstappen, semplicemente inarrivabile. Eppure qualche variazione sul tema c’è stata, con Lando Norris bravissimo a guadagnare un ottimo secondo posto davanti alla Red Bull di Sergio Perez.

    COSÌ LE FERRARI—
    La Ferrari ha un po’ pagato la partenza dalla terza e quarta fila: per Charles Leclerc e Carlos Sainz junior un quarto e quinto posto finale che dimostrano come ci sia ancora molto da fare, soprattutto sulla costanza di gara e sulla capacità di gestire le diverse mescole di gomma in tutti i tipi di condizione. Su questo tracciato veloce le SF-24 hanno mostrato problemi nel mandare in temperatura le coperture, in particolare le dure, anche rispetto alla stessa McLaren, che sin qui era stata dietro. Nuove risposte e sviluppi servono nelle prossime gare di Miami e Imola.
    MAX SENZA PROBLEMI— Verstappen partiva dalla pole e non ha avuto alcun tipo di problema, scattando bene davanti a Perez che è stato fulminato a sua volta da Alonso. Ci ha messo un bel po’ di giri Checo per ritrovare il ritmo e portarsi in seconda posizione. Le Ferrari hanno perso strada allo scatto, con Leclerc che ha allargato molto a sinistra per difendersi da Sainz e lasciato così la porta aperta a destra dove si è infilato pure Hulkenberg con la Haas. Pure George Russell al via ha passato le rosse, che così hanno dovuto trovare ritmo per recuperare posizioni.

    LE SAFETY CAR— La strategia a due soste dei pit stop ha favorito Norris e Leclerc che quando si è fermata in pista la Sauber di Bottas col motore andato, hanno potuto effettuare la loro prima sosta con Virtual Safety Car e poi Safety Car. Ma sfortunatamente per loro, la lunga attesa per decidere di far entrare la vettura di sicurezza ha aiutato anche la Red Bull, che ha potuto effettuare un secondo cambio gomme e poter andare fino al traguardo. Norris è riuscito col suo passo a tenere dietro Perez, non invece Leclerc, che si è spesso lamentato via radio del ritmo non buono della sua Ferrari con la gomma hard. Da segnalare un tamponamento di Stroll su Ricciardo al termine del primo periodo di Safety Car. Gara calvario per Lewis Hamilton, che partiva dal fondo e ha chiuso nono preceduto anche da Russell, Alonso e Piastri. Bravo Hulkenberg, a punti in decima posizione. Prossima gara a Miami tra due settimane.
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    CITAZIONE
    Urlo Coppola al 93': il Verona piega l'Udinese e si prende tre punti d'oro

    Due legni colpiti da Noslin e Folorunsho, i friulani sprecano tre nette palle gol. E nel recupero arriva il guizzo del difensore
    Vincenzo Di Schiavi
    Giornalista
    20 aprile 2024 - MILANO
    E alla fine spunta la testa di Coppola. Il Bentegodi esplode al 93' con un'incornata del difensore che pietrifica Okoye. L'Udinese cade così, in un atroce finale, lasciando punti pesantissimi, quando almeno il pari lo avrebbe meritato. Il balzo dell'Hellas è vitale: ora i punti sono 31 e gli spettri si spostano tutti sulla testa dei bianconeri che se hanno un demerito è quello di sprecare troppo.

    DUE OCCASIONI—
    Buon impatto degli ospiti che con Samardzic e Pereyra a supporto di Lucca coprono meglio il campo. Il 4-2-3-1 dell’Hellas invece è poco efficace, specie in mezzo. Il destro di Payero apre il match ma non provoca brividi. Dopo 15’ gli ammoniti sono già tre (Serdar, Cabal e Walace), tradendo una tensione ben palpabile. Ci si gioca molto, imperversa il tatticismo e quindi si stenta a decollare. Magnani protesta con Guidi per una trattenuta in area, Cabal ci prova di testa e poi è ancora Payero a colpire da lontano, ma la mira è di nuovo sbilenca. La prima vera grande occasione capita nei piedi di Lucca: angolo e l’attaccante che devia da due passi ma Montipò è attentissimo. Una punizione di Samardzic si spegne non lontano dal palo, poi l’Hellas esce dalla morsa e comincia a guadagnare campo. Il finale è tutto gialloblù: Ehizibue chiude su Noslin a due passi dalla porta, poi sempre l’attaccante veronese coglie il palo di testa.

