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Posts written by Shagrath82

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    Lazio, 3 punti tra i fischi. Doppietta di Felipe Anderson e poker alla Salernitana

    I biancocelesti - contestati a lungo dalla Curva Nord - vanno sul 2-0, Tchaouna accorcia, ma il brasiliano firma il tris e la chiude nel 1° tempo. Nel finale a segno anche Isaksen

    12 aprile - 22:41 - ROMA
    Tre punti per zittire la contestazione. La Lazio supera 4-1 la Salernitana in un Olimpico ostile con la Curva Nord che ha fischiato a lungo, anche dopo i gol, i biancocelesti. A segno Felipe Anderson (doppietta) e Vecino, per i granata Tchaouna che aveva accorciato sul 2-1. Nel finale il poker porta la firma di Isaksen.

    LA PARTITA—
    Al 7' passa già la Lazio, incursione di Felipe Anderson, la difesa si apre come il Mar Rosso e infilare Costil è un gioco da ragazzi. La Nord però fischia, anche all'annuncio del marcatore. Poco dopo è Castellanos a sfiorare il raddoppio. Che arriva poco dopo, al 14': mani in area di Gyomber, l'arbitro attende a fischiare, la palla arriva a Vecino che insacca. Passano 2' e la Salernitana accorcia con un colpo di testa di Tchaouna su cross di Maggiore. E la contestazione degli ultras laziali si fa più veemente. I fischi non si fermano neppure al 35' con Anderson che fa doppietta su assist di Luis Alberto che lo manda in porta con un gran tocco. Ed è proprio Luis Alberto a sfiorare il poker al 60', negatogli da una bella parata di Costil. All'87' il 4-1: Rovella recupera palla in scivolata, Isaksen la cattura, entra in area e con un bel diagonale firma il poker.
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    Aston Villa-Lilla 2-1

    Buona la prima per i Villans, che chiudono il primo round con un gol di vantaggio. Il bomber di giornata, tanto per cambiare, è il solito Ollie Watkins: dopo appena 13’ il centravanti è libero da marcature nel bel mezzo dell’area e, su corner di McGinn, colpisce di testa e mette il match in discesa. La squadra di Emery non impressiona ma gestisce l’1-0 con intelligenza: la graziano Zhegrova e Jonathan David, fermati nell’area piccola da un impeccabile Dibu Martinez. Il raddoppio degli inglesi arriva al 55’ con uno schema. Corner battuto corto e palla fuori per McGinn, che calcia di prima intenzione e trova l’angolino basso. Gli uomini di Paulo Fonseca si disperano per la rete annullata a Gudmundsson per un fuorigioco millimetrico e, nel finale, assaltano la porta difesa da Martinez. L’argentino si conferma insuperabile fino all’84’, quando Diakite lo infila con un’incornata su calcio d’angolo.

    Bruges-Paok 1-0
    Una vittoria di misura che lascia l’amaro in bocca: i belgi si avvicinano alla semifinale contro una tra Fiorentina e Viktoria Plzen, ma chiudono l’andata con il rimpianto di aver fallito troppe volte il raddoppio. Senza l’infortunato Skov Olsen, ex del Bologna e bomber della squadra con 23 reti, i nerazzurri sbloccano subito la partita con Vetlesen, bravo a trasformare un rigore in movimento su suggerimento di Jutgla. Il Bruges spinge forte per tutto il primo tempo, con De Cuyper e lo stesso Vetlesen che mancano l’appuntamento col raddoppio. Nella ripresa i padroni di casa continuano a schiacciare il Paok nella sua metà campo: Kotarski nega il raddoppio a Jutgla. Se i greci restano in corsa per il passaggio del turno il merito è soprattutto del loro portiere, che al 79’ para a Igor Thiago il rigore del potenziale 2-0. Il discorso qualificazione rimane apertissimo.
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    Mancini ci ha preso gusto: steso anche il Milan, la Roma si prende un altro... derby

    Un gol del difensore, come contro la Lazio, regala a De Rossi il primo round dei quarti di finale di Europa League. Ritorno il 18 aprile all'Olimpico

    Marco Pasotto
    Giornalista
    11 aprile 2024 - MILANO
    L’inerzia del lussuoso percorso parallelo in campionato da quando alla Roma governa De Rossi, viene spazzata via dal primo round di Europa League. Tra le due bellissime del 2024 soccombe il Milan e volano i giallorossi. Il punto di rottura è il gol di Mancini – che ci sta prendendo gusto -, ma in generale la Roma ha meritato di uscire col sorriso da San Siro: più organizzata, più lucida, più feroce, più convinta. E anche fortunata, dopo aver visto il destro di Giroud stamparsi sulla traversa a tre respiri dal novantesimo. Che la Roma con DDR sia tornata a divertirsi è ormai cosa nota. Il mistero piuttosto è il Milan, che era altrettanto in salute, se non di più. Eccezion fatta per gli ultimi dieci minuti - i classici giocati di pancia da chi è sotto nel punteggio - quella del Diavolo è stata una prestazione non all’altezza. Un deciso passo indietro rispetto alla squadra che arrivava da sette vittorie di fila, a cui si fatica dare una spiegazione. Di squadra e nei singoli: Dybala ha mostrato a Leao cosa significa giocare per la squadra, Lukaku ha salvato sulla linea e Giroud si è mangiato il pari, giusto per fare due esempi. Pioli voleva portarsi avanti il più possibile all’andata: adesso occorrerà qualcosa di strepitoso all’Olimpico.

    LE SCELTE—
    Pioli e De Rossi non hanno trascorso una vigilia immersi nei dubbi – giusto qualcuno – e hanno optato per le soluzioni che erano già nell’aria: Thiaw preferito a Kjaer, Smalling a Llorente e Spinazzola ad Angelino. Tutto il resto molto nella logica su sponda rossonera: 4-2-3-1 costruito su Bennacer-Reijnders in mediana e Pulisic-Loftus-Leao alle spalle di Giroud. De Rossi invece ha sparigliato tatticamente il copione, disegnando una sorta di 4-4-2 con Dybala a fornire – fra le varie altre cose - assistenza a Lukaku, ma soprattutto allargando Pellegrini a sinistra ed El Shaarawy a destra. Quest’ultima è stata in assoluto la mossa più redditizia perché l’ex rossonero si è in pratica occupato a uomo di Leao, togliendogli metri, respiro, idee e proteggendo quindi Celik, che ha potuto irrobustire i metri più centrali giocando più vicino a Smalling. In pratica una doppia scalata in marcatura che di solito si vede nei momenti di difficoltà, per aiutare il compagno, e che qui invece è avvenuta in modo preventivo. Alla mossa azzeccata da DDR vanno però aggiunti almeno altri due particolari. Il primo: la Roma ha avuto il grande merito di rimanere cortissima anche nei minuti di maggiore pressione milanista, togliendo quasi tutti gli spiragli di luce ai portatori di palla rossoneri. Il secondo: il Diavolo ha dato vita a uno sviluppi del gioco per lo più lento e prevedibile. Ingessato. Spento. Una pecca che non si vedeva da tempo, generata in buona parte da meriti e accortezze avversarie.

    SPUNTO— Cristante ha gravitato sulle zolle di Reijnders, Loftus-Cheek ha sbattuto più di una volta contro Paredes e Dybala ha gravitato su un raggio di oltre quaranta metri di campo. Superlativo nel fare uscire la squadra dalla pressione rossonera, nel dare superiorità numerica a centrocampo e nell’appoggiare la manovra, cosa che peraltro non ha mancato di fare anche El Shaarawy: doppia fase sontuosa. A proposito di esterni: il giro palla senza ferocia del Milan ha ovviamente anche cancellato qualsiasi ambizione di dare profondità a Leao, che si è spalmato sul muro eretto da ElSha e Celik, senza trovare supporto da parte di Hernandez, in versione timida timida. Dall’altra parte Pulisic ha goduto di un pelo di libertà maggiore, ma senza trovare lo spunto delle ultime uscite. Il risultato è stato che dalla trequarti rossonera sono piovuti nell’area della Roma un’infinità di cross leggibili, senza una vera idea alla base: buttarla in mezzo giusto per vedere l’effetto che fa. Roma abile a chiudersi ma anche a ripartire, con la cattiveria mancata al Milan e con la lucidità di scegliere quasi sempre l’appoggio giusto. Il primo squillo in realtà è del Milan – Svilar smanaccia via un destro insidioso di Reijnders –, poi il Diavolo deve ringraziare Maignan, che toglie da sotto la traversa un tiro di El Shaarawy sporcato da Gabbia. Al minuto 17 i giallorossi sono passati: angolo di Dybala, Mancini è sfuggito a Loftus-Cheek e ha collocato di testa in porta. Cinque giorni dopo, il déjà-vu del derby. La reazione del Milan è tutta in un doppio colpo di testa di Giroud (21’), sul primo dei quali Lukaku salva sulla linea.

    INTERPRETAZIONE— Nella ripresa i rossoneri cercano di premere sull’acceleratore, ma è una pressione sterile, che non appare convinta nell’interpretazione e nell’atteggiamento. Come qualcosa dovuto per contratto, e non la ricerca della ferocia per pareggiare. Svilar infatti resta all’erta ma non viene realmente impegnato e alla Roma ovviamente si spalancano porzioni golose di campo. Cartolina emblematica della serata milanista: dopo una ripartenza giallorossa conclusa da un destro infido di Cristante, Maignan si infuria con Leao - reo di non aver dato copertura - redarguendolo a lungo pesantemente e platealmente. Il Milan è riuscito a dare un cenno di vita con Adli (al posto di Bennacer), a un passo dal jolly di serata con un destro a giro da posizione defilata che Svilar ha deviato con l’aiuto della traversa. Fischi diffusi quando Leao ha lasciato il campo per Okafor. Mani nei capelli invece quando a tre dal novantesimo un numero di Chukwueze ha messo Giroud nelle condizioni migliori possibili a un passo dalla porta: destro violento e palla sulla traversa. Ma non è stata sfortuna: per uno come Oly questi sono gol da fare.
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    Atalanta, notte storica ad Anfield! Super Scamacca e Pasalic affondano il Liverpool