    RIPRESA— Stessi protagonisti del primo tempo. Un destro di Serdar sembra scuotere il Verona e invece l’Udinese ha tre occasioni per passare che non sfrutta: incredibile l’errore di Lucca, tutto solo a centro area. Poi Ehizibue non aggancia da pochi passi e Bijol sfiora il palo di testa. Sfuriata che spinge Baroni a dare più peso al proprio attacco per dribblare la pressione friulana. Dentro Bonazzoli e Swiderski per Mitrovic e Silva con il passaggio a un 4-4-2 piuttosto offensivo. In realtà il pallino resta in mano agli ospiti, ma sui ribaltamenti l’Hellas attacca con maggiore impeto. Il sinistro di Cabal è bloccato in due tempi da Okoye, la risposta di Ehizibue fa tremare il Bentegodi. Ci si prova in ogni modo, ma quando si arriva lì, manca la stoccata. Folorunsho coglie la traversa di testa. Poi il blitz di Coppola. Che profuma di salvezza.
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    CITAZIONE
    Napoli, l'agonia continua: ko anche a Empoli. Nicola, è una vittoria-salvezza

    Cerri, gol sprint al 4'. Azzurri mai veramente pericolosi, fischiatissimi a metà gara e pure a fine partita

    dall'inviato Vincenzo D'Angelo
    20 aprile 2024 - EMPOLI
    Vento, pioggia e freddo spazzano via le ultime speranza di risalita del Napoli. Ad Empoli arriva un’altra sconfitta che premia la squadra di Nicola (1-0) a caccia di punti salvezza e getta i campioni d’Italia nella crisi più profonda. Non è servita nemmeno la presenza di De Laurentiis stavolta: il Napoli è solo un ricordo lontano nel tempo e il suo pubblico canta indignato contro gli ex eroi tricolori. Clima pesantissimo a un mese dalla fine di una stagione da incubo.

    CERRI-GOL—
    Al primo affondo l’Empoli passa. Natan esce a vuoto in fascia, Gyasi spizza per Fazzini che gli ridà palla in profondità, cross morbido per Cerri che mangia in testa a Di Lorenzo e firma l’1-0. E all’8’ ancora Cerri di testa non trova la porta. Il centravanti toscano (19’) poi è costretto a uscire per un problema muscolare: dentro Niang. Per assistere al primo tiro in porta del Napoli bisogna aspettare il 31’, con Osimhen che controlla al volo e in girata batte a rete, centrale. Il Napoli è spettatore non pagante, l’Empoli arriva prima su ogni pallone e fa ciò che vuole nelle praterie che portano a Meret. Al 35’, ripartenza micidiale di Niang che salta Juan Jesus e serve Cambiaghi: sinistro che centra il palo esterno. All’intervallo il Napoli viene ancora una volta sommerso di fischi.

    REAZIONE— Calzona lascia negli spogliatoi un imbarazzante Natan, che aveva ritrovato una maglia da titolare a causa dell’indisposizione notturna di Mazzocchi (influenza intestinale): eppure l’ex Salernitana viene lanciato nella mischia lo stesso, per l’ennesima bocciatura del brasiliano. Mazzocchi entra bene nel match, scodellando subito un bel cross che non trova però deviazioni amiche. Juan Jesus in mischia ha una buona occasione ma viene murato, poi Kvara (22’) chiama Caprile alla bella respinta in angolo. Adesso, quantomeno, c’è una partita. Calzona mostra coraggio: fuori Kvara e Politano, dentro Ngonge e Raspasori, alla ricerca disperata di una scintilla in uscita dalla panchina. Ma i cambi non sortiscono effetti, anzi solo altra confusione. Il popolo napoletano continua a contestare e invoca in campo “la Primavera”. ‘A nuttata è ancora lunga cinque giornate, poi sarà rivoluzione. L’Empoli sorride: tre punti fondamentali e +4 dal terzultimo posto. C’è ancora da lottare, ma lo spirito è quello giusto.
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