    Gasperini imbriglia Klopp, nerazzurri grandi protagonisti in Europa: il bomber segna due gol e il croato dilaga. La qualificazione alle semifinali è a un passo

    Dal nostro inviato Davide Chinellato
    11 aprile 2024 - LIVERPOOL
    L’Atalanta si riscopre grande, anzi grandissima. Immensa come battere 3-0 il Liverpool ad Anfield, quei Reds favoriti per l’Europa League e primi a pari merito in Premier che nel loro stadio in questa stagione non avevano ancora perso. I nerazzurri li hanno annichiliti, fatti a pezzi, colpiti da un gol per tempo dall’immenso Gianluca Scamacca e poi affondati dal terzo gol di Pasalic nel finale. Il centravanti che l’hanno scorso non aveva digerito da Premier è stato il migliore in campo, ma tutta l’Atalanta è stata eccezionale. Così tanto da aver messo una seria ipoteca sulla semifinale, da conquistare tra una settimana nel ritorno a Bergamo, nel doppio confronto con una montagna che pareva impossibile da scalare.

    LE CHIAVI—
    L’Atalanta veniva da due sconfitte tra Coppa Italia e campionato, ma ad Anfield ha giocato la partita più bella della sua stagione. Resta imbattuta in Europa quest’anno, diventa la quarta squadra nella storia nelle coppe del Liverpool ad imporsi all’andata ad Anfield di una partita ad eliminazione. Gasperini aveva già vinto nel tempio dei Reds, ma era il 2021 e una partita dei gironi di Champions. Questa volta è diverso, perché c’è il pubblico (i 2000 tifosi dell’Atalanta sono rimasti gli unici ad esultare in uno stadio clamorosamente ammutolito) e perché è il primo atto di una sfida ad eliminazione diretta. Una in cui, oltre a Scamacca, ha brillato un’intera squadra, una che più passava i minuti più sembrava il Liverpool, una capace di crescere nella ripresa e diventare irraggiungibile proprio quando Klopp aveva rimesso i titolari tenuti inizialmente in panchina. De Keteleare ha fatto le cose giuste in attacco, Éderson ha ringhiato in mezzo al campo, Zappacosta a destra scappa spesso e volentieri facendo ammattire Tsimikas, De Roon dall’altra parte sbaglia poco o nulla. Klopp invece ha sbagliato tanto: troppo turnover nel primo tempo, con Tsimikas palesemente fuori condizione anello debole di una squadra che nella ripresa ha incassato il 2-0 proprio quando aveva alzato il ritmo per provare a rimontare. Alla vigilia il tecnico dei Reds aveva detto di aspettarsi un avversario tatticamente disciplinato. Quello che non aveva previsto è di prendere una clamorosa lezione da Gasperini. Una che mette l’Atalanta con un piede in semifinale e costringe il Liverpool a dover fare un’impresa altrettanto grande tra una settimana a Bergamo per non uscire da quella coppa di cui è favorito da inizio stagione.

    LA PARTITA— L’Atalanta trema quando al 26’ un tiro a girare di Elliott viene respinto prima dalla traversa e poi dal palo ma al 38’ esulta con Scamacca, che infila il colpevole Kelleher con un tiro da centro area su passaggio di Zappacosta. La squadra di Gasperini potrebbe andare al riposo addirittura 2-0 se Koopmeiners al primo di recupero non sparasse addosso a Kelleher in uscita disperata. Klopp all’intervallo capisce di aver esagerato col turnover e riparte con Salah, Szoboszlai e Robertson. Il Liverpool prova ad assomigliare a quello vero e crea occasioni, ma al 61’ affonda di nuovo, colpito ancora da Scamacca, che stavolta, dimenticato dalla difesa di Klopp, tocca in rete un assist da destra di De Ketelaere. Salah al 79’ prova a riaprire la partita, ma è in fuorigioco quando tocca in gol un assist di Robertson da sinistra. E allora l’Atalanta la chiude, con Pasalic all’83’ che si avventa su una corta respinta di Kelleher su Éderson, smarcato in area da Scamacca. 3-0, l’impresa clamorosa è servita.
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    La Fiorentina non rischia niente: col Viktoria è 0-0, la qualificazione si decide al Franchi

    I Viola di Italiano, nell'andata dei quarti, gestiscono la partita contro i modesti cechi. Ma Belotti & co. non pungono
    dal nostro inviato Matteo Dalla Vite
    11 aprile 2024 - PLZEN (REP.CECA)
    Veramente troppo poco per abbattere il muro-Viktoria: la Fiorentina torna da Plzen con uno 0-0 che aiuta la gara di ritorno e il passaggio del turno ma ha concluso e fatto davvero fatica a creare qualcosa di serio, eccezion fatta per un colpo di testa di Belotti al tramonto del primo tempo e una conclusione di Beltran a inizio-ripresa. In Gara-2, giovedì prossimo a Firenze, servirà un’altra Viola: più ficcante, meno banale nello strutturare le proprie azioni, meno basica e scontata, con più varianti nell’edificare la fase offensiva.

    IL GALLO—
    Il Viktoria Plzen, imbattuto come la Viola in Conference e capace di subìre solo un gol in otto gare, ha diverse defezioni, si pone col 3-5-2 e il suo pacchetto difensivo ha tre uomini di statura e aggressione; Italiano, dall’altra parte, infila Sottil alto a sinistra e Milenkovic al centro della difesa al posto di Ranieri e al fianco di Quarta, mentre Beltran fa il sottopunta di Belotti; in mezzo al campo, conferma di Mandragora con Arthur. Detto che il ritorno sarà giovedì prossimo a Firenze, l’inizio è protezione Plzen e manovra Fiorentina che prende il primo tiro in porta al 10’: zuccata di Hejda da calcio d’angolo, niente di che per Terracciano. La Viola gioca in maniera basica, cercando l’uomo oltre la barriera difensiva del Plzen: qualche spunto di Nico Gonzalez ma l’efficacia inizialmente non si vede. Al 23’ azione vera del Viktoria, la conclude Vydra con un diagonale che a, la conclude Vydra con un diagonale che Terracciano lascia passare e che va di poco fuori dal polo di destra. La Fiorentina non imbastisce giocate che rubino gli occhi, è attenta ma non pungente anche perché le ali (Sottil e Nico) vengono guardate a vista e bene. La prima iniziativa della Fiorentina è un tiro di Mandragora: curva, minuto 27. Al 34’ lo stesso Mandragora mette in piena area: Belotti di testa impegna seriamente Jedlicka. E’ l’unico sussulto di un primo tempo fatto più di intenzioni che di occasioni reali, a parte quest’ultima del Gallo comunque controllata.

    ACCENSIONE— Nella ripresa, Italiano ricomincia con gli stessi 11 (Bonaventura è in tribuna per il riacutizzarsi di una botta presa contro la Juventus): al 9’ è Beltran a cercare la porta ma Jedlick fa muro per bene sul primo palo. La Fiorentina si affida molto alla fascia destra con Dodò fra i più attivi, Il Viktoria si avviciona al gol con Chory, diagonale ma viziato da un fallo in area su Milenkovic un secondo prima. Italiano mette Nzola per Belotti, Barak per Beltran e poi Maxime Lopez per un arthur scontatissimo e Kouamé per Sottil. Poi, dentro anche Ikoné che si prende un’ammonizione per aver spinto un raccattapalle: i 6’ di recupero del secondo tempo allungano nervosismo e attesa, la Fiorentina non trova l’accensione. E a dire il vero non l’ha praticamente mai trovata per tutta la gara.
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    Olympiakos-Fenerbahce 3-2

    Il pressing alto dei greci condanna il Fener alla sconfitta: gli errori più gravi sono di Krunic e Soyuncu, leader della squadra allenata da Kartal. Al Pireo l’equilibrio dura appena otto minuti. La trequarti dell’Olympiakos, con Jovetic alle spalle della punta, manda in tilt la difesa degli ospiti. All’8’ Soyuncu si fa rubare palla da Masouras, che vede Fortounis al limite dell’area e gli serve il pallone dell’1-0. Il bis arriva al 32’ proprio con Jo-Jo, imbucato da Fortounis al 32’: il montenegrino, al terzo centro nell’ultimo mese, si conferma al top della condizione. Nel primo tempo il Fenerbahçe non può che aggrapparsi alle iniziative individuali di Kahveci, che parte largo a destra, si accentra, cerca la porta ma è sfortunato. I turchi continuano a fare disastri anche in avvio di ripresa, con Krunic protagonista… in negativo. Palla persa al 50’ e occasione sciupata da El Kaabi, nuovo errore al 57’ e 3-0 di Chiquinho con una botta in diagonale. Un rigore trasformato da Tadic al 67’ dà la scossa agli ospiti, che assediano l’area avversaria nel finale e siglano il 3-2 con Kahveci. Nella sfida di ritorno a Istanbul può succedere davvero di tutto.
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    Colpo Barcellona con super Raphinha: il Psg va ko in casa

    Andata dei quarti di Champions: la sblocca il brasiliano poi Dembélé e Vitinha ribaltano tutto, ma un capolavoro di Raphinha riapre il match. Decide un colpo di testa di Christensen. La prossima settimana il ritorno in Catalogna

    Salvatore Malfitano
    10 aprile 2024- MILANO
    La notizia della serata prescinde il risultato. Delle cinque reti che si vedono nello spettacolare 2-3 con cui il Barcellona strappa il successo in controrimonta al Parco dei Principi sul Paris Saint-Germain, nessuna porta la firma di Mbappé o Lewandowski. La copertina se la dividono Raphinha, che prima di questa notte non aveva mai segnato in Champions League e ne fa due in una volta, e Christensen, che firma la vittoria regalandosi la gioia del gol. Anche in senso piuttosto letterale, considerando che è il suo 28esimo compleanno.

    La contrapposizione è evidente fin dalle battute iniziali, Mbappé da un lato e Lewandowski dall'altro guidano i rispettivi tridenti, completati da Dembélé e Asensio - il suo impiego un po' a sorpresa - per i francesi e da Raphinha e Yamal per i catalani. Negli schieramenti titolari, Luis Enrique propone Beraldo al centro della difesa avanti a Donnarumma mentre Xavi si affida all'esperienza di Sergio Roberto, Gundogan e il rientrante De Jong a metà campo. Gigio è subito decisivo, quando al 5' è costretto a uscire sulla propria trequarti per anticipare Raphinha dopo un clamoroso buco della propria retroguardia su un lancio di Ter Stegen. Il Psg sceglie di pressare molto alto e fa la partita nella fase di studio, ma il primo vero pericolo lo crea il Barcellona al 19': su un calcio d'angolo dalla sinistra svetta Lewandowski e anticipa Donnarumma che esce male, lo salva Nuno Mendes allontanando in scivolata il pallone sulla linea di porta; poco dopo il portiere si riscatta deviando in angolo la conclusione da fuori area di Raphinha. La risposta dei parigini si racchiude tutta nel tiro secco ma centrale di Dembélé, con Ter Stegen che respinge (28'). Al 37' la gara si sblocca: Lewandowski spezza un raddoppio a centrocampo e imbecca Yamal che prova a chiudere il triangolo; Donnarumma anticipa il polacco ma non allontana, Raphinha ringrazia e porta in vantaggio gli ospiti.

    LA RIPRESA— Luis Enrique cambia già all'intervallo, toglie uno spento Asensio per inserire Barcola, nella speranza di trovare nuovi spunti. Il pari arriva ancor prima di trovarci una correlazione, a due minuti dalla ripresa del gioco: Dembélé raccoglie una respinta di Araujo, si libera di De Jong in area e lascia partire una bordata di sinistro sotto la traversa. Allo scoccare del 51' la rimonta è servita, perché Fabian Ruiz ispira con tempi perfetti il taglio di Vitinha, che controlla e in diagonale fa secco Ter Stegen, battuto per la seconda volta in quattro minuti dopo un primo tempo tutto sommato sereno. Per poco il Paris Saint-Germain non cala anche il tris, il tedesco sventa il tentativo di Barcolà con l'aiuto della traversa (55'). Xavi manda dentro un altro calciatore recuperato per questa sfida, Pedri, per l'ultima mezz'ora. Il suo corrispondente sull'altra panchina replica togliendo Kang-in per Zaire-Emery. La mossa vincente però è quella dell'ex capitano blaugrana: Pedri infatti disegna una traiettoria splendida per lo scatto di Raphinha, che al volo trafigge Donnarumma; al 62' è 2-2. Sei minuti più tardi l'arbitro Taylor decide di graziare Vitinha dal secondo giallo per un intervento, totalmente disinteressato dalla palla, su Lewandowski durante una ripartenza avversaria. L'ammonizione, con conseguente esclusione, sarebbe normalissima da regolamento. Le conseguenze potrebbero essere gravi: il portoghese trova col contagiri Dembélé, che apre il piatto e colpisce il palo (75'). Il leitmotiv della contesa è l'impatto dei subentrati. Lo conferma Christensen, che non appena mette piede in campo salta più in alto di tutti su un corner e riporta avanti il Barça al 77'. L'assalto dei parigini si scontra sul muro degli ospiti come il destro di Mbappé - assente ingiustificato - che termina sul fondo dopo una deviazione. Al ritorno sarà il Psg a doversi inventare un ribaltone.
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    L'Atletico scappa, Haller tiene vive le chance di qualificazione del Dortmund

    La squadra di Simeone conquista il successo nella sfida d'andata dei quarti di Champions ma, dopo aver dominato per larghi tratti, rischia nel finale. I tedeschi sfiorano la rimonta con la traversa di Brandt all'ultimo secondo di recupero

    Francesco Calvi
    10 aprile 2024 - MILANO
    Se la difesa del Borussia Dortmund è quella vista al Metropolitano, l’Inter ha un motivo in più per mangiarsi le mani. Nel primo round dei quarti di finale di Champions League, i tedeschi arrivano a Madrid e regalano due gol all’Atletico, che negli ottavi aveva superato ai rigori proprio la squadra di Inzaghi. Il match d’andata finisce 2-1 per i Colchoneros: a segno l’ex Udinese De Paul e Samuel Lino, che però era diffidato e, ammonito, salterà il ritorno per squalifica. Il miglior Dortmund si vede solo dall’80’ in poi: Haller beffa Oblak e accorcia le distanze, poi il baby Bynoe-Gittens e Brandt osservano i loro tiri stamparsi sulla traversa.

    SUBITO DE PAUL—
    All’Atletico manca Depay, decisivo contro l’Inter, ma Simeone può contare su tutti i titolarissimi. Griezmann e Morata davanti, Molina e Lino sulle fasce. Le direttive del Cholo sono chiare da subito: si difende compatti e si pressa altissimi, perché i centrali del Dortmund faticano a impostare, soprattutto quando non hanno il tempo di ragionare. La lettura è impeccabile, perché al 3’ Sabitzer perde palla e i tedeschi rischiano grosso su un contropiede di Morata. Un minuto dopo arriva l’1-0 di De Paul: il portiere Kobel gioca corto il pallone per Maatsen, che non riesce a controllare e serve un vero e proprio assist all’argentino. Passano tre minuti e Witsel sfiora l’eurogol di tacco, ma in generale fino al 20’ in campo si vede solo la squadra di casa. Alla mezzora il Dortmund entra per la prima volta nell’area avversaria con Sancho, tenta il tiro con Nmecha, sembra tornare in partita ma… subisce il 2-0. Su una rimessa dell’Atleti al 32’, i centrali tedeschi si scontrano e regalano la palla a Griezmann, che scucchiaia per Lino e guarda il compagno segnare a tu per tu con il portiere.

    IL VERO DORTMUND— Dopo l’intervallo Terzic inserisce Brandt al posto di Nmecha e il Dortmund pare in grado di tornare in partita. I gialloneri reclamano un rigore per una trattenuta di Azpilicueta su Fullkrug, ma l’italiano Guida giustamente lascia correre. Rispetto alla prima frazione, gli ospiti registrano una crescita fisica e mentale: l’Atletico fatica a contenere le iniziative di Sancho e Maatsen (già pericoloso con un tiro dalla distanza al 43’), che spingono e fraseggiano sulla sinistra. Koke e soci, invece, si concentrano sulla gestione del doppio vantaggio, lasciando a esterni e attaccanti il compito di provare a pungere in contropiede. Al 74’ Kobel evita il tris con un miracolo: calcio di punizione di Griezmann sulla sinistra, pennellata per Lino che calcia a botta sicura e poi si dispera per la respinta dello svizzero. Il match si accende nell’ultimo quarto d’ora. Lino fallisce una chance di testa, Hummels va ancora in tilt e favorisce Correa, che però sbaglia davanti al portiere. All’81’ Haller chiude una bella azione trafiggendo Oblak, il Dortmund trova coraggio e si affida alle giocate di Bynoe-Gittens: il 19enne colpisce una traversa e fa ammattire Azpilicueta, ma l’Atletico tiene duro ed evita la rimonta. L’ultimo squillo arriva un attimo prima del triplice fischio, quando l’incornata di Brandt finisce ancora sulla traversa.
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    Kane, ritorno a Londra con gol ma non basta al Bayern: con l'Arsenal è 2-2

    I bavaresi nel momento più difficile della stagione offrono una prova solida e convincente, ma i Gunners superano l'esame di maturità. Tutto rimandato a Monaco

    Elmar Bergonzini
    9 aprile 2024 - LONDRA
    Il paradosso del calcio. Perché Thomas Tuchel è stato criticato per mesi, perfino messo sulla graticola, ma alla fine il suo Bayern Monaco strappa un preziosissimo 2-2 in casa dell'Arsenal nell'andata dei quarti di finale di Champions League proprio per merito delle sue scelte. Una su tutti: Gnabry titolare. L'ex della partita ha giocato dall'inizio al posto di Müller, segnando il gol del momentaneo 1-1, interrompendo una fase della partita nella quale i Gunners sembravano dominare. Di più: con il suo acuto la partita è proprio cambiata. Gli inglesi si erano portati in vantaggio con il gol di Saka al 12', poi, dopo il pareggio di Gnabry (al 18'), ecco la rete di Kane per il 2-1 (al 32'). È Trossard, al 76', a realizzare il definitivo 2-2.

    LA GARA—
    Tuchel manda in campo i suoi con il 4-2-3-1 con gli ex Tottenham Dier e Kane, fischiati a ogni tocco di palla, Arteta ha invece risposto con il 4-3-3 con Havertz schierato come finto 9. La prima occasione è degli inglesi, con Saka che approfitta di una incomprensione fra Davies e De Ligt, consentendo così a Martinelli di calciare da 20 metri: la palla però è uscita di poco. L'Arsenal gioca a ritmi altissimi e si porta avanti al 12', con Saka che, lanciato da White, batte Neuer piazzando la palla sul palo più lontano. Al 16' già l'occasione del 2-0, con White che solo contro Neuer non è abbastanza freddo per battere il portiere avversario. I Gunners sembrano troppo veloci per il Bayern, ma si sbilanciano troppo: al 18' Sané intercetta un passaggio, innesca Gotetzka che a sua volta accende Gnabry che fa ciò che a White, pochi minuti prima, non era riuscito: gol. I padroni di casa schiacciano i tedeschi, sono più freschi atleticamente, ma continuano a sbilanciarsi, concedendo così un altro contropiede al Bayern che al 30' si guadagna un rigore con Sané, steso in area da Saliba. È Kane a realizzare il 2-1. La difesa dei bavaresi regge, con Davies che però va sistematicamente in difficoltà con Saka.

    LA RIPRESA— Nel secondo tempo il canovaccio della partita cambia completamente. Il Bayern tiene molto più palla, con l'Arsenal che fatica a creare occasioni. I tedeschi sembrano reggere, ma perdono ingenuamente palla dopo un fallo laterale con Gabriel Jesus che riesce a servire Trossard, bravo a battere Neuer. Il ritmo cala, le occasioni diminuiscono. Le squadre, nel finale, sembrano accontentarsi del pareggio. Al 90' però il Bayern sfiora il 3-2: Musiala raggiunge il fondo e serve Coman a rimorchio. Il francese calcia a botta sicura, manda la palla fra le gambe di Raya, ma colpisce in pieno il palo. Finisce così, con Bayern e Arsenal che si contenderanno la qualificazione mercoledì prossimo a Monaco.
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    Real-City, che spettacolo! Tra Ancelotti e Guardiola è 3-3: si decide tutto a Manchester

    Gara spettacolare e ritmi altissimi: brillano le stelle di Vinicius, Rodrygo, Foden e Bernardo Silva. Mercoledì il ritorno

    Andrea Ramazzotti
    Giornalista
    9 aprile 2024 - MILANO
    Dopo novanta minuti di spettacolo, emozioni e gol (tre per parte), il Real Madrid e il City si giocheranno mercoledì a Manchester l'accesso alla semifinale di Champions. L'andata al Bernabeu tra gli spagnoli e gli inglesi detentori del trofeo è stata un inno al bel calcio, con reti strappa applausi, ritmi intensi e pochissime pause. Il pareggio è il risultato più giusto perché nessuna della due formazioni avrebbe meritato di perdere. Ancelotti, alla duecentesima gara in Champions, può rammaricarsi per l'erroraccio iniziale di Lunin, ma i suoi hanno saputo recuperare due volte lo svantaggio e ci hanno creduto fino alla fine. Per questo in casa di Guardiola andranno a giocare con coraggio e con la convinzione che il finale potrà essere diverso rispetto a quello della scorsa stagione, quando in semifinale furono travolti.

    LUNIN, CHE ERRORE —
    In un Bernabeu con il tetto chiuso grazie all'ok dell'Uefa, Ancelotti sceglie Tchouameni centrale a fianco di Rudiger perché Alaba è ancora out e punta sul 4-2-3-1 con Vinicius prima punta e il terzetto Valverde, Bellingham e Rodrygo alle sue spalle. Guardiola parte con Ortega, ancora preferito a un Ederson non al top, schiera dietro quattro centrali "puri" (tra i quali il recuperato Gvardiol) e soprattutto lascia in panchina l'acciaccato De Bruyne per schierare in mezzo Kovacic. Neppure il tempo di iniziare e il Real va subito sotto: Tchouameni si prende il giallo che gli farà saltare il ritorno stendendo al limite Grealish. Sulla conseguente punizione Lunin mette un solo uomo in barriera e legge malissimo la traiettoria di Bernardo Silva che firma l'1-0. Il popolo blancos è ammutolito e rischia di essere gelato da Haaland che conclude trovando stavolta sulla sua strada la mano del portiere ucraino.

    REAZIONE REAL— Il 4-1-4-1 di stampo offensivo di Pep sembra poter mettere in crisi il Real con il pressing e invece finisce per lasciare troppi spazzi alle merengues che arretrano il baricentro, si difendono con 4-4-2 e ripartono. Il pareggio arriva un po' casualmente, con un tiro da fuori di Camavinga che viene nettamente deviato da Ruben Dias, mentre il 2-1 di Rodrygo, neppure 120 secondi più tardi, è frutto di una micidiale ripartenza innescata da Vinicius e conclusa dal connazionale. Quattordici minuti di puro spettacolo ed emozioni. I ritmi inevitabilmente calano, ma la sfida rimane gradevole perché Grealish ci prova, ma soprattutto perché i padroni di casa due volte con Rodrygo e una con Vinicius vanno vicini al 3-1. Guardiola sposta Foden largo a destra per accentrare Bernardo, Ancelotti risponde ruotando le posizioni dei suoi attaccanti. Male Haaland che dopo l'occasione iniziale viene sempre anticipato da Rudiger. All'intervallo gli inglesi hanno più possesso (62%), ma sono gli spagnoli ad aver concluso maggiormente (7 tiri a 4)

    RIBALTONE CITY— La ripresa si apre con un destro di Grealish alto, ma il Real risponde con un diagonale di poco sul fondo di Bellingham e con Vinicius che, servito da Rodrygo, non inquadra lo specchio. Guardiola prova a riprendere il ritmo della sfida e in fase di possesso avanza quasi stabilmente Stones al fianco di Rodri. Il possesso del City diventa più marcato, Bernardo impegna Lunin e gli uomini di Ancelotti ripartono con minor frequenza. Sulle fasce Carvajal e Mendy tengono, ma lo spazio per il pari lo trova Foden con uno splendido tiro dal limite. Il Real sembra non averne più, il pallone è sempre tra i piedi degli inglesi che accelerano sulle corsie laterali per poi accentrare il gioco. E cinque minuti dopo la prodezza di Foden (con il sinistro) arriva quella con il destro (il piede "debole") di Gvardiol. Il City è di nuovo avanti (3-2). Il Real ci prova con le forze fresche di Brahim Diaz e Modric, ma è ancora Vinicius ad armare il destro al volo di Valverde: il primo e unico tiro nello specchio della ripresa dei blancos vale il 3-3. Giusto così perché né Carletto né Pep meritavano di perdere.
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    CITAZIONE
    Frattesi all'ultimo respiro ribalta l'Udinese: Inter sempre più vicina alla seconda stella

    Friulani in vantaggio con Samardzic al 40', con difesa nerazzurra e Sommer fermi. Il pari su rigore di Calhanoglu in avvio di ripresa. Al 95' la rete della vittoria

    Dal nostro inviato Luca Taidelli
    8 aprile 2024 - UDINE
    La festa in campo al triplice fischio di Piccinini dice tutto sull’elettricità che accompagna l’Inter verso la seconda stella. Frattesi, l’uomo del destino, ha appena segnato il gol che, dopo il gollonzo del promesso sposo mancato Samardzic e il rigore di Calhanoglu, procurato da Thuram, permette alla squadra di Inzaghi di ribaltare l’orgogliosa Udinese e lascia la capolista a +14 sul Milan, con vista su un derby di fuoco che il 22 aprile potrebbe chiudere i conti.

    PRIMO TEMPO—
    Perso Lucca per squalifica, Cioffi parte prudente con Success in panchina e la coppia Pereyra-Samardzic, molto vicino (visite mediche comprese) all’Inter la scorsa estate prima del noto voltafaccia, alle spalle di Thauvin in un 3-4-2-1 con Ehizibue e Kamala a tutta fascia. Inzaghi invece rispetto all’Empoli ritrova Sommer tra i pali, punta su Carlos Augusto per l’infortunato Bastoni e preferisce Dumfries a Darmian (jolly prezioso a gara in corso) sulla corsia di destra. Davanti ci sono Lautaro e Thuram, reduci da un marzo a secco di gol. Gara bloccata, con l’Udinese che aspetta e l’Inter che sembra non avere più il sangue agli occhi dei primi sette mesi di stagione. Vie centrali intasate, i più pericolosi come spesso avviene sono i due quinti, con Dimarco che prova a innescare Thuram e Dumfries aggressivo sulla trequarti ma poco lucido al cross. Eppure Calha avrebbe spazio perché nessuno lo asfissia in avvio d’azione. Quando il turco si accende, l’Inter va vicina al vantaggio. Okoye vola su un destro a giro e poi su una sassata (assist di Lautaro) al termine di un’azione innescata da Mkhitaryan che con una finta di corpo manda al bar Wallace ed Ehizibue. Sull’unica sbavatura dietro (Acerbi in costruzione) Pereyra aveva sballato il destro. Ma al 40’ una leggerezza di Chala innesca il gollonzo che non ti aspetti. Samardzic, proprio lui, dal vertice destro dell’area calcia di sinistro e trova prima la deviazione di Carlos Augusto, poi la dormita colossale di Dumfries e Sommer che guardano la palla rotolare nell’angolino. E che non sia serata lo conferma Okoye, felino sul colpo di testa in avvitamento di Lautaro, innescato da Dimarco.

    SECONDO TEMPO— Si riprende senza cambi e con l’Udinese ancora più bassa. Al 48’ Carlos Augusto segna girando in porta da due passi, ma era in fuorigioco. L’onda nerazzurra però monta e stavolta a sbagliare è Okoye, che esce in ritardo su Thuram, cercato da Dimarco, provocando il rigore che l’infallibile Calhanoglu trasforma al 54’ per l’esplosione della metà interista dello stadio. I padroni di casa non riescono più a superare la metà campo e Cioffi corre ai ripari con Ferreira e Lovric per Ehizibue e Samardzic. Thuram di testa non scarta il cioccolatino di Dimarco e poco dopo l’Inter rischia grosso con lo stesso Lovric che pesca nelle praterie Kamara, bravo a servire al centro Thauvin su cui il 35enne Mkhitaryan è prodigioso nel recupero. Poco dopo l’armeno lascia il posto a Frattesi, con Darmian che rileva Dumfries. La vera svolta però Inzaghi la cerca al 74’, puntando sul tridente con Sanchez per Calha e una mediana che piacerebbe a Spalletti: Darmian, Frattesi, Barella e Dimarco. Anche a costo di subire qualche ripartenza, il tecnico vuole i tre punti che sembrano arrivare quando Thuram in fascia scherza Kristensen e trova nel cuore dell’area Frattesi, che però calcia alto. Tikus nel finale lascia il posto ad Arnautovic, ma la gara è ormai un corpo a corpo che sembra produrre tanti falli e poche occasioni. Nei 7’ di recupero i diffidati Pavard e Lautaro si prendono il giallo che farà saltare loro il Cagliari, ma non il derby. Ma all’ultima curva il Toro si ribella al destino, costringe Okoye a un altro miracolo, solo che stavolta il palo interno premia il rapace Frattesi. Lo scudetto è sempre più vicino.
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